di mazzetta

In attesa che la fine dei monsoni consenta la ripresa della pirateria, la Somalia sembra sparita dai nostri schermi. La situazione tuttavia non è per niente tranquilla e meriterebbe maggiore attenzione. Le ultime settimane hanno portato sviluppi interessanti, dopo che l'ennesimo governo provvisorio sostenuto dall'Onu e dalla comunità internazionale sembrava sul punto di soccombere alla pressione degli islamisti più radicali. Il governo del presidente Sharif Sheikh Ahmed, già al potere prima che l'invasione etiope costringesse alla fuga il suo governo, nonostante il suo carattere “islamico” non piace agli al Shabaab, decisamente più estremisti, e fino a qualche giorno fa sembrava sul punto di essere rovesciato. Quando ormai sembrava inevitabile la caduta della capitale sono però intervenute le truppe dell'AMISOM, che nella capitale risiedono ormai da anni senza mai intervenire nel conflitto. L'improvviso cambio nella politica delle truppe sotto mandato dell'Unione Africana e dell'ONU (fornite da Uganda e Burundi) ha colto di sorpresa gli islamisti che sono passati dall'illusione di una vittoria imminente a un cocente sconfitta che ne ha decimato gli effettivi nella capitale. Capitale che ora sembra divisa in tre parti rette da tre governatori, perché la dura sconfitta rimediata dagli al Shabaab ha consentito l'affermazione di Hizb al Islam, formazione concorrente ed alleata guidata dal signore della guerra Hassan Dahir Aweys, che ha nominato a sua volta un governatore di Mogadiscio. La capitale ha dunque ora tre governatori, nessuno dei quali in grado di governare realmente.

A testimonianza di una frattura tra l'opposizione armata al governo giunge anche la vicenda del sequestro di due esponenti dei servizi segreti francesi, ufficialmente nel paese per “addestrare” le forze governative. Catturati da una banda, i due sono stati poi contesi dalle due formazioni armate, che hanno trovato un accordo solo dividendosi gli ostaggi. Ostaggi che si vanno ad aggiungere ad un inglese, una giornalista canadese e un giornalista australiano già catturati mesi addietro.

Se pure il governo sembra guadagnare terreno, la situazione è ancora confusa e ben lontana da una soluzione stabile; troppe sono ancor le ingerenze manifeste dei paesi confinanti e robusti sono ancora i canali di approvvigionamento delle diverse milizie, ciascuna delle quali sembra godere del supporto di diversi attori statali, ciascuno con la propria agenda. Un gioco che coinvolge quasi tutti i paesi confinanti, la comunità internazionale, l'Unione Africana e diversi paesi del Golfo, oltre al tradizionale coinvolgimento di alcuni paesi europei in ordine sparso e degli Stati Uniti. Troppe voci dissonanti e troppi piani in conflitto per immaginare una sintesi pacifica in tempi brevi.

La situazione pesa ovviamente sulla popolazione somala e i recenti combattimenti nella capitale hanno provocato l'ennesima fuga in massa della popolazione civile mentre la fine dei monsoni è attesa da decine di migliaia di somali che vorrebbero compire la traversata e rifugiarsi nel vicino Yemen.

Nel frattempo sembra in stallo la trattativa per la liberazione dell'equipaggio della nave italiana Buccaneer. Al silenzio stampa chiesto dal governo italiano, non sembrano corrispondere trattative utili, lo denunciano gli ostaggi e gli stessi rapitori. Una nave tedesca, sequestrata contemporaneamente al Buccaneer, è già stata liberata dietro il pagamento di un riscatto e non si capisce bene cosa intenda fare la Farnesina, che ha escluso riscatti e interventi armati. Forse al ministero degli esteri pensano di prendere i rapitori per stanchezza.

Stanchezza che ha già colto i famigliari di alcuni ostaggi, che si sono rivolti nientemeno che a Mario Scaramella. Già condannato per il depistaggio che portò in carcere alcuni inconsapevoli ucraini accusati (nientemeno) di voler attentare alla vita di Paolo Guzzanti, una volta uscito dalle patrie galere Scaramella è apparso a una riunione organizzata dal comune di Itti in qualità di “esperto”, insieme ad alcuni suoi vecchi compagni di merende: una “task force” destinata ad alimentare polemiche e le illusioni dei parenti degli ostaggi nel silenzio del governo. L'intervento di Scaramella nella vicenda la dice lunga sulla serietà dell'approccio italiano alle vicende della Somalia, paese che da sempre sembra attirare faccendieri e criminali italiani come le mosche al miele.

La situazione è sempre più tragica e le ingerenze internazionali non aiutano per niente, così come la mancanza d'attenzione dei media internazionali sembra la garanzia necessaria e sufficiente perché sul paese persista un cono d'ombra utile alla perpetuazione dell'intreccio di numerose guerre per procura nel paese. Della Somalia si tornerà a parlare quando la situazione meteo permetterà la ripresa delle gesta dei pirati, solo allora il paese tornerà a “fare notizia”. Le storie di pirati vendono tantissimo e molti governi potranno farsi belli inviando un paio di navi contro i “pirati” cattivi.

Nel frattempo milioni di somali dipendono per la loro sopravvivenza dagli aiuti internazionali, decine di migliaia sono morti per malattie e fame e gli appelli delle organizzazioni umanitarie al loro soccorso sono stati ignorati. In nessun paese al mondo i media hanno organizzato campagne o iniziative per il soccorso ai poveri somali, trovare un solo politico occidentale che si sia mostrato preoccupato per il paese è impossibile, dice Sharif Sheikh Ahmed. Un contrasto stridente con la reattività dimostrata contro i pirati, ma anche con le numerose campagne in favore dei profughi del Darfur, che sembrano gli unici destinatari dell'attenzione e della carità occidentali in Africa, continente nel quale situazioni come quella dei profughi del Darfur sono numerose e spesso anche peggiori. L'evidente dimostrazione dell'esistenza di un'agenda politica e di una discriminazione delle crisi umanitarie sulla base di interessi che non hanno nulla di umanitario.

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