di Carlo Benedetti

MOSCA. Missione indiana per il premier Putin, impegnato nell’opera di rilancio della politica del Cremlino nei confronti dell’Asia. A Mosca ha lasciato l’altra metà del potere - il presidente Medvedev - alle prese con le questioni interne (elezioni in varie città, proteste di massa a Pensa) e dimostra ancora una volta di essere il gestore delle relazioni internazionali, sorattutto di stampo economico e strategico-militare. Eccolo, quindi, in India (per la quinta volta in un decennio) per siglare un accordo per costruire almeno 16 reattori nucleari in tre impianti e in particolare nelle centrali di Kundankulam nel Tamil Nadu e del West Bengal: tutto nel giro di 10-15 anni.

E così la Russia pressata dall’egemonismo americano e, in parte, dall’insensibilita europea, studia l’ipotesi di allinearsi con l’India anche per difendere i propri interessi nello spazio postsovietico e aumentare, in modo decisivo, la sua capacità competitiva. Si tratta - come scrive il quotidiano moscovita Izvestija - di una nuova tappa di quella proposta di costruire un triangolo geostrategico Cina-India-Russia, che è però diventato un progetto sempre più lontano e ambizioso. Così Mosca sceglie una fase intermedia. E la tappa indiana di Putin rientra, appunto, in questo quadro.

Ora risulta che l’agenda di Delhi comprende anche il partenariato strategico tra i due paesi con priorità alla cooperazione bilaterale nel settore industriale, ingegneria meccanica, telecomunicazioni e altri settori. In totale nella valigia del premier russo entreranno ben 15 accordi del valore di 10 miliardi di dollari. E in particolare una serie di dossier strategici relativi al nucleare civile e al trasferimento di tecnologia militare. Tutto all’insegna di una partnership forte a livello geopolitico.

Il valore della visita è anche di ordine diplomatico. Ci sono infatti colloqui con il primo ministro indiano Manmohan Singh, con la presidente Pratibha Patil e con Sonia Gandhi, presidente del Partito del Congresso Indiano, attualmente al governo. Su tutto, comunque, domina la volontà del Cremlino di superare gli Usa e l’Europa  nell’azione tesa a mettere nelle mani degli indiani una tecnologia militare chegli altri grandi partner di Delhi stanno rifiutando.

Mosca porta in India grosse forniture militari, con caccia a reazione e sottomarini. E’ un giro di affari che ha un valore di 8 miliardi di dollari in un anno, in base al bilancio commerciale bilaterale. Non solo, ma Mosca si offre per  costruire un jet da combattimento di quinta generazione e un aereo da trasporto militare e la produzione di apparecchiature di navigazione satellitare “Glonass” che - come è noto - rivaleggia con il sistema GPS degli Stati Uniti.

Si può quindi dire che tra Mosca e Delhi si va sempre più stringendo un “vincolo di acciaio” che porta, soprattutto, la firma di Putin. Il quale durante i suoi otto anni di presidenza, si è recato in India quattro volte, mentre il premier indiano Manmohan Singh da parte sua è volato a Mosca ben tre volte nel giro di sei mesi. E oggi - con il nuovo faccia a faccia tra Putin, ora premier, e il collega indiano - arrivano anche le firme degli accordi commerciali.

Quello che colpisce gli osservatori occidentali è che una buona fetta di questi scambi riguarda armi (compresi i Mig-29 da combattimento per 1,5 miliardi di dollari) e due reattori nucleari. Non solo, ma c’è anche un accordo per la  ristrutturazione in India della portaerei russa “Ammiraglio Gorskov” per 2,3 miliardi di dollari.

Di conseguenza, è sempre più vicino il rischio che si sconvolgano equilibri delicati esistenti con gli Usa, in particolare. Infatti l’India - che rappresenta la seconda crescita economica più veloce al mondo - nel giro di cinque anni ha speso 50 miliardi di dollari per modernizzare il proprio esercito. E non accenna certo a ridimensionare le proprie ambizioni. Il suo budget destinato alla difesa ammonta a 30 miliardi di dollari, con una crescita del 70 per cento rispetto a soli cinque anni fa.

L’obiettivo non è più solo quello di mostrare i muscoli al nemico di sempre (il Pakistan) ma “contenere” l’altro grande attore emergente, vale a dire la Cina. Ma non basta. L’India sta accelerando anche sul mercato del nucleare. Secondo alcune informazioni  il nucleare fornisce oggi a New Delhi meno del 3% di elettricità. Nel 2050, a pieno regime, la quota dovrebbe arrivare fino al 25%. Ed è proprio il nucleare che incendia gli animi. E’ qui che Putin vuole “insinuarsi”, sfruttando peraltro il lavoro di apripista svolto dagli Stati Uniti. Ma non tutto fila liscio. Perchè malgrado l’ipotesi di una grande alleanza geostrategica tra Russia e India sia piuttosto conosciuta e popolare in determinati ambienti, molti analisti e politici russi, compresi i non filoccidentali la giudicano in modo scettico o critico. E non c’è solo questo.

Perchè l’aumento delle forniture di moderni armamenti russi all’India costituisce un fattore di permanente irritazione per l’Occidente. E Washington, che rifornisce delle proprie armi metà del pianeta, percepisce l’attività russa non come un fatto naturale per il complesso militare-industriale del Cremlino, ma come una azione strategica tesa a soppiantare i fornitori di armi americani e europei ovunque si possa, anche ricorrendo a pressioni politiche.

In pratica la preoccupazione del Pentagono è che si stia evidenziando una linea antiamericana di Mosca volta ad armare i potenziali rivali degli Usa. E in questo Putin potrebbe essere non solo il commerciante di armi, ma anche e soprattutto l’ideologo di una nuova strategia eurasiatica  della Russia.

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