di mazzetta

In Africa ci sono tre paesi che condividono lo stesso nome, destini diversissimi e identiche, pessime, condizioni di vita della popolazione. Nel Golfo di Guinea si affaccia la Guinea Equatoriale, ex colonia spagnola benedetta dalla presenza del petrolio nelle sue acque territoriali. La Guinea Equatoriale ha un territorio continentale quasi disabitato e due isole nel golfo, dove c'è la capitale e dove risiede la maggior parte della popolazione, composta di appena seicentomila anime. Nonostante un reddito pro-capite tra i più alti d'Africa, gli equato-guineani sono in genere tra i più poveri del continente a causa della rapina sistematica delle finanze nazionali da parte della famiglia presidenziale, a confermarlo ci sono la centoquindicesima posizione nell'indice dello sviluppo umano e la presenza stabile nella top ten dei paesi più corrotti.

Il presidente si chiama Teodoro Obiang ed ha appena trionfato alle elezioni per il secondo mandato con il 95,37% dei voti, inferiore al 97% raccolto la prima volta. Non c'è bisogno di dire che gli osservatori internazionali hanno dichiarato le elezioni una farsa. Già così non è una gran bella presentazione, ma in realtà c'è di peggio, perché Obiang è al potere dal 1979, anno nel quale si auto-promosse leader dalla posizione di capo della polizia del regime, uccidendo suo zio e prendendone il posto.

Insieme allo zio Obiang aveva già fatto scappare centomila guineani dal paese, un terzo degli abitanti d'allora. I “due mandati” citati dalla stampa sono quelli relativi al nuovo secolo, quando ha dovuto inscenare le elezioni per darsi una minima presentabilità. Non dovrebbe essere difficile “portare la democrazia” in Guinea Equatoriale, ma gli ottimi rapporti di Obiang con la EXXON, che ne fanno il terzo fornitore africano di petrolio degli USA e il prezzo di assoluto favore per le concessioni, hanno fatto diventare invisibili alle opinioni pubbliche occidentali Obiang e il suo regime.

Quando nel 2004 un gruppo di spietati mercenari africani, in combutta con Mark Thatcher, ha cercato di rovesciarlo, Obiang è riuscito a prevenire il colpo con l'aiuto del collega Mugabe, ha arrestato i mercenari (qualche decina) li ha condannati all'ergastolo. Li ha poi rilasciati solo recentemente per “ragioni umanitarie” facendoci pure bella figura. La consistenza militare di Obiang è prossima allo zero, tanto che per la sua sicurezza personale si avvale di guardie marocchine, mentre la capitale si è dimostrata vulnerabile persino alle incursioni di “pirati” nigeriani.

I buoni rapporti con gli americani gli sono tanto cari che spende milioni di dollari per l'opera di agenzie di lobbying e di costruzione dell'immagine negli Stati Uniti, ma con l'Onu proprio non gli riesce d'andare d'accordo: quando l'Onu si è lamentata per l'assenza di libertà e per lo scarso rispetto dei diritti umani, lui ha represso; quando gli ha fatto notare lo stato della baraccopoli accanto alla capitale; l'ha fatta radere al suolo dalle ruspe.

Più a Nord c'è la Guinea e basta, o Guinea Conakry, la più grande delle tre. Ex colonia francese è stata la prima ad affrancarsi dalla Francia nel 1958. Dieci milioni di abitanti, famosa per la bauxite e altre risorse naturali, anche questa Guinea ha avuto un solo leader per molti anni e due in tutto dall'indipendenza: l'impresentabile Lansana Conte dal 1984 e il suo predecessore Tourè, decisamente più socialisteggiante. Sorvolando sui suoi meriti e sui massacri che ha ritenuto necessari per conservarsi al potere, Conte ha avuto il cattivo gusto di morire questa estate senza preoccuparsi della successione e suo figlio non ha avuto la presenza di spirito sufficiente ad imporsi alla sua morte. Molto più veloce è stato il capitano Moussa Camarà, che alla morte del dittatore ha preso il potere con pretese moralizzatrici e grande spendita di buone intenzioni.

