di mazzetta

George W. Bush ha appena cominciato il lancio del suo libro di memorie e già si è procurato guai grossi. Lancio saggiamente ritardato a dopo le elezioni di midterm per il veto del partito repubblicano al gran completo. Tutti temevano che avrebbe ricordato agli americani alcuni episodi sgradevoli della loro recente storia e quanto il partito repubblicano abbia sostenuto tutte le scelte sbagliate e spesso sciagurate della sua amministrazione. Scelte che hanno impantanato gli Stati Uniti in diverse guerre in giro per il mondo, mentre si ponevano le basi per il più clamoroso crack finanziario della storia, puntualmente giunto sul finire della presidenza Bush.

Il libro è una banale apologia degli anni da presidente, ma contiene alcune affermazioni non scontate e gravide di conseguenze. La più evidente è la rivendicazione della decisione di autorizzare il waterboarding e altri metodi di tortura. Lasciando da parte la penosa giustificazione fornita da Bush, già dimostrata falsa da prove documentali interne alla stessa amministrazione, perché il reato di tortura non ammette scriminanti come lo stato di necessità e nemmeno può essere vanificato dal parere di un legale istruito dal vicepresidente, figurarsi invocare l'ignoranza o l'errata comprensione della legge.

Bastava una ricerca bibliografica per rendersi conto, gli Stati Uniti hanno impiegato una serie di pratiche che in passato avevano denunciato come tortura ai danni di soldati americani o alleati. Che oggi potrebbero essere torturati da nemici, che a loro volta si potrebbero giustificare dicendo che l'hanno dovuto fare per salvare vite dei loro, l'ha detto Bush che si può, lo fanno anche gli americani. E siamo alla barbarie.

La circostanza non è sfuggita ad Amnesty International e ad altre decine di associazioni per la protezione dei diritti umani, tra le quali l'ACLU (American Civil Liberties Union) che si è messa alla testa di un coro che chiede la nomina di un procuratore che indaghi se il presidente Bush ha violato la legge federale che proibisce la tortura. Le affermazioni di Bush non sono nuove, già aveva sostenuto la stessa posizione sul waterboarding in una trasmissione televisiva, ma stampate nero su bianco sul suo libro diventano della prova a carico meno contestabile, la confessione scritta.

Una confessione che a rigor di leggi nazionali e internazionali potrebbe, e in alcuni casi dovrebbe, portare all'arresto di George W. Bush, privato cittadino e non più capo di stato, non appena atterri in uno dei numerosi paesi che hanno siglato la convenzione ONU contro la tortura o in quelli che hanno sancito la giurisdizione universale nel caso di crimini contro l'umanità. Un problema relativo per Bush, che prima di diventare presidente non era mai stato all'estero, ma un problema serio per le istituzioni statunitensi, visto che l'accusa si potrebbe estendere ad altre personalità coinvolte nella pratica, dai generali fino a chi faceva davvero il lavoro sui detenuti, in questo gioco non vale nemmeno rispondere “ho solo obbedito agli ordini”.

Fino a oggi l'amministrazione Obama aveva affrontato il problema di possibili giudizi criminali sull'amministrazione precedente, nascondendosi dietro lo slogan “noi guardiamo avanti, al futuro e non al passato”. Idea bizzarra, accolta la quale vorrebbe dire che nessun crimine sarebbe mai censurabile, se non si guarda al passato i crimini cessano di essere tali non appena sono consumati.

Sofismi a parte, la confessione scritta di Bush pesa moltissimo, perché se il sistema si astiene dal giudicarlo una volta confessata la sua responsabilità, si lede gravemente la costituzione americana e si procura un colpo terribile alla credibilità del ceto politico, già abbastanza compromessa dall'aver assecondato proprio le politiche di cui Bush è stato alfiere per due mandati, quelle stesse che i neoconservatori sostengono e perseguono da decenni con stile inimitabile e sempre uguale.

La confessione di Bush offre l'attesa occasione per verificare se c'è traccia di volontà politica  di  sanzionare le plateali infrazioni delle leggi americane e internazionali commesse dall'amministrazione precedente. Un'occasione che probabilmente gli Stati Uniti perderanno, la crisi economica che corre verso nuove depressioni sminuirà sicuramente l'attenzione sulla faccenda,  Bush rischia veramente solo se a un certo punto dovesse montare la voglia di punirlo per una crisi economica sempre più lunga e severa.

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