di Emanuela Pessina

BERLINO. Il governo pakistano ha proibito ai suoi cittadini l’accesso ad alcuni tra i più visitati social network della rete, tra cui Facebook, YouTube e numerose parti dell’enciclopedia libera Wikipedia. Le ragioni di una mossa così ardita sarebbero, secondo i portavoce ufficiali, da ricercare nei “contenuti blasfemi“ di questi siti che offenderebbero la dignità religiosa dei credenti musulmani e, in particolare, pakistani. Secondo alcune fonti, la censura sarebbe una misura temporanea e sarà ritirata di qui a poco, entro il prossimo giugno.

Qualcun altro, però, teme una censura “a tempo indeterminato” e gli oltre 20 milioni di utenti pakistani, che quotidianamente hanno a che fare con il web 2.0, già cominciano a cercare vie alternative in quel crocevia di network che ormai la rete è diventata.

La questione pakistana è nata a causa di un concorso di disegno virtuale che si è diffuso proprio tramite il social network per eccellenza, Facebook. Una “community” si è presa la briga di invitare tutti i suoi adepti e non a mandare caricature del sommo profeta Maometto: per la pubblicazione di tutti i lavori si era decisa la data del 20 maggio.

Per quanto banale possa sembrare nel mondo occidentale, l’iniziativa porta in sé fin dall’inizio un alto potenziale di provocazione. Poiché la religione musulmana ha sempre vietato, sin dalla notte dei tempi, qualsiasi rappresentazione pittorica del profeta per eccellenza, Maometto. Le leggi islamiche vogliono evitare che le immagini, diventando più importanti di ciò che rappresentano, possano incoraggiare l'idolatria. Risultato? In millenni di storia Maometto non è mai stato rappresentato neppure per essere adorato; ci si può immaginare l’onta che avrebbe creato una serie di caricature nei suoi confronti, autorizzata e in mondovisione.

Tra le altre cose, l’iniziativa ha richiamato un’attenzione inaspettata: poco prima dell’oscuramento, la pagina aveva raccolto oltre 76 mila consensi espressi tramite la ben nota opzione Facebook “mi piace”. Ma la trovata non è sfuggita neppure ai musulmani più timorati: contro le caricature, offesi dal progetto artistico, si sono schierate quasi 90 mila persone, che hanno dato origine a un link anti- caricature. E la disapprovazione non si è fermata nel virtuale: numerosi musulmani hanno protestato anche fisicamente, nelle strade pakistane, contro la discussa pagina.

A questo punto, al governo pakistano non è rimasto che intervenire: l’autorità competente, la Pakistan Telecommunication Authority (PTA), ha ordinato mercoledì al Nayatel, il provider locale, il blocco totale di Facebook e YouTube. L’ordine è stato eseguito subito dal provider e senza discussioni: evidentemente il tono della richiesta da parte della PTA non lasciava dubbi sulla gravità della situazione.

“Tali attacchi maliziosi e offensivi feriscono profondamente i sentimenti dei musulmani nel mondo e non possono essere accettati neppure in nome della libertà di espressione”, ha commentato il portavoce dell’ufficio esteri Pakistano Abdul Basit riguardo la faccenda. Secondo quanto riporta l’agenzia stampa Reuters, Basirt ha sottolineato che la pubblicazione delle caricature avrebbe toccato un tasto troppo delicato per i credenti musulmani per poter passare inosservata. La censura garantirebbe la dignità ai credenti musulmani.

In realtà, un avvenimento simile si è già imposto all’attenzione dei media qualche anno fa e con conseguenze ben più tragiche. Nel 2005, la pubblicazione di una serie di vignette satiriche sul quotidiano danese Jyllands-Posten aveva provocato proteste infuocate nei Paesi islamici: Reuters ricorda che le vittime della violenza di queste manifestazioni sono state 50, delle quali ben 5 nel solo Pakistan.

E intanto gli utenti pakistani si attrezzano. Molti stanno cercando di orientarsi a Twitter e a tutti gli altri social network ancora in circolazione per “mantenere i contatti”, sperando che l’attuale oscuramento duri il meno possibile. L’offesa che le caricature di Maometto avrebbero potuto arrecare è grande, ma neppure il timore di non poter più utilizzare Facebook & Co. è trascurabile. Si calcola che il 20- 25% di tutti gli utenti pakistani utilizzino Internet solo per i servigi di YouTube e Facebook: comunicare con parenti magari lontani e condividere emozioni nella realtà virtuale del web 2.0 è diventata ormai una priorità di tutti, musulmani, cattolici o atei poco importa.

 

 

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