di Elena Ferrara

Tramonta definitivamente il vecchio mito del voto bulgaro, inteso come un plebiscito comunista caratterizzato da comportamenti e metodi programmati e standardizzati. Ora, infatti, Sofia va decisamente a destra perché dalle urne (6,8 milioni di votanti su una popolazione di circa 7,7 milioni abitanti) esce il nuovo voto bulgaro che è tutto nel segno dei conservatori e dei reazionari. C’è stata, nei giorni scorsi, la vittoria del Gerb (Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), il partito conservatore del sindaco di Sofia Boyko Borissov (che si è aggiudicato il 40% dei voti), un ex pompiere ed ex guardia del corpo del segretario comunista di un tempo, Todor Zhivkov. E c’è stato il conseguente crollo del partito socialista (Bsp) che negli ultimi quattro anni ha governato la Bulgaria in coalizione con il partito di centrodestra dell’ex re Simeone II (Ndsv) e il partito liberale della minoranza turca (Dps). Il Bsp si ritrova così ridotto ai minimi termini senza un programma organico e il suo leader, il socialista Serghei Stanishev, ha perso definitivamente (con il 17,72%) pagando così per tutti quei casi di corruzione ai livelli più alti del potere mentre la mafia bulgara si è alleata alla ‘ndrangheta, e non si riesce ad arginarla. Stanishev viene anche ritenuto colpevole per la crescente disoccupazione, dopo che il paese è entrato negli ultimi mesi in recessione. Tutto questo mentre molti dei simpatizzanti del Bsp non erano mai riusciti a mandare giù la “strana” coalizione con Ndsv e Dps.

La pesante aria di destra si era già fatta sentire nel 2007 quando il Gerb, affiliato del Ppe a Strasburgo, aveva vinto le amministrative e le prime europee nel paese balcanico, e il 7 giugno scorso era tornato in testa alle europee per la seconda volta, inviando al parlamento cinque deputati dei 17 della quota bulgara. Ora si può quindi dire che gli elettori bulgari (53% di affluenza alle urne) hanno punito i socialisti per il loro modo di governare ed hanno riposto nel Gerb le loro speranze.

Il Gerb non dovrebbe avere problemi a formare un governo contando sull’appoggio in Parlamento (che si riunirà il 14 prossimo) degli altri partiti minori di destra: la Coalizione azzurra (al 7,7% dei voti), l’Rzs (Ordine, Legalità, Giustizia, al 4,6%) e il partito Leader dell’imprenditore Kristo Kovachki (al 4,0%). Rimarranno all’opposizione, oltre ai socialisti, il Dps (all’11,3%) e il partito nazionalista Ataka (al 9%). Il grande sconfitto è comunque l’Ndsv, che dopo otto anni al potere, raccoglie oggi appena il 3% dei voti e quindi rimane fuori dal parlamento smarrito nel groviglio di richieste di posti.

C’è comunque un “particolare” che ben caratterizza la vincente coalizione di destra: ci sono stati, infatti, 139 candidati in lizza per le Politiche, che, facevano parte della Darzhavna sigurnost (Ds, servizi di sicurezza), la polizia segreta di Zhivkov. I loro nomi, in particolare, sono stati presenti nelle liste della Coalizione blu, appunto l’area di destra. Quanto al leader Borissov la sua reputazione a livello dei maggiori commentatori internazionali non è delle migliori. Secondo il Wall Street Journal non sarebbe l’uomo adatto a risollevare le sorti del più povero paese dell’Unione europea: “Il populismo di Borissov, la sua retorica sulla sicurezza e le sue vaghe idee economiche – nota il quotidiano - hanno innervosito gli investitori stranieri, e gli analisti sono preoccupati per la sua inesperienza”. Ma tutto questo non ha impaurito gli elettori. I quali hanno dato alla destra i loro voti.

E ad aiutare l’avanzata delle forze più conservatrici è stato lo stesso governo ancora in carica che nelle settimane prima del voto ha liberato decine di gangster che aspettano il processo per storie di tangenti, di omicidi, di rapine e di rubli da pulire. C’è stato, in merito, un emendamento approvato dalla Camera che ha permesso loro di partecipare come candidati al voto garantendo anche una “vacanza” di tre settimane d’aria per la campagna elettorale. Così, sulle schede si sono ritrovati i nomi di Ivan Ivanov, accusato di una frode da sette milioni di euro, e di Plamen Galev, il padrone di Dupnica, una bella cittadina vicino Sofia che vive di turismo e di affari poco puliti.

A nulla è valso l’appello del presidente della Repubblica, Georgi Parvanov, il quale aveva chiesto agli elettori un gesto di responsabilità per evitare che il paese “perda la faccia di fronte all’Europa”. Il che significa più o meno: per favore, non votate quella gente o dovremo scordare i fondi dell’Unione europea. Tutto è stato inutile. Il voto è stato ampiamente bulgaro. Blindato e a destra.

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