di Daniele John Angrisani

Hiba Abdullah è sopravvissuta al massacro di Haditha dello scorso 19 novembre. Non così altre sette persone che si trovavano in quel momento nella casa di suo padre. Hiba ha visto con i suoi occhi i marines entrare in casa sua e sparare per uccidere prima suo marito, Rashid Abdul Hamid, e poi suo padre, Abdul Hamid Hassan Ali, di 80 anni, costretto sulla sedia a rotelle per una malattia. La sorella, Asma, è letteralmente crollata al suolo quando ha visto suo marito ucciso dinanzi ai suoi occhi. Asma aveva un bambino di 5 anni, che è stato portato miracolosamente fuori dalla casa da Hiba per sfuggire alla furia criminale dei marines. Quando Hiba ed il bambino sono rientrati dopo che i marines avevano abbandonato la casa, avrebbero scoperto che anche Asma era stata uccisa. Mesi dopo che per la prima volta il settimanale Time aveva riportato per primo la storia del massacro di Haditha, anche gli americani sembrano cominciare a svegliarsi dal loro torpore ed iniziare a sentire fortemente l'odore dei cadaveri dei morti in guerra. Come è avvenuto altre volte, in un primo momento i soldati hanno tentato di coprire l'episodio: il primo rapporto parlava solo di vittime uccise da un attacco terrorista da parte dei guerriglieri. Ma, come il Time ha riportato a marzo, la verità era che "i civili di Haditha non sono stati uccisi da una bomba dei guerriglieri, ma dai marines stessi, che si erano vendicati degli abitanti del villaggio dopo un attacco che aveva ucciso un loro camerata, facendo strage di 15 iracheni disarmati nelle loro case, tra cui 7 donne e 3 bambini".

E' anche per la crudezza dei crimini di cui sono accusati i marines in questo caso, che molti in America, e soprattutto nel Congresso, hanno paura che la storia delle uccisioni di Haditha possa creare un danno ancora maggiore per le truppe impegnate in Iraq, di quanto già non lo siano state le immagini scandalose delle torture alla prigione di Abu Ghraib. Come già era successo in Vietnam nell'episodio tristemente famoso di My Lai, da molti richiamato alla mente dopo questo massacro, anche in questo caso il bagno di sangue è durato diverse ore. Come riporta sempre il Time di marzo, "l'operazione è durata almeno cinque ore ed alla fine come minimo ventitre persone sarebbero state uccise".

Haditha è una cittadina del triangolo sunnita, uno dei bastioni della guerriglia sunnita dopo la caduta di Fallujah. Stando a ciò che afferma Miysar al-Dulaimi, membro di una organizzazione irachena per la protezione dei diritti umani, che ha parenti ad Haditha ed è stato uno dei primi ad indagare sul massacro del 19 novembre, gli americani ad Haditha non controllano nulla se non la loro base. Tre mesi fa infatti, venti marines furono ammazzati nella cittadina sunnita nel giro di soli tre giorni; quattordici furono uccisi da una bomba che aveva distrutto il loro convoglio e altri sei invece, tutti cecchini, caddero in una imboscata e furono uccisi mentre erano a piedi nel centro di Haditha. I guerriglieri qualche giorno dopo avrebbero mostrato a tutto il mondo la loro felicità per aver condotto con successo l'imboscata, rilasciando su Internet un video che mostra l'attacco, il massacro e il corpo dato alle fiamme di un marines americano ucciso.

"Le persone hanno paura", afferma al-Dulaimi. "Hanno perso qualsiasi fiducia negli americani. Se gli americani si mostrano nelle vicinanze di qualche casa, i guerriglieri arrivano poco dopo e si portano via le persone che pensano essere collaboranti con gli americani, per torturarle orrendamente ed ucciderle senza pietà". Ma, come abbiamo accennato, nel novembre 2005, ventitre persone del distretto di Subhani (Haditha) si sono trovate di fronte ad una morte decisamente differente per mano degli stessi soldati americani, secondo ciò che raccontano testimoni, sopravvissuti ed ora anche una indagine interna del Pentagono.

Quel giorno il massacro è iniziato di mattina presto, più precisamente alle 7:15, quando, mentre la cittadina doveva ancora svegliarsi del tutto, una bomba è esplosa in mezzo alla strada, uccidendo il caporale dei marines Miguel Terrazas, di El Paso, Texas, che stava effettuando il suo turno di pattuglia. Questo episodio ha fatto scattare la reazione vendicativa dei marines che, nel giro di qualche ora, oltre a sterminare la famiglia di Hiba Abdullah, avrebbero compiuto la strage anche in almeno due case nelle vicinanze, uccidendo senza pietà anche alcuni bambini di età compresa tra i 3 e i 14 anni. In totale, come abbiamo accennato prima, in quella giornata di follia, almeno 19 persone, quasi tutti donne, vecchi e bambini, sono state massacrate in tre diverse case diverse del distretto di Subhani (Haditha), mentre cinque uomini, di età tra i 18 ed i 25 anni, sono invece stati uccisi dopo essere stati bloccati dai marines mentre si allontanavano dalla scena della strage a bordo di un taxi, sebbene fossero disarmati e perciò non fossero una minaccia nei confronti delle truppe americane.

Secondo un ufficiale del Pentagono che sta partecipando alle indagini sul massacro di Haditha, la gran parte di queste uccisioni sarebbero state commesse da un gruppo di marines di stanza ad Haditha, sotto l'incitamento del sergente che era al momento il loro caposquadra. Comunque le indagini sono ancora in corso ed anche altri marines sono sotto inchiesta.

