di Carlo Benedetti

MOSCA. Dalla Casa Bianca arrivano segnali d'inquietudine, che indicano una ripresa del riarmo russo accompagnata da iniziative all'estero. Al Cremlino continuano invece a sostenere che non è vero, che non c’è nessuna escalation militare da parte della Russia. E’ in atto – dicono - solo una profonda ristrutturazione delle concezioni di politica estera che vede la diplomazia russa uscire dalla logica del braccio di ferro tradizionale e del gioco a somma zero. La linea attuale consiste, infatti, nell’entrare nella più raffinata e positiva logica della reciproca convenienza. Ma tutti sanno che alle spalle di questa “nuova” strategia, c’è l’intera vicenda caucasica che pesa come un macigno e che, di conseguenza, spinge il Cremlino a mostrare i muscoli. L’obiettivo consiste nell’uscire da un certo isolamento dovuto ad una fase che è stata definita come “transitoria”. Ed ora il periodo della transizione sembra proprio finito, dal momento che nel Paese tornano alla ribalta quattro “categorie” che segnano la politica interna, internazionale e, soprattutto, militare. Ecco in fila i pragmatici, le colombe, gli isolazionisti, i falchi. E sono proprio questi ultimi che hanno ripreso a volare sull’onda dei recenti scontri nell’Ossezia del Sud e nell’Abchasia, mentre le navi americane si sono affacciate nel mar Nero. E’ in questo contesto geopolitico (pur se il Cremlino lo smentisce categoricamente mentre i commentatori della radio Eco di Mosca insistono nel sostenere che si è in una fase transitoria, una sorta di intervallo “prima della guerra”) che decollano dalle basi militari della Russia due bombardieri strategici supersonici “Tu 160” che atterrano in Venezuela. Sono in grado di trasportare bombe nucleari e missili guidati.

Ma i russi si affrettano a dichiarare che si tratta solo di un’esercitazione, senza armi e senza alcun significato di rivalsa nei confronti degli americani. Amicizia (“militare”) con un Chavez che da oggi si sente più che mai forte grazie all’arrivo di questi due “Tu”. Ma non è tutto. Perchè anche la marina da guerra della Russia è chiamata a fare la sua parte. Salpa dai porti del Nord russo – quello di Severomorsk - una flotta di quattro unità guidata dall’incrociatore missilistico “Pietro il Grande” e dalla nave antisommergibili “Cebanenko”. A bordo ci sono 1000 marinai e marines. L’obiettivo consiste nel mettere in atto una esercitazione congiunta con la marina venezuelana al largo delle coste di Caracas – nel mare dei Caraibi - dal 10 al 14 novembre.

Le ipotesi intanto sono le più diverse e tutte di segno negativo. Si parla di una Russia che vuole inserire il Venezuela di Chavez nell’area dei suoi interessi vitali e si fanno, di conseguenza, allarmanti paralleli con quella crisi di Cuba che vide di fronte Krusciov e Kennedy. Per ora, comunque, si è al livello di schermaglie diplomatiche a distanza tra Mosca e Washington. Con le fonti ufficiali americane che fanno notare che Medvedev, proprio nelle settimane scorse, definì “una provocazione” il fatto che tre navi da guerra americane, guidate dall’ammiraglia della VI flotta, la Uss Mount Whitney, fossero dislocate al largo delle coste georgiane. Ed ora, mentre la Russia appronta risposte di ordine diplomatico, il presidente del Venezuela Chavez corre a Mosca per cementare un’alleanza con il Cremlino.

