di Michele Paris

Il moribondo movimento sindacale degli Stati Uniti ha visto negli ultimi giorni un improvviso risveglio, in seguito ad una serie di manifestazioni contro gli attacchi ai diritti e agli stipendi degli impiegati pubblici che dal Wisconsin si stanno rapidamente espandendo ad altri stati americani. Il motivo scatenante la protesta è la legge di bilancio presentata dal governatore repubblicano Scott Walker, deciso ad ottenere dai dipendenti dello stato le stesse concessioni a cui i lavoratori del settore privato hanno dovuto acconsentire per pagare le conseguenze di una crisi che nessuno di loro ha contribuito a provocare.

Praticamente tutti gli stati americani si trovano oggi a dover fare i conti con enormi deficit di bilancio che già hanno portato all’adozione di drastiche misure per ridurre la spesa pubblica, con gravi conseguenze come la chiusura di scuole e ospedali, la soppressione di programmi di assistenza sociale e licenziamenti di massa. Se pure il Wisconsin non presenta una situazione dei propri conti così drammatica come quella di altri stati - come California, Illinois o New York - il neo-governatore Walker si è dimostrato pronto a tutto per chiudere a suo modo un buco di circa 3,6 miliardi di dollari previsto per il prossimo biennio.

Le misure in attesa di approvazione prevedono, tra l’altro, un maggiore contributo da parte dei dipendenti pubblici ai loro piani sanitari e previdenziali. Un incremento che andrebbe ad intaccare direttamente le buste paga, concretizzandosi in una riduzione effettiva di circa il venti per cento dello stipendio netto, il tutto a fronte dei sacrifici già richiesti più volte negli ultimi due anni. Inoltre, Walker e i repubblicani, che controllano entrambi i rami del parlamento locale del Wisconsin, intendono portare attacchi diretti al diritto di associazione dei lavoratori statali.

Tra le iniziative in discussione ci sono l’abolizione pressoché totale della contrattazione collettiva, tranne che sulle questioni riguardanti l’adeguamento delle retribuzioni, l’obbligatorietà di ripetere annualmente le elezioni per le rappresentanze sindacali, l’assegnazione di poteri straordinari al governatore per porre fine agli scioperi dichiarando lo stato di emergenza e la proibizione ad alcune categorie di lavoratori di aderire ai sindacati. Ciò che soprattutto preoccupa le varie sigle sindacali é però la fine della raccolta automatica dei contribuiti a loro destinati tramite le detrazioni in busta paga. Un sistema che verrebbe sostituito da contributi volontari e che, con ogni probabilità, ridurrebbe drasticamente la fonte principale delle loro entrate.

Di fronte a tali assalti, sono scattate proteste spontanee, con migliaia di dipendenti pubblici che hanno invaso pacificamente la sede del Congresso statale del Wisconsin, nella capitale Madison, dove tra l’altro i senatori democratici da giorni non si presentano in aula, facendo mancare il numero legale necessario al voto sui provvedimenti voluti dal governatore Walker. Le manifestazioni hanno immediatamente raccolto l’appoggio di molti lavoratori del settore privato, mentre iniziative simili sono andate in scena in stati anche molto lontani, come Maryland, Nevada, New Hampshire, Washington e West Virginia, dove la scure dei falchi del deficit si sta abbattendo allo stesso modo.

Il conflitto sociale riesploso negli Stati Uniti, in seguito al radicalizzarsi dell’offensiva della classe politica - repubblicana e democratica - contro i diritti e le condizioni di vita dei lavoratori, giunge dopo decenni di sporadiche mobilitazioni che hanno segnato il mondo lavoro in questo paese a partire almeno dalla durissima soppressione dello sciopero dei controllori di volo (PATCO) nel 1981 da parte dell’amministrazione Reagan. Uno scenario, quello americano, che ha di fatto causato il progressivo allargamento delle disuguaglianze sociali e l’impoverimento di ampi strati di lavoratori.

Se le associazioni sindacali americane possono contare oggi su un misero 6,9 per cento di aderenti nel settore privato, contro il 36 per cento a metà degli anni Cinquanta, le ragioni vanno ricercate principalmente nel loro stesso ruolo svolto per soffocare le rivendicazioni dei lavoratori e assicurare il sostegno alle condizioni imposte dal capitale. La trasformazione dei sindacati in enormi macchine burocratiche interessate quasi esclusivamente alla loro sopravvivenza, di fronte ad una classe di lavoratori che ha visto perdere a poco a poco i diritti faticosamente conquistati in decenni di lotte, spiega anche la diffusa ostilità nei loro confronti in buona parte della popolazione americana.

