di Michele Paris

La vera portata e gli effetti reali della riforma sanitaria in discussione negli USA e voluta dal presidente Obama non appaiono ancora del tutto chiari, nonostante la quasi certezza di un esito alla fine quasi certamente favorevole al presidente. La consueta retorica dell’inquilino della Casa Bianca presenta agli americani il proprio progetto come la soluzione che metterà fine allo strapotere delle compagnie private di assicurazione e garantirà, per decine di milioni di cittadini ora esclusi da ogni forma di copertura, un’assistenza accessibile. Ma la credibilità dei politici democratici e repubblicani incaricati di scrivere le regole della riforma appare fortemente minata. L’industria sanitaria privata ha infatti donato quasi 200 milioni di dollari per le campagne elettorali dei candidati al Congresso di entrambi gli schieramenti tra il 2007 e il 2008 e nei primi tre mesi di quest’anno gli “investimenti” sui politici sono risultati in media nell’ordine di 1,4 milioni di dollari al giorno. Uno dei politici democratici che maggiormente ha beneficiato e continua a beneficiare, nella sua carriera politica, dell’appoggio delle compagnie operanti nel settore della sanità privata, è il senatore dello stato del Montana, Max Baucus. Presidente della Commissione Finanze del Senato, Baucus è emerso come un personaggio chiave nella stesura della nuova legge che dovrebbe rivoluzionare il sistema sanitario americano. Da qualche mese a questa parte si è poi contraddistinto per i suoi sforzi nel raggiungere un compromesso sulla riforma con l’opposizione repubblicana, con la quale condivide tradizionalmente molte preoccupazioni per l’equilibrio del bilancio federale e per il carico fiscale sui redditi più alti.

Le battaglie elettorali del senatore Baucus, entrato al Congresso per la prima volta nel 1979, sono state finanziate nel corso degli anni in buona parte proprio da strutture ospedaliere private, compagnie di assicurazioni ed altre grandi aziende con interessi nel settore sanitario. Il comitato elettorale di Baucus ha incassato 1,5 milioni di dollari solo negli ultimi due anni, da quando cioè la sua commissione ha iniziato le operazioni preliminari per la preparazione della riforma sanitaria.

Dal momento poi che a Washington, come altrove, è il denaro che permette il libero accesso di lobbisti e industriali ai politici, le serate destinate alla raccolta di fondi a favore di Max Baucus sono sempre affollate di dirigenti di compagnie assicurative e fornitrici di prestazioni sanitarie. Come quella del maggio scorso a San Francisco, documentata dal Washington Post, per assistere alla quale era necessario staccare un assegno di almeno 10 mila dollari. Proveniente da uno stato come il Montana dove la maggior parte degli abitanti vive quotidianamente a contatto con la natura, il senatore poi pare dilettarsi nell’organizzazione di escursioni a cavallo e arrampicate, rigorosamente a pagamento, per i suoi finanziatori e attivisti.

Sfiorato solo recentemente da qualche scrupolo di coscienza, Baucus e il suo staff hanno fatto sapere di aver rinunciato a partire dal primo giugno ai contributi provenienti da organizzazioni e comitati politici con interessi nel settore sanitario. Tale condizione tuttavia, per non rinunciare del tutto ad un flusso cospicuo di denaro diretto verso le proprie casse, non è applicato ai lobbisti registrati e ai dirigenti delle grandi compagnie, i quali proseguono nel manifestare la loro generosità nei confronti del senatore del Montana.

La profonda influenza delle aziende operanti in questo settore non è diminuita con la formazione di una maggioranza democratica al Congresso e con l’elezione di un presidente deciso a mandare in porto una riforma complessiva del sistema sanitario. Semplicemente, i contributi elettorali si sono spostati a favore dei membri del partito di maggioranza. Tra gennaio e marzo del 2009, il 60% di quanto versato da queste compagnie ha finito così per beneficiare proprio i democratici.

Max Baucus non è ovviamente l’unico parlamentare impegnato nella produzione del nuovo progetto di riforma ad aver goduto della magnanimità delle aziende interessate a modellare a proprio favore il progetto di legge sulla sanità americana. L’attenzione dei donatori è rivolta soprattutto ai moderati di entrambi gli schieramenti, elementi chiave nel raggiungimento di un compromesso sulla versione finale del piano di riforma.

Così, ad esempio, il senatore dell’Iowa Charles Grassley, il repubblicano più anziano presente nella Commissione Finanze, ha ricevuto oltre 2 milioni di dollari dal settore delle assicurazioni private a partire dal 2003; per il presidente della potente Commissione della Camera dei Rappresentanti che si occupa di tassazioni e welfare (“Ways and Means Committee”) - il democratico di New York Charles Rangel - i milioni sono stati 1,6 negli ultimi due anni; uno solo invece per il repubblicano del Michigan Dave Camp che fa parte della stessa Commissione.

Nonostante la competizione nell’accaparrarsi i fondi, è però proprio il senatore Baucus ad occupare un ruolo di primo piano nei rapporti con l’industria farmaceutica e delle assicurazioni private. Il suo comitato elettorale - Glacier PAC - ha raccolto infatti ben 3 milioni di dollari tra il 2003 e il 2008, vale a dire il 20% del totale dei contributi incassati. Di tutto il denaro versatogli, solo il 10% risulta poi provenire dal suo stato. Tra i maggiori donatori ci sono Schering-Plough, corporation farmaceutica del New Jersey, New York Life Insurance, Ameng Inc., società californiana delle biotecnologie, e Blue Cross and Blue Shields, organizzazione di Chicago che raccoglie 39 compagnie assicurative.

I membri dello staff del presidente della Commissione Finanze del Senato, spesso coinvolti in ruoli di primo piano nelle trattative per la riforma sanitaria, possiedono inoltre con una certa frequenza un curriculum inequivocabile, essendo stati o essendo tuttora lobbisti per l’industria dei farmaci o per compagnie di assicurazioni.

Di fronte ad una realtà di questo tipo, non è difficile immaginare quali saranno i referenti dei parlamentari di tutti e due i partiti nel momento in cui sarà necessario decidere, ad esempio, se e quale ruolo affidare ad un eventuale piano pubblico di assistenza sanitaria. Quasi tutti i finanziatori menzionati si oppongono infatti ad un progetto che comprenda un incisivo intervento del governo federale, opzione invece sostenuta da Obama e da molti leader democratici, soprattutto alla Camera dei Rappresentanti.

Se tali ingenti investimenti richiedono necessariamente un ritorno, le sorti della riforma sanitaria, e soprattutto la sua efficacia nel limitare il dominio incontrastato del settore privato, non sembrano far prevedere niente di buono. La realtà della politica americana d’altra parte rivela un peso sempre crescente dei grandi interessi economici e finanziari, le cui attività avvengono peraltro (quasi) sempre alla luce del sole.

Decisamente meno trasparente è apparso al contrario in questi ultimi giorni il comportamento della Casa Bianca, il cui inquilino aveva promesso in campagna elettorale e all’indomani del suo insediamento di voler mettere un limite all’influenza delle lobbies. L’amministrazione Obama ha infatti rifiutato di rivelare ad un gruppo di organizzazioni civiche il nome dei dirigenti di aziende operanti nel settore sanitario e dei lobbisti che recentemente hanno visitato la Casa Bianca per incontrare il presidente e, verosimilmente, fare pressioni affinché la legislazione in fase di studio possa comprendere le loro richieste principali. Anche questa, d’altra parte, è collaborazione al raggiungimento di una riforma che vorrebbe essere di portata storica per gli Stati Uniti d’America.

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