di Carlo Benedetti

La “prova del fuoco” tra Russia e Stati Uniti comincia oggi al Cremlino. Durerà sino a domani e solo allora si potrà fare il vero bilancio della situazione e comprendere sino a che punto l’americano Obama e il russo Medvedev (sempre sotto il controllo di un Putin che appare più fedele a quella ortodossia di vecchio stampo…) avranno raggiunto intese di rilievo sul processo dei negoziati per la riduzione degli arsenali nucleari. Le trattative in merito erano iniziate ad aprile, dopo l'incontro tra i due leader a Londra, ma ora la scadenza a dicembre del trattato Start-1 rende più urgente la questione, anche in relazione all’impetuoso evolversi delle due società. E sempre a Mosca Obama si occuperà anche di archeologia politica, incontrando l'ex leader del Cremlino Michail Gorbaciov, oltre a diversi esponenti della società russa. Sarà una sorta di ricognizione di facciata per dimostrare che gli Usa non dimenticano il passato e vogliono avere sempre sottomano una chiave di lettura organica. Quanto all’oggi, per ora, si è solo alle previsioni che la solita cremlinologia presenta nei media. Valgono, intanto, alcune battute che sono pur sempre un sintomo del rapporto russo-americano. E così Obama manda a dire che i russi devono capire che l’approccio ai rapporti con Washington - esistito nel periodo della cosiddetta “guerra fredda” - deve appartenere al passato. Poi si distingue con un affondo che a Mosca appare poco diplomatico e per nulla corretto: secondo le parole d’Obama, infatti, l’ex Presidente russo Putin “sta con un piede sulla vecchia via dello sviluppo dei rapporti, e con uno su quella nuova”. Pronta la risposta. Putin dice di “stare saldamente in piedi e di guardare al futuro” ed aggiunge che la posizione descritta dall’americano “per noi è una posa scomoda: stiamo fermi in piedi e guardiamo al futuro!”. E mentre i commenti alle battute si susseguono tra intrighi e concessioni il presidente russo Medvedev fa sapere di vedere nuove prospettive per i rapporti con gli Stati Uniti.

L’ha già ribadito nel messaggio indirizzato al presidente americano in occasione della Festa dell'Indipendenza degli Stati Uniti. "Ci aspettiamo che al vertice - ha scritto - siano raggiunti risultati concreti che apriranno la strada a nuove prospettive per lo sviluppo delle nostre relazioni. Mi auguro sinceramente che con i nostri sforzi reciproci, i rapporti tra Stati Uniti e Russia possano fare un salto di qualità". E subito dopo Obama, cercando di cogliere il reale senso del messaggio del Cremlino, ha utilizzato il canale giornalistico della agenzia di Mosca Itar-Tass sottolineando che la volontà di disarmo dei due Paesi deve essere un segnale al mondo.

“Vogliamo archiviare i tempi della guerra fredda” ha dichiarato Obama, spiegando di voler discutere di cifre concrete per la riduzione degli arsenali nucleari di Stati Uniti e Russia. Intanto sembra che all’incontro nella capitale russa Obama avvierà inoltre la discussione su un nuovo Trattato per la riduzione delle armi strategiche, in vista della scadenza dello Start a fine anno. L'ipotesi, secondo gli esperti, è che i due Paesi firmino proprio a Mosca una dichiarazione d’intenti per fissare a un tetto massimo di 1.500 le rispettive testate nucleari.

Stando ai dati resi noti lo scorso aprile, gli Stati Uniti dispongono attualmente di 5.576 testate nucleari e la Russia ne ha 3.909. Sarà dunque questo che si apre a Mosca il vertice della ripartenza delle relazioni tra russi e americani. Ma è pur vero che sull'appuntamento di pace al Cremlino incombe l'ombra del premier Vladimir Putin, ancora scottato dalla critica mossagli da Obama di avere un piede nel passato e una mentalità in parte ancora da guerra fredda. E rivolgendosi ai telespettatori russi Putin ha voluto ricordare che il fatto di essere ben fermi sulle gambe è una peculiarità della Russia: “Questo - ha aggiunto - è ciò che ha sempre consentito alla Russia di andare avanti e di diventare più forte. E questo continuerà".

Poi il capo del governo russo si è tolto un altro sassolino dalle scarpe, sconfinando in una materia ormai di stretta competenza presidenziale: "Se noi vedessimo i nostri partner americani rinunciare al dispiegamento di nuovi complessi missilistici, di sistemi di difesa antimissile, o per esempio rivedessero il loro approccio verso l'allargamento dei blocchi politico-militari, o generalmente non pensassero più in termini di blocchi, allora questo sarebbe un grande passo avanti", ha osservato in riferimento all'iniziativa di difesa antimissile statunitense, il cosiddetto scudo spaziale, e all'espansione della Nato, e rimandando così la palla della guerra fredda nella metà campo avversaria.

In precedenza era dovuto intervenire il portavoce governativo Dmitri Peskov per cercare di limitare i danni della critica di Obama: "Credo che il presidente americano non possegga un'informazione completa. Sono sicuro che dopo l'incontro con Putin, cambierà il suo punto di vista", ha spiegato Peskov, assicurando che Putin ha capito da tempo che la guerra fredda tra est e ovest è finita.

La parola, comunque, passa ora al tavolo del Cremlino. Per Obama è però già un trionfo essere arrivato a Mosca. I russi della vecchia generazione, infatti, ricordano solo l’America di Angela Davis e degli idoli del jazz, i primi film western con lo sterminio degli “indiani” e le sortite politiche in chiave filosovietica del leader dei comunisti americani Gus Hall. Molti si sono formati alla luce delle vignette della Pravda che definiva gli americani tutti “Zio Sam”, marionette dell’imperialismo. Ora la nuova generazione russa scopre un’altra America. E saluta il presidente americano quando dice - dalla prima pagina del quotidiano moscovita Novaja Gazeta - “tutti noi dobbiamo dimenticare la guerra fredda”.

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