La difesa dei loro privilegi è apparsa in tutta evidenza proprio nel corso delle proteste del Wisconsin. I sindacati maggiormente coinvolti nella mobilitazione - il Wisconsin Education Association Council (WEAC) e la sezione locale dell’American Federation of State, County and Municipal Employee (AFSCME) - dopo aver chiesto lo scorso fine settimana ai propri affiliati di interrompere le manifestazioni di protesta, hanno fatto intendere chiaramente di essere disposti a dare il via libera ai tagli agli stipendi dei lavoratori, pur di salvaguardare il diritto alla contrattazione collettiva.

Quest’ultima rivendicazione appare peraltro del tutto priva di significato, dal momento che il ruolo del sindacato nelle negoziazioni non è servito ad altro che a far accettare ogni imposizione proveniente dai vertici delle aziende, annullando le resistenze dei lavoratori stessi e trasformando la contrattazione collettiva in una farsa. Ciò sta portando alla luce una sostanziale divergenza d’interessi tra le organizzazioni sindacali e i lavoratori che dovrebbero teoricamente rappresentare. Ciononostante, è comunque evidente come sia del tutto legittima la lotta per la salvaguardia della contrattazione collettiva da parte dei dipendenti pubblici del Wisconsin, ai quali la scelta dei loro rappresentanti non può essere imposta da politici ultraconservatori.

Praticamente identica a quella della burocrazia sindacale è stata poi la reazione alle manifestazioni da parte del Partito Democratico. I democratici hanno cioè criticato l’atteggiamento anti-sindacale del governatore Walker, pur elogiando più o meno apertamente la sua volontà di ridurre il deficit statale tramite misure draconiane. L’intervento dello stesso presidente Obama - il cui recente bilancio federale non a caso prevede ugualmente una serie di pesanti tagli alla spesa pubblica - mira a difendere la posizione di privilegio dei sindacati al tavolo delle trattative con le aziende.

Una battaglia irrinunciabile per i democratici, non tanto per tutelare i lavoratori quanto per assicurare la sopravvivenza di organizzazioni sindacali che rappresentano fonti di finanziamento importanti durante le campagne elettorali e che svolgono un ruolo fondamentale nel reprimere le rivendicazioni dei lavoratori, così da poter perseguire quasi senza opposizione politiche che beneficiano unicamente i grandi interessi economici e finanziari del paese.

Per raggiungere il proprio scopo, Partito Democratico e sindacati intendono perciò convincere i repubblicani del Wisconsin ad abbandonare i provvedimenti relativi allo smantellamento della contrattazione collettiva, in modo da far passare per una vittoria dei lavoratori un compromesso che preveda “soltanto” un taglio pari a non meno di un quinto delle loro retribuzioni.

La tesi principale che i politici di entrambi gli schieramenti e i media istituzionali cercano di promuovere è d’altra parte quella della necessità di porre fine a “privilegi” di cui godrebbero i lavoratori pubblici, causando pesanti buchi di bilancio alle casse statali. Così, il governatore del New Jersey, il repubblicano Chris Christie, nel presentare a sua volta un bilancio che prevede tagli agli stipendi per finanziare un programma di detrazioni fiscali, ha recentemente definito i lavoratori statali come una specie di “casta” che può contare su benefit e impieghi stabili, ormai una rarità nel settore privato. Come se ciò fosse realmente un privilegio e lo standard per tutti sia destinato a diventare, piuttosto, precarietà e impoverimento.

A questo gioco al ribasso, per cui tutti i lavoratori - pubblici e privati - sembrano dover diventare un’unica classe senza diritti, contribuiscono però anche i governatori democratici, come dimostrano i severi bilanci presentati, ad esempio, da Jerry Brown in California e da Andrew Cuomo nello stato di New York. In una situazione di questo genere, gli scontri e le proteste sono destinate allora a crescere ben presto in tutti gli USA. In pochi giorni, infatti, dal Wisconsin le manifestazioni e le occupazioni dei parlamenti locali si sono diffuse ai vicini Ohio e Indiana, dove sono in discussione identiche leggi di bilancio infarcite di tagli indiscriminati e gravi minacce ai diritti di tutti i lavoratori.

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