di Carlo Benedetti

MOSCA. Il 9 maggio, per la Russia e per i sovietici che vinsero la seconda guerra mondiale contro i tedeschi invasori, è Festa della Vittoria. Festa grande e memorabile per il 65mo con parate, sfilate, commemorazioni ed incontri tra i pochi veterani. Ma non mancheranno le polemiche. Perché in tutte le città della Russia quanti rispettano la verità storica hanno imposto che siano tirati fuori dagli archivi manifesti e ritratti di Stalin, l’uomo che ha segnato le tappe della vittoria.

E in questo revival arriva la notizia che già in Ucraina, nella città operaia di Zaporogie, è stato inaugurato un monumento a Stalin; il primo in questi ultimi vent'anni, da quando con la disgregazione dell'Unione Sovietica si è dato il via ad un processo di revisione della storia del paese.  Sono cominciati i “processi” a Stalin e si è cercato di mettere in archivio il suo ruolo nel periodo della seconda guerra mondiale.

Dalla città ucraina giunge così una sorta di monito: Stalin non si tocca. Perché c’è un busto di Stalin (tre metri di altezza) in uniforme, con la Stella di Eroe dell'Urss, scoperto durante una manifestazione organizzata dal Partito Comunista dell'Ucraina alla presenza di oltre centomila persone. Un evento che è stato ampiamente commentato in tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica e che certamente farà discutere in questi giorni di festa.

Intanto Mosca si prepara al grande evento: sulla Piazza Rossa - sede storica delle grandi manifestazioni e parate - si è svolta una prova della Parata della Vittoria. La prima che ha visto sfilare fianco a fianco militari russi e stranieri provenienti dalla Gran Bretagna, Francia, USA, Polonia nonché dai paesi della Csi. Alla sfilata hanno partecipato più di 150 veicoli blindati da combattimento, tra cui gli storici carri armati ?-34. In bella mostra anche nuovissimi modelli di mezzi bellici, veicoli corazzati e complessi missilistici.

Ed ora, mentre si attende il grande evento del 9, arriva su una Russia già ben provata dalle polemiche e dalle revisioni storiche, una nuova doccia fredda sul tema di Stalin. C’è, infatti, il presidente Medvedev che convoca nella sua residenza il direttore del quotidiano Izvestija per parlare dell’era di Stalin, della guerra, dell’Armata Rossa e del ruolo del Generalissimo. Ne esce - in 75 minuti di intervista - un ritratto a tutto campo su questioni che per molti - stalinisti e antistalinisti - sono motivo di scontro proprio in queste ore che dovrebbero essere di Festa e di Vittoria.

Medvedev dice, in primo luogo, che senza l'Armata Rossa, che sconfisse il nazifascismo, oggi l'Europa sarebbe diversa. Il mondo deve però sapere - aggiunge - la verità completa sulla guerra, in quanto oltre ai materiali del Processo di Norimberga, c’è sempre forte la memoria umana. E così, tenendo conto che ogni forma di apologia del nazismo rappresenta un esempio di “maligna perfidia” va anche rilevato - aggiunge il Presidente russo - che “il più importante insegnamento che dobbiamo trarre dalla Seconda Guerra mondiale consiste nella necessità di evidenziare le verità storiche”.

Tutto questo perché è sempre più viva la necessità di contrastare la falsificazione dei fatti storici risalenti a periodi passati. E qui va rilevato - dice ancora Medvedev - che ci sono stati e ci sono tentativi di alcuni politici dell'Europa Orientale di interpretare gli avvenimenti storici seguendo gli specifici interessi del momento. Si è così cercato di riabilitare i criminali nazisti e di mettere anche sullo stesso piano il ruolo svolto dall'Armata Sovietica con quello degli aggressori fascisti.

“In realtà il nostro popolo - sottolinea Medvedev, - non aveva altra scelta: gli abitanti del nostro paese allora potevano solo o morire o diventare schiavi. Una terza variante non esisteva, è un fatto accertato. E inoltre: chi iniziò la guerra? La risposta è del tutto evidente ed è confermata non solo dai documenti del processo di Norimberga, ma dalla memoria popolare. Il tentativo di rimaneggiare i fatti storici, è solo dettato da evidenti e cattive intenzioni”. Per quanto concerne il ruolo dell'Esercito Sovietico, la verità è che le perdite delle truppe tedesche sul Fronte Orientale superavano il 70 % del totale. Nel contempo nessuno vuole idealizzare la parte sostenuta dal nostro paese negli anni postbellici, - sottolinea ancora Medvedev.

“Ma c’è anche da dire che bisogna saper scindere la missione dell'Armata Rossa e dello Stato sovietico durante la guerra da ciò che avvenne poi. E' sempre difficile, ma bisogna scindere l'uno dall'altro. Vorrei sottolineare ancora una volta che se non ci fosse stata l'Armata Rossa, se non ci fosse stato il colossale sacrificio del popolo sovietico posto sull'altare della Guerra, l'Europa oggi sarebbe un'altra. Non ci sarebbe stato l'attuale assetto dell'Europa, moderna, in rigoglio, progredita, ricca, in sviluppo”.

“Ora però - prosegue Medvedev - non si può assolutamente mettere sullo stesso piano il ruolo svolto dal nostro esercito e quello degli aggressori fascisti. In questo senso va detto che oggi i tedeschi si comportano con maggiore dignità di alcuni rappresentanti, per esempio, degli stati baltici dell’ex Urss”. Segue poi l’affondo su Stalin. Medvedev parla di questo “argomento” rilevando che “ci sono alcuni momenti del tutto evidenti: la Grande Guerra Patriottica è stata vinta dal nostro popolo e non da Stalin, e nemmeno dai capi militari malgrado l'importanza della loro missione”.

Vittoria del popolo, quindi, e non del Cremlino di Stalin. E su questo la presidenza russa passa e chiude. Ora sarà la grande piazza della Russia a dare una sua risposta. Si sa già che il Cremlino ha proibito la presenza di ritratti di Stalin o cartelli che ne esaltino il ruolo nelle piazze dove si svolgeranno le manifestazioni ufficiali.  Ampia libertà, invece, nel perimetro delle piazze e delle strade dove si svolgeranno i vari cortei organizzati, appunto, al di fuori dell’ufficialità e del protocollo statale. Intanto Mosca offre un mercato straordinario di cartelli, foto, calendari, giornali, riviste, videocassette, distintivi. Ed è Stalin, ovviamente, che domina.

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