Poi è finita che Camarà non ha ancora materializzato le elezioni promesse e ha annunciato che, contrariamente a quanto annunciato per dirsi nobilmente disinteressato, si presenterà candidato alle presidenziali. Dopo aver accusato alcuni funzionari governativi e lo stesso figlio di Conte di traffico di droga, li ha però perdonati, preferendo accanirsi sulla “società civile” e sui politici d'opposizione. Opposizione intimidita anche con un vero e proprio massacro, quando le sue truppe hanno sparato sugli oppositori riuniti pacificamente in uno stadio e poi si sono dati allo stupro di decine di povere donne in giro per la città. Camarà ha dato la colpa all'opposizione e annunciato un'inchiesta, ma da quel giorno il suo capitale di credibilità è crollato, all'interno come all'estero.

“La sua politica non piacque, dopo tre mesi morì.” È il sunto della storia politica di uno dei tanti consoli romani che c'era sul mio libro di storia alle superiori, un epitaffio che poteva calzare benissimo anche per Camarà, se non fosse che il suo braccio destro gli ha sparato, ma non è riuscito ad ucciderlo. Sulle sue condizioni c'è ora un certo riserbo, è stato portato in Marocco per essere curato, mentre il vice-presidente è rientrato di gran carriera dall'estero e le notizie -necessariamente ottimiste- sulla sua salute, non sono verificabili. Il barometro politico tende al pessimismo, massacri e miseria ancora più nera sembrano dietro l'angolo a Conakry, Francia e vicini osservano interessati.

Ancora più a Nord c'è la Guinea-Bissau, ex colonia portoghese, un milione e mezzo di abitanti e un fantastico regime multipartitico che rappresenta una rarità per l'Africa Occidentale post-coloniale. La Guinea Bissau è diventata indipendente solo nel 1975, dopo una guerra vinta contro il regime fascista portoghese con l'aiuto di Cuba e di altri paesi, che ha portato anche all'indipendenza di Capo Verde. A lungo governata da Luis Cabral, fratello del defunto eroe della resistenza Amilcar Cabral, ha poi avuto un'evoluzione simile a quella di molti paesi dello spazio ex-sovietico, con il mantenimento del potere nelle salde mani dell'apparato militare e la guida affidata a un leader proveniente dai ranghi del vecchio potere.

Questa estate alcuni militari hanno ucciso il presidente Vieira, poche ore dopo l'assassinio del capo dell'esercito. Nelle settimane a seguire molti altri dell'entourage di Vieira sono passati a miglior vita, senza che alcuno rivendicasse l'uccisione del leader civile e di quello militare, la certificazione della verità è stata affidata a una commissione priva di poteri e di finanziamenti. La lotta invisibile all'interno degli apparati militari guineani ricalca lo stile severo di stampo sovietico e lo stesso Vieira nel '99 aveva purgato i ranghi militari sterminando gli oppositori prima d'affrontare le “elezioni”.

Che le elezioni siano state free&fair dopo accadimenti del genere non deve stupire, il potere guineano in questo caso non vive d'apparenza, ma all'ombra dello stato nascosto, quasi clandestino, costruito ai tempi della lotta anti-coloniale. Le elezioni si sono tenute, il vincitore è stato riconosciuto dal suo principale avversario e non ci sono stati moti di piazza e nemmeno stragi, a suo modo un risultato eclatante. Anche in questo caso il problema principale è rappresentato dalle ingerenze straniere, che nel caso assumono la forma del grande traffico internazionale di cocaina, che usano la Guinea come piattaforma di lancio verso i ricchi mercati occidentali, un flusso di denaro che attira l'interesse degli apparati di sicurezza e rischia di trasformare la Guinea in un narco-stato.

Potenze meno rilevanti di quelle del colonialismo economico e nazionalista, ma potenze che hanno la forza sufficiente per affermarsi in un piccolo paese castrato dalle ambizioni di una casta militar-poliziesca che ha poco interesse per lo sviluppo del paese e ancora meno per le condizioni di vita dei concittadini.

Per quanto diverse possano essere le storie e le cronache delle tre Guinea, per quanto possano essere ricche o povere, il destino della loro popolazione è straordinariamente simile e prevede un reddito inferiore al dollaro al giorno, pochi diritti, zero servizi e una buona dose di violenza. Nonostante le differenze, i tre paesi vivono al di sotto dell'attenzione dell'opinione pubblica globalizzata, segno che in fondo a molti va bene così.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy