di Elena Ferrara

Molti hanno finito di combattere e di servire la Regina. Ora vanno in pensione e dalle terre del Nepal chiedono – in trentamila – di andare a vivere in Inghilterra, il paese che li ha sempre utilizzati per le sue guerre e le sue conquiste. Si chiude così una pagina di storia dei “Gurkha”, soldati di ventura ma fedeli alla Corona inglese. Piccoli di statura, con le gambe leggermente arcuate, gli occhi con un taglio mongolico, gli zigomi alti e un’aria lievemente infantile: così l’Italia li vide impegnati durante l'ultimo conflitto mondiale inquadrati in un battaglione della Decima Divisione Indiana in seno all’Ottava Armata britannica. Erano loro – straordinari e temuti combattenti, adatti soprattutto alla guerra d'imboscata – ad essere impegnati sul fronte adriatico, da Bari fino alla battaglia del Senio. Tipici esponenti di un’arroganza imperiale che voleva dimostrare a tutti i costi la sua leadership, i “Gurkha” avevano anche la fama di “tagliateste”; di qui il terrore che seminavano quando comparivano in battaglia. Ora abbandonano le armi e chiedono a Londra di andare i finire i loro giorni in quella che considerano la terra promessa.

Dopo una lunga campagna mediatica, il governo britannico ha ceduto. E un annuncio ufficiale alla Camera dei Comuni dice: “Generazioni di Gurkha hanno servito la Gran Bretagna con grande coraggio e sacrificio - dice il ministro degli Interni inglese - e continuano a dare un contributo vitale alle nostre operazioni in tutto il mondo”. Londra si prepara ad accoglierli e già si annunciano i primi arrivi. E così la storia di questa popolazione nepalese torna far notizia nelle pagine dei media di Londra che li ricorda come prestigiosi fucilieri che spesso hanno montato la guardia anche a Buckingham Palace.

Torna così la loro leggenda con toni e commenti diversi. Si scrive che amavano talmente i rischi e le asprezze della vita militare che accorrevano ad arruolarsi giovanissimi, tanto che alcuni di loro, in forza alla Decima Divisione Indiana in Italia, avevano appena quindici anni. Ai tempi delle guerre inglesi venivano tutti dal Nepal. Parlavano un dialetto indo-ariano, che rivelava anche la loro posizione etnografica nel caleidoscopio di razze dell'Unione Indiana. Avevano alle spalle una millenaria esperienza militare, perché avevano conquistato gran parte dell'India e si sentivano impegnati nella costruzione di un nuovo modello politico.

Il loro coraggio divenne leggendario durante le guerre combattute contro i musulmani, tanto che dal 1300 in poi tutti i militari nepalesi che hanno servito dapprima i vari maharajah indiani, poi, dal 1792, gli Inglesi (quando il Nepal divenne un protettorato della corona britannica), assunsero il nome di Gurkha, che storicamente, andrebbe riferito soltanto a quelle truppe ausiliarie tibeto-birmane addestrate dai nobili ksatrya.

Gurkha addio, quindi. Almeno come erano quelli descritti nei reportage più veritieri dei corrispondenti di guerra inglesi, sempre pronti a ricordare ai lettori che la regina inglese, riuscendo a far allontanare i cinesi dal Nepal e prendendo sotto la sua protezione il piccolo paese, riuscì a non farne mai una colonia, rispettandone l’indipendenza e stringendo nello stesso tempo alleanze permanenti. Per questa ragione le leve dell'esercito gurkha nutrirono la più assoluta fedeltà all'Inghilterra, mentre acuta rimase sempre la ferita per l'invasione cinese, che essi non avevano saputo contrastare se non con il valore militare.

Ma non tutti questi soldati della Regina vanno ora in pensione. A disposizione di Londra ci sono ancora questi quattro reggimenti: il 2nd King Edward VII's Own Gurkha Rifles; il 6th Queen Elizabeth's; il 7th Duke of Edinburgh's e il 10th Princess Mary's. La “tradizione” è salva e lunga vita alla Regina che per i fedeli nepalesi resta il simbolo dell’egemonia.

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