di Carlo Benedetti

MOSCA. La capitale russa è sotto shock. Due attentati in due stazioni della metropolitana - quelle della "Lubianka" e del "Parco Gorkij" - lasciano a terra decine e decine di morti. E' allarme generale. Gli ospedali non riescono a contenere l'afflusso di feriti. Serve sangue, servono medici e chirurghi, mentre le sirene delle autoambulanze sono la terribile colonna sonora di una mattinata che doveva essere di routine per i milioni e milioni di abitanti che si stavano recando al lavoro. Ed ora la metropolitana - che è il cuore della città - è bloccata. Le squadre speciali della polizia pattugliano il centro e presidiano i palazzi del potere. La domanda che ora s’impone riguarda il carattere dell'attentato. E si parla subito di una matrice terroristica cecena.

Secondo le prime indagini ci sarebbero stati due kamikaze che si sono mossi in contemporanea attaccando gli obiettivi: quelle stazioni della "linea rossa" che, proprio nella prima mattina, sono le più frequentate. Ed ora - se passerà la tesi relativa ad un attacco ceceno - vorrà dire che gran parte della strategia del Cremlino nei confronti del Caucaso è completamente fallita. Perché la "resistenza" di Grozny torna ad imporre le sue scelte ricordando a Putin e a Medvedev che quell'area - che la geopolitica indica come Cecenia, Inguscezia e Daghestan - è sempre a rischio. Non solo, ma qui si registra anche un rafforzamento delle formazioni militari "partigiane e indipendentiste" che si oppongono alla Russia e a quelle formazioni militari del centro che vengono considerate come "forze di occupazione".

Ed ecco ora che la Russia torna tragicamente a fare i conti con le parti in conflitto. In particolare con quella guerriglia separatista all'inizio guidata dall'ex Presidente di Grozny, Dzokhar Dudayev, e poi portata avanti da Aslan Maskhadov e dai capi guerriglieri Samil Basaiev e Emir Khattab contro le truppe russe e il governo filo-sovietico locale presieduto da Alu Alkhanov. E mentre a Mosca si rincorrono le voci sulla presenza di altri kamikaze pronti ad entrare in campo in questa guerra di posizione si torna a fare riferimento a cifre agghiaccianti. Sono infatti oltre 300 mila i ceceni uccisi dal 1994 ad oggi, vale a dire un quarto della popolazione originaria della repubblica caucasica.

Migliaia di civili (almeno 10 mila secondo le organizzazioni di difesa dei diritti umani) sono “spariti” nel nulla dopo essere stati arrestati dalle forze di sicurezza russe e rinchiusi nei cosiddetti “campi di filtraggio”, centri di detenzione e tortura dai quali esce solo chi paga ai militari russi pesanti riscatti. Si calcola che dal 1994 al 2002 oltre 80 mila ceceni siano passati in questi campi. Secondo le ultime stime ufficiali fornite dal Cremlino, sono oltre 6000 i soldati russi morti nella seconda guerra cecena (dall’ottobre 1999 a oggi), ma secondo i Comitati delle madri dei soldati russi la cifra supera invece i 20 mila (25 mila contando i caduti della prima guerra).

A Mosca, inoltre, ci s’interroga sui motivi dell’attuale ripresa di ostilità. Si nota che la guerriglia "islamica" ha un obiettivo ben preciso: creare nel Caucaso una punta di diamante di tutta l'attività indipendentista. Puntando anche al controllo di quegli oleodotti e gasdotti che attraversano il territorio ceceno e che sono strategici per il trasporto dal Mar Caspio fino al terminal russo di Novorossijsk sul Mar Nero del petrolio (da Baku, Azerbaijan) e di gas naturale (da Tengiz, Kazakhstan). E qui non va dimenticato che nel sottosuolo ceceno ci sono giacimenti estesi di petrolio e gas naturale. Altra domanda che circola a Mosca è quella relativa alle armi che sono nelle mani dei guerriglieri. Questi sono riforniti dall'Arabia Saudita e dalla Turchia, ma soprattutto dallo stesso esercito russo che vende, in loco, ingenti quantitativi armi.

Infine, quanto alla situazione di queste ore, l'intelligence del Cremlino si sta ponendo il problema della gestione politica e militare delle aree del Caucaso. Perdono di credibilità quei gruppi dirigenti che hanno giurato fedeltà agli uomini del Cremlino ed entra in crisi quel supergovernatore - Alexander Gennadyevich Khloponin (classe 1965) - che Medvedev ha nominato a capo dell'intera regione. Doveva essere un supernormalizzatore ed ora - se la pista cecena verrà confermata - si troverà a dover fornire risposte di carattere strategico. E sicuramente si scontrerà con i clan locali e con le mafie che dominano il Caucaso.

Ecco, quindi, che gli attentati di Mosca sconvolgono ancora una volta i piani di un Cremlino che non controlla il Paese e che cerca solo di mettere una dura censura alla sua televisione, mentre l'unica radio che informa minuto per minuto sulla gravità della situazione è la stazione indipendente Eco di Mosca. Ed è anche questa una prova dell'impasse del Cremlino.

 

 

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