di Emanuela Pessina

BERLINO. Da diversi anni Irmela Mensah-Schramm, classe 1946, passa le sue giornate a cancellare i graffiti razzisti dalle strade della Germania. Simboli di estrema destra, espressioni d’odio o frasi discriminanti, poco importa: spray e spatola nella borsetta, la pensionata raschia ogni forma di scritta xenofoba o neonazi da muri e sottopassaggi fino a farla scomparire. Il conflitto vero e proprio di Irmela, tuttavia, inizia con i graffiti indelebili: l’attivista, nativa di Stoccarda e berlinese d’elezione, li ridipinge personalmente con le sue bombolette trasformandoli in espressioni antinaziste.

Non ci sono dubbi in proposito, la tolleranza della signora nei confronti del razzismo è pari a zero: la sua guerra quotidiana si fonda sull’annientamento totale dell’opinione neonazi in ogni sua più semplice manifestazione. Che suona come una provocazione estrema per i militanti di estrema destra tedeschi.

Irmela ha cominciato la sua lotta nel 1986, quando ancora lavorava in una scuola berlinese come educatrice per ragazzi disagiati: in venticinque anni ha eliminato oltre 80mila scritte xenofobe, antisemite e omofobe, fotografandone ogni singolo esemplare a documentazione del proprio lavoro. Un impegno che, piano piano, è diventato bizzarra mania, ammette Irmela stessa, ma che vanta radici ideologiche tutt’altro che buffe.

“Le offese e le minacce razziste dipinte sui muri sono indirizzate ai più deboli della società, le loro opinioni sono manipolabili e influenzabili dagli incendiari della politica”, spiega Irmela, riferendosi ai focosi leader di estrema destra. Perché, effettivamente, il razzismo è il pane quotidiano della propaganda populista neofascista e postfascista e rappresenta l’argomento più scontato per conquistare senza sforzo le fasce meno soddisfatte della popolazione.

Anche lo Stato tedesco si dichiara ufficialmente contro i graffiti razzisti, ma i procedimenti effettivi intrapresi dalla polizia in questo senso sono pochi. Oltre a costituire atto vandalico, le scritte neonaziste sono considerate anticostituzionali per i loro contenuti: la burocrazia le include tra i reati di “propaganda” e “offesa all’umanità” e sono pertanto punibili secondo legge. Nonostante ogni anno si registrino quasi 20mila crimini di questo tipo, i verbali veri e propri sono solo qualche centinaio.

E, a questo punto, Irmela ha deciso di risolvere da sé, eliminando a proprie spese il “sudiciume neonazista” ed esponendosi al limite della legalità. L’operazione le costa, tra bombolette e viaggi, quasi 300 euro mensili; senza contare che, nonostante tutto, la writer d’eccezione “tagga” le scritte di altri e compie, a sua volta, un’infrazione alle regole.

Per il momento, comunque, nessuno sembra intenzionato a limitare l’impegno di Irmela, al contrario. Istituti scolastici e associazioni culturali di tutta la Germania la invitano continuamente a presentare le proprie fotografie attraverso mostre itineranti, da cui nascono vivaci dibattiti tra gli studenti stessi. La sensibilizzazione, per Irmela, parte dalle realtà oggettive più semplici e si basa sull’attenzione capillare per ogni benché minimo dettaglio, quali possono essere i graffiti.

Da buona educatrice, Irmela sa che dalle piccole disattenzioni degli individui nascono le falle più grossolane e pericolose della società. Basti pensare al recente studio pubblicato dal settimanale Die Zeit, secondo cui dal 1990 a oggi si contano in Germania 137 vittime della violenza di matrice neonazista: nelle proprie statistiche, la polizia tedesca ne ha registrate solo 47. Decine di donne e uomini che hanno perso la vita per un’ideologia folle, che intende rivendicare come proprio uno dei periodi più bui della storia umana. Andrebbero fermati, ma vengono colpevolmente ignorati. A volte, la disattenzione può essere tanto pericolosa e sgradevole quanto l’errore stesso.

 

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