di Mario Braconi

Come sanno i turisti, la Piccadilly Line, è una delle 11 linee della metropolitana londinese. Ogni giorno i suoi convogli scarrozzano per i 70 chilometri della sua estensione oltre 650.000 persone, con il loro carico “troppo umano” di gioia e sofferenza, i drammi le miserie la grandezza e la frustrazione. E ogni giorno, assieme al caldo umido dei suoi corridoi, alle banchine stipate di umanità, ai ritardi ed al caratteristico odore di bitume e mentolo, a questo variopinto e multietnico popolo viaggiante tocca subire pure l’ininterrotto flusso di annunci tecnici, registrati o meno. Uno di essi è divenuto talmente caratteristico del “Tube” da giustificare la produzione di souvenir (tazze da tè e t-shirt) sui quali viene stampigliata l’ormai mitica frase: “mind the gap between the train and the platform”. Questo perché molti treni, costruiti decine di anni dopo le stazioni, hanno una forma non perfettamente compatibile con alcune di esse, cosa che implica la presenza di un piccolo “salto” (“gap”) tra la predella del treno e il marciapiede. Il proverbiale senso pratico anglosassone obbliga i responsabili delle stazioni interessate a segnalare il problema centinaia di volte al giorno mediante annunci registrati e non; altro classico è “stand clear of the closing doors” (“tenersi alla larga dalle porte quando si chiudono”).

Benché non manchi un’ampia aneddotica sulle performance di conducenti “creativi” che, in spregio al tradizionale understatement e riserbo brit, saltuariamente si lasciano andare ad esilaranti commenti e battute anziché attenersi al “copione”, gli avvisi sono una noia ed un fastidio per i turisti come per i pendolari. In proposito, l’artista britannico Jeremy Deller, vincitore del premio Turner nel 2004, ha dichiarato alla BBC: “Mi mandano al manicomio, per me sono una specie di guerra psicologica contro gli utenti”. Così, quando la London Underground (LU) l’ha invitato a partecipare a “Art on the Underground”, una iniziativa che da un ventennio si adopera per la fruizione dell’arte in metropolitana, a Deller non è venuto in mente niente di meglio di proporre al management di abolire per un giorno tutti gli avvisi.

L’idea è stata (saggiamente) bocciata dal management: ma Deller non si è dato per vinto e ha preso a lavorare in un’altra direzione: “Mi è venuta l’idea di fornire al personale della metro una raccolta di citazioni, e di lì il progetto ha cominciato a prendere vita. Ho sempre desiderato che gli avvisi fossero più personali e riflettessero le realtà e le assurdità del vivere e lavorare in una grande città. Credo che il pubblico gradisca un po’ di umorismo e qualche pensiero profondo quanto inatteso mentre viaggia sui mezzi pubblici”.

Deller ha trovato nel management e perfino in alcuni addetti alla LU orecchi ben disposti a dare corpo al progetto: ad esempio, Sally Shaw, manager della LU, ha incardinato il progetto di Deller in un “tentativo più ampio di migliorare le interazioni quotidiane tra passeggeri ed addetti e ridurre la dipendenza da annunci automatici. Incoraggiare lo staff a parlare direttamente ai passeggeri con il giusto grado di brillantezza e di saggezza potrebbe, nelle intenzioni della London Underground, migliorare il loro umore.”

Il libretto formato passaporto prodotto da Deller su commissione della LU, il cui titolo è a sua volta una citazione dal “Coriolano” di Shakespeare (“Che cosa è la città se non la sua gente?”), contiene bon-mot di filosofi, scienziati, politici, scrittori; il comico “alternativo” Arthur Smith, performer di stand-up comedy, è stato assoldato come consulente per i conducenti (volontari) sul modo più efficace per interagire con il pubblico.

