di Carlo Benedetti

Mosca. Cancellata la “rivoluzione arancione” finanziata da Soros, dagli americani e dalla Georgia. Sistemato nelle cantine della storia locale il vecchio presidente Viktor Juscenko. Messa in soffitta, pur se con un onorevole finish, l’ambiziosa biondina - potente e nevrastenica - Julia Timoshenko. Ed ora, avendo raggiunto un risicato 50%, arriva alla guida dell’Ucraina l’ingegnere ed economista Viktor Janukovic, classe 1950, leader del “Partito delle regioni”, personaggio sacerdotale, intollerante e bigotto.

E’ una svolta che sembra destinata a bloccare quel funzionamento anarchico del potere centrale colpevole di aver portato il paese nel baratro di un profondo e generale dissesto. Comicia, quindi, la nuova rivoluzione ucraina che dovrebbe - secondo gli impegni di Janukovic - creare prospettive di cambiamento nel quadro di una riappacificazione generale tesa a rompere con le isterie del passato.

Sul tavolo della nuova presidenza ucraina restano intanto irrisolti grossi problemi di ordine strategico: tutti segnati da forti legami tra potere politico e interessi economici. C’è, ad esempio, il dossier relativo alla prosecuzione del processo di integrazione nella Ue e al tema - contestato ampiamente - della eventuale adesione alla Nato o al trattato per la sicurezza collettiva (la Nato dell'est). E soprattutto c’è la questione del rapporto con il Cremlino.

Tenendo conto che Janukovic ha puntato molte carte sul tema della autonomia nazionale e sullo spirito innovativo della politica del suo partito che guarda alle regioni ucraine più che alle aree oltre i confini. E comunque sia: buone relazioni con Putin e Medvedev, con la Polonia, con l’Ue e con gli Usa... Ma Janukovic, nello stesso tempo, non può dimenticare il contenzioso aperto tra Kiev e la Crimea, quella regione popolata quasi esclusivamente da russi e tartari, che non faceva parte originariamente dell’Ucraina, ma che le fu trasferita da Krusciov nel 1954. E’ in questa zona che sono più forti le spinte verso una autonomia generale da Kiev. Il nuovo presidente è obbligato, di conseguenza, a rispettare volontà popolari che gli ricordano la lunga storia di riforme mancate.

Ed ora su tutta la vicenda di queste presidenziali si impegnano, con le analisi più varie, politologi e diplomatici non solo dell’Ucraina, ma anche della Russia che risulta essere, tutto sommato, la nazione di riferimento. E qui il mondo degli specialisti si riferisce soprattutto a dati e risultati del recentissimo passato. Si avanzano così acuni paralleli tra l’Ucraina di oggi - nata con il collasso del 1991 – e la vecchia gestione socio-politica ed economica del periodo dell’Urss. E si ricorda che il processo di restaurazione del capitalismo a Kiev ha seguìto il medesimo percorso della Russia. E precisamente quello di un capitalismo selvaggio che ha provocato un disastro sociale.

Basti pensare che la media di variazione del Pil dal 1990 al 2000 è stata dell’ 8,2 per anno: oltre i due terzi dell’economia ucraina quale era alla fine dell’epoca “sovietica” sono stati distrutti nel processo di restaurazione del capitalismo. Solo dopo questo immane disastro (superiore a quello dell’economia russa che si è all’incirca dimezzata) è iniziata una ripresa economica sostenuta, che però ha recuperato solo circa un 30 % del Pil perduto.

I giudizi, in merito, sono pesanti. E Mosca - dalla sua radio ufficiale - parla non a caso di un “nuovo vicino di casa” dove “la faciloneria e leggerezza, la mancanza di una logica chiara di sviluppo economico, sociale, culturale e politico hanno portato il Paese praticamente ad un disastro, innanzitutto economico”. Per Mosca uno dei problemi più consistenti per la nuova amministrazione consisterà nel fatto di riuscire a controllare quella continua crisi economica aggravata da un debito immenso verso gli istituti finanziari internazionali. Attualmente è questo il principale problema economico nazionale di tipo sistemico dalla cui soluzione dipende, in misura decisiva, il destino politico di Kiev.

