di Luca Mazzucato

NEW YORK. “Se i democratici vogliono vincere le elezioni presidenziali, non dovranno semplicemente battere McCain nei seggi; dovranno batterlo con un margine superiore al livello di irregolarità messe in pratica dai repubblicani.” Questa è la conclusione dell'inchiesta sulle frodi elettorali repubblicane, pubblicata sull'ultimo numero di Rolling Stone. Così si spiegano i pressanti appelli al voto di Obama e di tutti i democratici, che nonostante otto punti di vantaggio nei sondaggi insistono sulla necessità di una larghissima affluenza per vincere le elezioni. Per evitare che ritorni lo spettro del 2000, quando Bush vinse per cinquecento voti in Florida dopo una massiccia campagna di cancellazione di voti ed elettori. I democratici questa volta hanno giocato d'anticipo sguinzagliando da settimane pattuglie di avvocati in tutti gli stati amministrati da repubblicani, per vigilare sulla registrazione elettorale. Non è un mistero che la principale strategia del “Grand Old Party” sia sempre stata la soppressione dei voti. A differenza del sistema elettorale italiano, quello americano prevede che gli elettori si registrino volontariamente per partecipare alle elezioni. La finestra per la registrazione varia da stato a stato e, in molti casi, un elettore non registrato, che si presenti al seggio il giorno delle elezioni, non potrà partecipare al voto. Il sistema si presta dunque ad un tipo di frode elettorale molto più sottile della pacchiana manomissione delle schede elettorali: la cancellazione degli elettori dalle liste.

Il trucco è molto semplice. Per prima cosa si identificano alcuni gruppi che hanno un'elevata probabilità di votare per il candidato democratico: ad esempio, gli afro-americani, i latinos, gli abitanti delle periferie povere delle grandi città o chi ha perso la casa nella crisi dei mutui subprime. Un'altra possibilità è stilare una mappa dei distretti elettorali a maggioranza democratica, dove il margine è abbastanza ridotto, tale cioè da permettere di invertire il risultato aggiustando opportunamente i registri elettorali. A questo punto, la tecnica - elementare - è quella di evitare in tutti i modi che questi gruppi “potenzialmente democratici” risultino regolarmente iscritti.

I trucchi utilizzati dai repubblicani per aggiustare a proprio piacimento i registri elettorali sono molteplici e a volte fantasiosi. Innanzitutto, il metodo più banale: impedire la registrazione dei nuovi elettori: i giovani e gli immigrati infatti votano per lo più democratico. In Florida, ad esempio, dato che la registrazione degli elettori più poveri viene portata avanti da associazioni di volontari, i repubblicani hanno varato una legge elettorale dai vincoli stringenti, che prevede multe di migliaia di dollari per le associazioni che presentano liste di voti in ritardo o con minimi vizi formali. In questo modo, molte associazioni non-profit hanno semplicemente smesso di registrare elettori: il numero di nuovi elettori registrati da tali associazioni, nell'ultimo anno è sceso a diecimila, dai centoventimila all'anno dell'era Clinton.

Il secondo metodo escogitato dai repubblicani è di invalidare la registrazione di nuovi elettori nel caso in cui i dati anagrafici non “coincidano perfettamente,” inclusi banali errori di trascrizione. Uno studio recente del New Jersey a questo riguardo, ha scoperto che per un elettore su cinque i dati riportati sulla patente sono diversi da quelli ufficiali, a causa di sviste degli impiegati della motorizzazione. Tutti questi elettori dunque sono potenzialmente cancellabili dalle liste elettorali. La maggioranza degli elettori rifiutati a causa di questo cavillo sono ancora una volta neri o ispanici (tre su quattro).

Il terzo metodo riguarda la cancellazione dai registri di elettori già iscritti in precedenti tornate elettorali. Ad esempio, sessantamila elettori neri in Colorado erano stati rimossi d'ufficio dalle liste prima delle elezioni del 2000, in base alla somiglianza del loro nome e cognome con quello di qualche detenuto. Lo Stato in seguito riconobbe che la pratica era scorretta: ma il riconoscimento arrivò solo due anni dopo le elezioni, nel frattempo vinte dai repubblicani grazie anche a questo trucco.

