di Carlo Musilli

Era qualche anno che nel Regno Unito non si vedeva una scena simile. Trenta, forse quarantamila studenti in strada, a Londra, marciano davanti a Westminster. Poi proseguono fino alla Millbank Tower, sede del partito Conservatore (per intenderci, una versione prestigiosa di via dell'Umiltà). Urlano, cantano, spiegano striscioni, alzano cartelli. Un corteo pacifico, poi una frangia di manifestanti più agitati dà inizio al caos. Alcuni oggetti vengono dati alle fiamme. Nella confusione qualcuno riesce a entrare nel grattacielo dei Tory e, dal tetto, bersaglia i poliziotti. Per strada è scontro, almeno nove i feriti portati via in ambulanza. Nelle stesse ore, anche davanti alla sede dei Libdem di Clegg qualche automobile va a fuoco.

In nessun caso la violenza è giustificabile. Anche Aaron Porter, leader della National Students Union e principale organizzatore della manifestazione, ha definito "inaccettabile" il comportamento di chi ha spaccato vetrine o ha usato l'accendino per qualcosa di diverso dalle sigarette. Superando la solita condanna morale, tuttavia, è innegabile che il disordine moltiplichi la visibilità. Ora tutta Europa sa quello che il governo di Cameron vuole fare ai giovani inglesi.

La riforma presentata dai conservatori prevede di triplicare le tasse universitarie. In principio fu Blair, che alzò il tetto di spesa da mille a tremila sterline l'anno. Ora, procedendo per via esponenziale, si progetta di arrivare a novemila sterline: quasi undicimila euro per un anno di università. Pubblica. Il migliore degli studenti spenderebbe in tutto fra i quaranta e i cinquantamila euro per laurearsi. A questo, si aggiungono tagli a quasi tutte le borse di studio.

Come è possibile che si arrivi a questo proprio nel Paese che ha inventato lo Stato Sociale? Purtroppo la spiegazione è semplice. Dalla crisi la Gran Bretagna è uscita con un debito pubblico da rapina a mano armata. L'unica soluzione è imbracciare la scure da tagliaboschi e abbattere la spesa pubblica. In particolare, nell'ambito dell'educazione superiore, si prevede di arrivare a un taglio del 40%. Di fatto, quasi una privatizzazione, che costringerebbe i ragazzi a indebitarsi oltre ogni limite concepibile per studiare. Un po' come avviene negli Stati Uniti. Sennonché oltreoceano di borse di studio ne hanno a volontà e le università pubbliche, quantomeno, esistono.

I Tory si giustificano dicendo che non si tratta di un'ingiustizia. I giovani potranno infatti iniziare a pagare le tasse al termine del loro ciclo di studi, quando saranno entrati nel mondo del lavoro e avranno raggiunto uno stipendio di almeno ventunomila sterline l'anno. La logica è questa: più studi oggi, più guadagnerai domani, quindi è giusto che paghi di più. Ed è qui il marcio.

L'unica ragione per cui valga la pena studiare, nella mente dei vecchi amministratori, è quella di accumulare grana. Non immaginano che uno studente possa perder tempo sui libri spinto da qualcos'altro. Magari dalla passione? Niente da fare, il solo modello che hanno in mente  è il manager tirato a lucido nella London School of Economics.

Il risultato non è difficile da prevedere. Saranno privilegiati i corsi di studio che consentono l'accesso a professioni ad alto reddito, mentre nelle facoltà umanistiche avanzerà la desertificazione. Si moltiplicheranno ingegneri e medici senza alcuna vocazione. Figurarsi gli aspiranti banchieri. E i poveri? È vero, il pagamento dei debiti sarà differito. Ma non sembra difficile pronosticare che molti ragazzi in difficoltà economiche, di fronte alla prospettiva di dover pagare una cifra così alta e in chissà quanti anni, si scoraggino in partenza e decidano di lasciar perdere.

La nuova riforma pone inoltre un problema politico tutt’altro che secondario. In campagna elettorale, infatti, i Liberaldemocratici si erano impegnati a non aumentare le tasse universitarie. Se adesso votassero a favore della riforma Tory, con ogni probabilità direbbero addio per sempre a buona parte dell'elettorato under30. Per i Conservatori, d'altro canto, è impensabile cambiare strategia in corso d'opera. Non solo per banale coerenza, ma anche per non sfiduciare il mercato e le aziende che da più parti reclamano il pugno di ferro.

Nel frattempo, i disoccupati aumentano. Si prevede che entro il 2012 sfonderanno il muro dei tre milioni. Ma non sembra che i ragazzi abbiano intenzione di aspettare in silenzio. Forse esagera chi incautamente si precipita a scomodare il '68 e il '77. Però l'orgoglio inglese contro la riforma dell'università (come già quello francese contro la riforma delle pensioni) dimostra quanto sia stupido il luogo comune secondo cui ogni popolo ha il governo che si merita.

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