Tale è la gravità dei crimini che il deputato democratico, John Murtha, un ex marines che con il tempo è diventato uno dei principali critici della guerra in Iraq all'interno del Congresso, ha affermato in una intervista televisiva di non avere alcun dubbio sul fatto che i marines possano "aver ucciso decine di civili ad Haditha" e poi "tentato di coprire questo crimine di guerra". Avvenimenti come questi, ha aggiunto, "hanno fatto del tutto perdere agli iracheni la fiducia nei soldati americani" ed è perciò "tempo di ritirarsi dall'Iraq", ammettendo implicitamente che "la guerra è persa". Nella stessa trasmissione sono stati resi noti anche dei particolari agghiaccianti da alcuni ufficiali del corpo dei marines. Sembra infatti che una donna sia stata uccisa a "sangue freddo" mentre urlava pietà e cercava di difendere con il proprio corpo quello del suo bambino, assassinato anche lui come la madre.

Fino a questo momento comunque la reazione alla strage di Haditha è stata il contrario di quella che ci si poteva attendere. Sono soprattutto i deputati repubblicani e coloro che in un modo o nell'altro hanno appoggiato la guerra in Iraq ad affermare a destra e manca che si tratta di avvenimenti gravissimi. Invece le strade delle capitali arabe, che recentemente erano state teatro di scontri fortissimi a seguito della controversia sulle vignette di Maometto pubblicate da un giornale danese, sono calmissime. La ragione è semplice: per gli iracheni, ed in generale per gli arabi, la storia delle atrocità commesse dai marines ad Haditha è una "non notizia". Non dimentichiamo infatti che è da almeno subito dopo la prima guerra del Golfo che gli americani hanno bombardato senza sosta scuole, ospedali, centrali elettriche ed obiettivi civili in Iraq, uccidendo in questo modo centinaia di innocenti civili iracheni. Per non parlare di tutti coloro che sono morti di stento e malattie a causa del criminale embargo sui medicinali ed il cibo imposto durante tutti gli anni Novanta.

Per di più sembra che nel "nuovo Iraq liberato", come afferma Abdel Salam al-Qubaisy, della Associazione degli Scolari Musulmani Sunniti, l'uccisione di civili da parte di soldati americani sia pane quotidiano. "I soldati americani sono stati addestrati come vere e proprie macchine di morte", ed i soldati americani non hanno mai mostrato alcun rispetto per le vite dei civili iracheni. "Sei mesi fa", ricorda un negoziante di Baghdad, Mohammed Jawdaat, "un auto irachena si era immessa in una strada centrale di Baghdad puntando verso un convoglio americano. Uno dei soldati non ci ha pensato su neppure un secondo ed ha sparato. Il guidatore dell'auto è stato colpito a morte sulla testa. Non c'era stato nessun colpo di avvertimento e gli americani non avevano neppure cercato di fermare l'auto".

I giornali iracheni sono talmente pieni di notizie del genere che nessun quotidiano aveva sinora neppure menzionato Haditha. Ormai i massacri compiuti dalle truppe americane nei confronti degli iracheni non fanno neppure più notizia, come afferma un impiegato di un giornale della capitale irachena, Imad Mohammed: "Basta che gli americani vedano un musulmano andare ad una moschea e subito pensano che sia un terrorista. A questo punto o lo arrestano o decidono di farlo saltare in aria". Abd Mohammed Falah, un avvocato della città di Ramadi, una delle più violente degli ultimi mesi, conferma queste accuse: "Le forze americane hanno commesso così tanti crimini contro gli iracheni che gli organi di informazione non ne riescono neppure più a tenerne conto. Se esistesse la giustizia dovrebbero essere giudicati per crimini di guerra il segretario alla Difesa americano ed i suoi generali, non due o tre soldati che faranno da capri espiatori".

La gran parte dell'opinione pubblica mondiale, incluso la stragrande maggioranza di quella dei Paesi islamici e circa un terzo di quella americana, ha sempre creduto, sin dall'inizio di questa guerra, che in realtà il vero motivo di questa carneficina che dura ormai da oltre tre anni era quello di intimidire il mondo islamico e prendere il controllo del petrolio iracheno con le armi. Tutti costoro non vedono alcuna differenza tra ciò che è accaduto ad Haditha nel novembre 2005 e le migliaia di altri casi di iracheni uccisi dalle forze americani dal 2003 ed anche prima del 2003. La verità è che il massacro di Haditha altro non è stato che la 10.000esima volta che una Haditha è avvenuta in Iraq. Solo che stavolta anche i media americani sembrano essersene resi conto.

Nel 1971, dinanzi alla Commissione Esteri del Senato americano, un giovane veterano della guerra in Vietnam aveva detto che Nixon era stato "il primo presidente americano a perdere una guerra". Poi si era domandato, con eloquente ars retorica: "Con quale coraggio chiedete ad un uomo di andare a morire in Vietnam? Con quale coraggio chiedete ad un uomo di andare a morire per un errore?" Questo veterano si chiamava John Kerry. Anche grazie alla sua testimonianza il governo americano, dinanzi alla montante onda delle proteste pacifiste ed al crollo della sua popolarità, decise alla fine di ritirare le truppe dal Vietnam e porre fine al bagno di sangue, che aveva causato la morte di decine di migliaia di giovani americani e vietnamiti.

Una conclusione del genere sarà, prima o poi, inevitabile anche per l'Iraq. Tutti ormai sono concordi sul fatto che questa guerra non si potrà più vincere, militarmente parlando. Nel frattempo però, stando a fonti indipendenti, almeno 200.000 iracheni sono morti massacrati dagli americani, dai guerriglieri o dalle milizie che ora impazzano per l'Iraq. Chi potrà dare di nuovo loro la vita perduta ed ai loro parenti la giustizia per la loro morte innocente? E soprattutto, chi avrà il coraggio di dire loro per quale motivo sono morti?

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