di Carlo Benedetti

Mirek Topolanek Nella Repubblica Ceca - e nella sua specifica collocazione geopolitica - si cambia stagione. Vanno in archivio le tante propagandate "Duemila parole" del 1968; si dimenticano i buoni propositi della "Primavera di Praga" relativi ad un "socialismo dal volto umano". Ora tutto si azzera e tutto cambia in un clima di svilimento politico. Perché le elezioni dei giorni scorsi (otto milioni alle urne) segnano una vera e propria svolta a destra della giovane repubblica nata il primo gennaio del 1993 con il distacco dalla Slovacchia e la conseguente dissoluzione della Cecoslovacchia. Bocciati dal voto sono, dopo otto anni di governo, i socialdemocratici del "Cssd" (Civici democratici) diretti da Jiri Paroubek. E sconfitti escono anche i comunisti del "Kscm" che pur confermandosi come il terzo partito del paese lasciano sul campo ben sei punti in percentuale rispetto alle elezioni del 2002. Vincono così quelle destre riunite sotto il raggruppamento "Ods" che, guidate dal conservatore Mirek Topolanek, hanno concentrato la loro campagna elettorale sulla flat tax (15% per tutti su Irpef, imprese e Iva) e su un deciso impegno ultraliberista: disimpegno statale e rilancio dell'iniziativa privata. Non solo, ma si è anche alimentato l'euroscetticismo che è stato, tra l'altro, il cavallo di battaglia di Vaclav Klaus, presidente antieuropeista e ultraliberista.

Si annuncia, pertanto, un vero e proprio rimescolamento delle carte perché la vittoria delle destre non è così lineare. Per governare ci sarà bisogno di dare vita ad una coalizione seguendo la pratica del compromesso. Si annunciano, quindi, grosse novità che segneranno un periodo d'intense e difficili trattative anche con gli ecologisti dello "Sz" che potrebbero correre in soccorso delle destre.

Per quanto riguarda poi le linee di politica estera il contenzioso che gli esponenti della nuova "primavera praghese" si troveranno ad affrontare riguarda la vecchia questione dei Sudeti. E cioè dei tedeschi espulsi dalla Boemia settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale. Una vicenda che pesa sempre nel rapporto con la Ue, la Germania e l'Austria. Nessuno, infatti, a Praga intende mettere in discussione i cosiddetti "Decreti Benes", grazie ai quali furono espulsi circa tre milioni di tedeschi. E va ricordato in proposito che la richiesta di annullare o rivedere tali decreti - avanzata sempre dai paesi confinanti - è stata sempre respinta. Ma ora, visto l'ingresso delle destre al governo, si potrebbero ancor più aggravare i problemi: si teme che si possano risvegliare i fremiti nazionalisti alla ricerca di qualcosa che non è ancora perfettamente definito.

Infine: sul piano dei rapporti politici e di partito - in un accumularsi accelerato degli eventi - c'è da rilevare che i comunisti, nonostante il calo registrato in queste ultime elezioni, mantengono uno zoccolo duro nelle regioni della Boemia e della Moravia. La destra praghese, in sostanza, dovrà fare molta attenzione a questa primavera che si annuncia - per usare il linguaggio della meteorologia - "variabile".

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