Un altro problema non meno importante - secondo gli analisti russi - deriva dalle divergenze economiche tra le regioni. Le quali - innanzitutto quelle orientali - registrano praticamente tutto il potenziale industriale e d’esportazione del Paese. E chiedono di potersi tenere una quota maggiore, rispetto a quella attuale, di detrazioni d’imposta. Il che consentirebbe loro di migliorare in modo sostanziale, attraverso la modernizzazione dell’infrastruttura e dell’economia sociale, la situazione sul mercato del lavoro; di introdurre nuove tecnologie con un basso consumo energetico eccezionalmente necessarie per l’Ucraina d’oggi, di creare le condizioni per il passaggio graduale all’economia ad alto contenuto scientifico.

La federalizzazione delle relazioni secondo il modello tedesco o quello canadese dovrà essere, quindi, un primo passo sulla via dell’acquisizione di una maggiore autonomia da parte delle regioni, innanzitutto nell’attività economica connessa con l'estero. Se questo esperimento darà dei consistenti risultati positivi, come deducibilmente prevedibile da tutti i calcoli economici effettuati, si potrà porre il problema in materia di modifica dell’assetto statale con l’abbandono dell’arcaico modello unitario.

Un altro problema riguarda la definizione costituzionale dei poteri del Presidente e del Primo Ministro. Essendo una Repubblica di tipo parlamentare - in cui i poteri principali del Primo Ministro sono comparabili ai poteri del Cancelliere della Germania e del Primo Ministro del Canada - l’Ucraina d’oggi, in sostanza, è contemporaneamente anche una repubblica di tipo presidenziale dove il meccanismo di elezione e i poteri del leader del Paese imitano il modello presidenziale francese. Questa evidente contraddizione mette obiettivamente un freno allo sviluppo e non favorisce il potenziamento dell’unità del Paese.

Il nuovo leader ucraino dovrà ora trovare il coraggio politico per offrire alla società un nuovo modello di ordinamento statale che corrisponda in misura più completa ed adeguata all’attuale modello di Stato di tipo parlamentare, o per porre, attraverso i meccanismi costituzionali di referendum, il problema del passaggio ad una repubblica di tipo presidenziale. Il nuovo leader ucraino dovrà poi garantire la formazione di una Corte Costituzionale efficace ed autorevole poiché in una repubblica di tipo parlamentare solo questo organo è munito di tutti i poteri per la soluzione dei conflitti e collisioni tra i rami del Potere.

Il Presidente dovrà anche attivizzare nella società e nello Stato la ricerca di un’idea nazionale unificatrice. Perchè i risultati del governo del regime di Juscenko hanno dimostrato, in modo eloquente, che il riferimento e la rivalutazione dei fascisti, hanno riportato il paese nel baratro delle divisioni. Detto questo gli analisti di Kiev prevedono che con Janukovic sarà riveduta la politica dell’Ucraina nei confronti della Russia e degli altri paesi della CSI.

L’Ucraina riprenderà a partecipare ai programmi economici e sociali della comunità e, a certe condizioni, potrà avviare il processo di adesione all’Unione doganale con Russia, Bielorussia, Kasachstan. È probabile anche l’attivizzazione dei contatti politici e tecnico-miliari nell’ambito dell’OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) di cui l’Ucraina attualmente non fa parte. È prevedibile anche che con l’avvento al potere del nuovo Presidente dovranno ridursi fortemente i contatti nell’ambito del cosiddetto GUAM e di altre associazioni ed unioni interstatali la partecipazione alle quali non contribuisce affatto allo sviluppo dei buoni rapporti con la Russia. Ed è  evidente che con l’avvento del nuovo Presidente sarà definitivamente abbandonata l’idea dell’ingresso nella Nato.

Inoltre, è poco probabile che, in considerazione delle reali possibilità dell’economia ucraina d’oggi e delle sue relazioni con l’economia russa, il nuovo leader, ad onta del buon senso, vorrà dichiarare un’adesione a ritmi accelerati su larga scala agli istituti Ue che tutt’oggi non sono in grado di “smaltire” la Grecia - paese tutt’altro che secondario in Europa. Infine c’è da rilevare che Mosca – con il “nuovo” di questa presidenza ucraina - auspica che nei giorni dei festeggiamenti della Vittoria contro il nazifascismo non si dovranno vedere nelle strade di Kiev e Dnepropetrovsk, Harkov e Sebastopoli, Vinnitsa e Leopoli comizi e cortei degli ex seguaci dei nazisti, boia e seviziatori dei campi di concentramento nazisti. Come avvenne negli anni scorsi. “Abbiamo atteso per lunghi anni una nuova stagione per l’Ucraina” - ricorda ora la radio del Cremlino - e questa stagione è arrivata”.

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