di mazzetta

La primavera porta la guerra. Succede in Afghanistan e in Pakistan, dove i Talebani stanno mettendo a rischio i governi dei due paesi; succede alle porte d'Europa, dove il tradizionale aumento dell'attività della resistenza curda diventa il pretesto per un'azione militare che vede impiegati turchi ed iraniani contro i curdi.
Il gigante turco si sta muovendo, e pare intenzionato ad entrare in forze nel Kurdistan iracheno, dove per ora mantiene solo 2000 uomini. Le manovre non sembrano animare la diplomazia internazionale, che guarda con disinteresse a una faccenda gestita in intimità tra Turchia, Iran e Stati Uniti.
L'escalation trae origine dall'attivismo, non solo politico, dell'esercito turco e pone all'Europa grossi problemi e grossi dubbi, in particolare sul tasso di democraticità di un paese che appare alla mercé della sua casta militare. La fuga in avanti dell'esercito turco è cominciata l'anno scorso, quando furono catturati due membri dell'esercito che avevano appena compiuto un attentato dinamitardo contro una libreria curda di Semdinli. La folla che catturò gli attentatori fu anche mitragliata da una vettura di complici: anche quell'auto apparteneva all'esercito turco. Lo scandalo fu inevitabile, ma il dramma doveva ancora scoppiare in tutta la sua dimensione. Il Procuratore di Van, titolare dell'inchiesta accusò il generale Buyukanit, numero due dell'esercito in procinto di diventarne il numero uno, di aver costituito una organizzazione dedita alla "guerra sporca" contro i curdi; organizzazione che si occuperebbe tra l'altro di mantenere attiva una sanguinosa "strategia della tensione" ai danni dei partiti curdi, non disdegnando la commissione di falsi attentati.

Ferhat Sarikaya, il Procuratore, non sapeva a cosa stava andando incontro. L'esercito ha fatto la voce grossa sia con il governo che con il partito "islamico" all'opposizione, che hanno abbandonato il procuratore ai leoni. I militari hanno detto esplicitamente e pubblicamente che l'esercito non si processa. Il Procuratore di Van, è stato denunciato al Consiglio Superiore dei Giudici e dei Procuratori (HSYK), per un errore procedurale nell'osare attribuirsi la giurisdizione sui militari; l'organismo lo ha semplicemente licenziato, espulso dall'amministrazione pubblica ed inibito perfino dallo svolgere la professione d'avvocato. L'HSYK nella sua storia, di solito, ha comminato ai peggiori giudici pene che giungevano al massimo al rimprovero o alla multa.

L'esistenza di una realtà nella quale è evidente che i militari siano sottratti a qualsiasi giurisdizione, fino a poter umiliare e minacciare pubblicamente il governo, la magistratura e il maggior partito d'opposizione, non è un buon viatico per l'ingresso nella UE dove i segnali di attenzione verso la Turchia sono aumentati con l'aumentare delle vittime curde.

L'esempio è comunque servito ai giudici, che non hanno trovato nulla di male nell'uccisione di manifestanti pacifici per strada. L'esercito turco ha represso duramente le proteste pacifiche dei curdi; allo stesso tempo alcuni formazioni curde hanno ripreso gli attacchi, anche terroristici, contro i turchi. L'ultimo bilancio è di cinquantotto vittime curde e di dodici turche, con un grosso punto interrogativo su un attentato attribuito a una formazione curda sconosciuta.

Ai militari non resta che la fuga in avanti, cioè verso uno stato di conflitto che giustifichi il loro agire, oltre alla legge in nome dell'emergenza bellica; è già successo qualcosa di simile all'amministrazione Bush. I militari turchi pensano in grande e hanno trovato sponde sia nell'Iran che negli Usa, come peraltro in Iraq.

La provincia irachena del Kurdistan è uno dei luoghi più stabili dell'Iraq, ma ha tre potenti nemici. La Turchia e l'Iran che temono perdere territori in favore di futuro Kurdistan e la maggioranza irachena che è contraria a ogni ipotesi di smembramento del paese. Con la costituzione del Dipartimento delle Risorse Naturali, i curdi si sono recentemente intitolati il controllo sulle risorse petrolifere, la loro autonomia finanziaria non entusiasma nessuno.

I generali turchi hanno mosso oltre 40.000 uomini e mezzi pesanti verso la frontiera con l'Iraq, intanto l'Iran ha già bombardato un villaggio nel Kurdistan iracheno per colpire "terroristi" curdi che avrebbero agito in Iran. Iran e Turchia hanno un accordo per il reciproco aiuto contro il PKK e il MEK ( che sarebbero i fuoriusciti iraniani cavalcati da Washington), organizzazioni che sono nella lista ONU dei "terroristi".

Condoleeza rice ha appena visitato il paese senza dare l'attesa "luce verde" esplicitamente, e già si hanno rapporti di sconfinamenti turchi.
L'esercito turco non volle entrare in Iraq all'indomani dell'attacco americano, nel frattempo la Turchia si è posta come ponte diplomatico con parte del mondo arabo, potendo ora giocare la carta della guerra al "terrorismo", ai separatisti e pure quella ai comunisti, visto che il PKK, il partito curdo dei lavoratori, è anche "rosso". Brilla la vasta approvazione di numerosi governi.

L'esercito turco dispiega circa 250.000 militari nelle province del Sud-Est, parte dei quali dovrebbero entrare in Iraq perché secondo i servizi turchi e lo stesso generale Buyukanit, il PKK starebbe per inviare metà dei suoi militanti (che i servizi turchi precisano essere solo 4900) in Turchia per commettere attentati suicidi. Per combattere questo pericolo la Turchia sarebbe "legalmente" autorizzata a invadere in Kurdistan per difendersi. L'Amministrazione USA, a corto di uomini, ringrazia e insieme i due governi fanno notare che il precedente rifiuto turco non ha incrinato gli ottimi rapporti tra i paesi.

L'Iran, che ha appena partecipato con gli USA alla trattativa sul governo di Baghdad, vede allontanarsi la pressione della resistenza curda e anche eventuali rivendicazioni territoriali; gli Usa ricevono un importante supporto in Iraq, nel quale i partiti sunniti e sciiti vedono di buon occhio il "congelamento" del Kurdistan da parte dei turchi: il Kurdistan pare vittima del suo stesso successo.

Nelle province orientali turche intanto vige la legge dei militari e i curdi muoiono e vengono repressi senza troppe formalità. Ai curdi il primo ministro turco Erdogan promette "più strade, più ospedali, più scuole e posti di lavoro, più libertà, più democrazia, più welfare, più diritti e più giustizia", basta che non si discuta la centralità dello Stato e che non si chieda alcuna forma di autonomia. Mentre l'esercito si incarica di portare dolore e sopraffazione, Erdogan fa l'elenco delle qualità che mancano alla Turchia per entrare in Europa.

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