Il metodo più ovvio è poi annullare le schede a posteriori: le statistiche dimostrano che la possibilità che un voto sia annullato è dieci volte più alta per i neri e cinque volte più alta per gli ispanici, rispetto agli elettori bianchi. Con il dubbio scopo di voler evitare il problema delle schede nulle, i repubblicani hanno promosso l'utilizzo del voto elettronico, basato su un sistema computerizzato assai controverso, che si è peraltro dimostrato molto meno affidabile delle schede cartacee. Nel caso in cui a causa di un cavillo tecnico l'identità dell'elettore non coincida perfettamente con quella registrata (ad esempio errori di trascrizione), il voto viene considerato “provvisorio” e contato a parte. Nel 2004, ben tre milioni di voti cadevano in questa categoria. Purtroppo però, il destino dei voti “provvisori” è affidato all'ufficiale di turno: in quel caso, un milione di voti provvisori furono semplicemente annullati d'ufficio e gettati nel cestino!

Nel 2000 in Florida e nel 2004 in Ohio, la strategia repubblicana di cancellare i voti oppure gli elettori dalle liste si é dimostrata estremamente efficace. Tanto che dopo la magistrale lezione del 2000 in Florida, queste tecniche sono state promosse a standard nazionale con il “Help America Vote Act”, approvato dal Congresso repubblicano nel 2002. In sostanza, questa legge prevede una miriade di casi in cui la registrazione del voto deve essere cancellata o il voto reso “provvisorio.” La legge fu sponsorizzata dal lobbista Jack Abramoff, tuttora in prigione per (guarda caso) cospirazione e frode.

Per evitare che si ripetino le purghe elettorali in Ohio, lo stato chiave dell'ultima tornata elettorale, il partito democratico è riuscito a rimuovere il Segretario di Stato repubblicano - responsabile delle disfunzioni nel 2004 - e rimpiazzarlo con un democratico, che nelle ultime settimane ha cercato di rendere più semplice l'accesso al voto. L'Ohio è ufficialmente uno stato “indeciso”, anche se Obama è dato in vantaggio da tre a nove punti nei sondaggi. Con tutta probabilità, il risultato in Ohio verrà deciso dai voti “provvisori”. Tutti ricordano le immagini delle lunghe file ai seggi nel 2004, che vennero chiusi solo a tarda notte: tutte le schede votate dopo la chiusura ufficiale del seggio vengono considerate “provvisorie” e quindi sono soggette alla contestazione. Nel 2004, centosessantamila voti risultarono provvisori, su un totale di sei milioni, mentre Bush vinse con un margine di centoventimila. Dunque le schede provvisorie decidono il risultato finale.

Per tutelarsi contro possibili frodi sui voti provvisori, il partito democratico ha arruolato schiere di centinaia di avvocati specializzati in contestazioni elettorali, che sono stati spediti nei distretti elettorali più a rischio in ogni parte della nazione. Ma l'unico modo per disinnescare questa mina vagante è mettere nell'urna voti regolari: uno dei messaggi martellanti della campagna di Obama è stato infatti ricordare agli elettori che possono votare in anticipo, per posta o anche di persona, evitando così i ritardi che trasformano il voto in “provvisorio”. L'affluenza anticipata alle urne sembra incoraggiante per Obama, anche per il fatto che gli exit polls in questo caso danno in media Obama in vantaggio di venti punti su McCain.

D'altra parte, la strategia repubblicana quest'anno è stata di gridare ai brogli con largo anticipo. Nei dibattiti elettorali, con grande risalto su Fox News, McCain ha più volte accusato i democratici di frode in connessione con Acorn, un'azienda che si occupa di registrare elettori poveri e disagiati. Alcuni impiegati, pagati a cottimo, avrebbero registrato nomi di fantasia: Topolino, l'Uomo Ragno e altri personaggi dei fumetti. L'accusa di frode è ovviamente del tutto infondata, a meno che Topolino e compari non si presentino di persona alle urne il 4 Novembre. Ma in questo modo, McCain ha messo le basi nell'opinione pubblica per giustificare il riconteggio nel caso di pareggio, paralizzando il risultato elettorale e, allo stesso tempo, ha cercato di scoraggiare gli indecisi dal recarsi alle urne.

Lo scandalo che ha coinvolto il Segretario alla Giustizia dell'amministrazione Bush, Alberto Gonzales, ha svelato un ultimo tassello del piano repubblicano. L'amministrazione aveva esercitato forti pressioni sui procuratori generali per aprire centinaia d’indagini su presunte frodi elettorali a carico di politici democratici. Mettendo sotto pressione gli avversari con l'accusa di frode, Bush e i repubblicani volevano giustificare la richiesta di requisiti molto più stretti per la registrazione al voto. Gonzales ha licenziato tutti i procuratori generali che si erano rifiutati di piegarsi alle pressioni repubblicane per inquinare le acque in vista delle elezioni. In ogni caso, tutte le centinaia di accuse si sono rivelate completamente infondate e, una volta scoperto il piano, lo scandalo ha costretto Gonzales alle dimissioni e ha completamente screditato il Ministero della Giustizia.

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