Dallo scorso 25 giugno, i conducenti della Piccadilly Line che lo desiderano possono accendere il microfono e, attingendo al loro breviario laico, tentare di strappare a qualcuno dei passeggeri un sorriso, un momento di sorpresa o di riflessione; la conducente Susy Wells, una delle dipendenti della LU conquistata alla causa, ha detto alla BBC che “sparare” una citazione ogni tanto le è stato d’aiuto a rendere un tantino più vivace un lavoro “che tende a diventare monotono. E’ un’ottima iniziativa, e i nostri passeggeri l’adorano; credo che ognuno elabori una sua filosofia minima mentre viaggia in metro e non è male rafforzarla trasmettendo qualche idea con l’interfono. Personalmente, mi diverto a fare citazioni e mi piace pensare che così spingo qualcuno a riflettere su qualcosa di profondo”.

Così quando la metro è in ritardo, c’è la possibilità che i viaggiatori della Piccadilly vengano ristorati dalle semplici quanto illuminanti parole di Gandhi: “C’é ben altro nella vita oltre ad aumentare la velocità”. Ma le parole del Mahatma saranno sufficienti a placare l’elevata ansia del passeggero medio di una metropoli? Del resto, come ammette candidamente la Shaw, “[anche se] è una cosa paradossale e perfino un poco pericolosa da dire per chi rappresenta la Metropolitana di Londra, a pensarci, una delle frustrazioni più forti che proviamo quando ci spostiamo da una parte all’altra è la sensazione che non stiamo arrivando dove siamo diretti a sufficiente velocità”.

Se invece si è costretti a condividere con centinaia di sconosciuti lo spazio angusto di uno scompartimento in una delle due giornate di vera estate londinese, mentre il convoglio ha fatto una sosta imprevista dalla durata imprecisata dentro una galleria, si sconsigliano gli zelanti conducenti fedeli al verbo di Deller di far riferimento ai filosofi francesi: è evidente quanto possa rivelarsi pericoloso in quelle circostanze per l’incauto conducente di tendenze esistenzialiste citare Sartre, che perfino attraverso l’interfono continua a sibilarci: “l’inferno sono gli altri”; se poi l’aria dentro al vagone non è freschissima, anche Pascal, con il suo pur ineccepibile “L’uomo è in senso proprio a tutti gli effetti un animale”, risulta altrettanto controindicato.

Va detto comunque che molte delle citazioni del volumetto di Deller sono piccole perle in grado di accendere una scintilla anche nella giornata più noiosa e deprimente: “Ogni persona dovrebbe essere rispettata, ma nessuna trasformata in un idolo” (Albert Einstein, non a caso, si direbbe, santo patrono della Relatività), “Un’oncia di azione vale quanto una tonnellata di teoria” (Friedrich Engels), “Non vi è nulla che valga più di questo giorno” (Johann von Goethe). Agli adepti dell’Ipod ad ogni costo consigliamo, volume permettendo, il sempre drastico Nietzsche, con la sua “Senza musica, la vita sarebbe un errore”.

I passeggeri volubili troveranno conforto e un pretesto per autoassolversi nelle parole del grande Seneca (“L’unico uomo che muta il suo pensiero è quello che ne è dotato”), mentre sognatori e figli dei fiori non potranno non rimanere incantati dal potere poetico della sublime sintesi di Cézanne: “Viviamo in un arcobaleno di caos”. I cinici, per una volta, potrebbero provare un po’ di caldo al cuore qualora venga loro somministrata la lapidaria massima di Robert G. Ingersoll, politico americano: “In natura non si danno né premi né punizioni, solo conseguenze”.

Certo, è legittimo domandarsi se sia moralmente accettabile costringere le masse al pensiero filosofico, quando è chiaro che esse sono portate a ben altro tipo d’intrattenimento e soprattutto che l’aggettivo che si sposa meglio con il sostantivo “pensiero” è “libero”. D’altra parte, è possibile che, grazie all’idea di Deller, magari anche solo una persona al giorno riesca a sentirsi meglio e/o a sviluppare un pensiero che altrimenti non sarebbe rimasto affondato nella mota brutale del quotidiano: ciò dovrebbe far cadere ogni residua perplessità.

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