A Putin, che rischia di portare nel cortile di casa Usa molte delle preoccupazioni di tipo iraniano (quelle che la guerra in Iraq tentava di tener confinate in Oriente) Chavez dice, con un tono estremamente confidenziale: “Penso che la tua idea di un mondo multipolare sia oggi più attuale che mai”. Si appronta così, nello stesso tempo, una piattaforma di strategia militare che è sempre più vicina a tematiche riguardanti la difesa e la sicurezza. Ecco perchè a Moca si parla apertamente di un generale “riallineamento geopolitico”. E agli osservatori diplomatici non sfugge il fatto che Putin, conversando con Chavez, (accolto come un leader maximo) ha manifestato la propensione russa a “studiare con i venezuelani la possibilità di una cooperazione in campo nucleare”. Il premier di Mosca, in pratica, non ha fatto altro che confermare le dichiarazioni di un anno fa del vice-premier russo, Alexandre Joukov, che sperava in un rapido accordo Russia-Venezuela per il nucleare civile. Proposta che allora fu subito accolta con entusiasmo da Chavez. E sempre per quanto concerne l’alleanza tra Mosca e Caracas, non c’è solo l’aspetto della vigilanza militare. Perchè il gigante del gas russo Gazprom sta per avviare lo sfruttamento del gas venezuelano. Il programma prevede per la fine d’ottobre l’avvio di un impianto di trivellazione nel golfo del Venezuela.

Ma nell’agenda degli incontri in Russia c’è anche un grosso dossier relativo agli armamenti. E così molte di quelle sofisticate armi che l’Urss non era mai riuscita a far sbarcare nel bacino dei Caraibi arriveranno – in un clima di pace – in Venezuela. E’ lo stesso Putin a dichiararlo ad alta voce: “Siamo pronti ad affrontare la cooperazione militare e tecnica – dice – e le intese stanno per essere messe in opera. Nuove prospettive economiche si aprono nei campi dell’energia, delle tecnologie di punta, come per le industrie meccanica e chimica”. Tutto questo, in pratica, vuol dire che sta partendo una grande sfida a Washington ed è presto per prevederne gli sbocchi.

Intanto c’è da rilevare che Mosca ha dato il via, proprio in queste ore, alle grandi manovre militari strategiche denominate “Stabilità 2008”. Le ha annunciate Medvedev in pieno accordo con ministro della Difesa, Anatoli Serdiuko, e il Capo di Stato Maggiore, Nikolai Makarov. Il piano militare – che si protrarrà sino al 21 ottobre - prevede la partecipazione di tutti gli organi federali, fra cui il ministero dell'Interno, i Servizi segreti, le formazioni della Protezione civile e del ministero dei Trasporti. Durante le manovre, saranno attivati soldati dell'esercito, gruppi speciali per la ricognizione e l'annientamento di conflitti armati, attività terroristiche, catastrofi naturali e per la difesa strategica di Russia e Bielorussia. Partecipano alle manovre reparti di Mosca, dell'Estremo Oriente, la flotta del Baltico, la flotta del Nord, la flotta del Pacifico, l'undicesima armata dell'aeronautica militare, la sedicesima e la trentasettesima armata aerea e il trentaduesimo corpo dei reparti antiaerei, le truppe missilistiche strategiche, varie organizzazioni militari logistiche e alcuni reparti delle forze armate bielorusse, più gli stati maggiori e i vari gruppi operativi. E’ la più grande operazione militare da molti e molti anni.

Per quanto riguarda il teatro della diplomazia mondiale c’è da rilevare che nonostante la tensione ancora in atto tra Mosca e l'Occidente dopo il conflitto in Georgia è in dirittura d’arrivo l'Assemblea generale dell'Onu. Ma all’assise non ci saranno nè Medvedev, nè Putin. Mosca sarà rappresentata dal ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov. Quanto agli “affari” economici, la Russia non cambia rotta. Mantiene inalterati i rapporti con il consorzio europeo “Arianespace” che ha deciso di acquistare dieci nuovi razzi russi “Soyuz ST” per circa 347 milioni di euro. L'accordo in merito è stato sottoscritto a Soci sul Mar Nero a margine dell'incontro tra i premier Fillon e Putin. E si sa ora che i “vettori Soyuz”, prodotti dal russo “Korolev Design Bureau”, saranno impiegati a partire dal maggio 2009 per il lancio in orbita dei trenta satelliti per il sistema di posizionamento satellitare europeo Galileo, concorrente del Gps statunitense e del russo Glonass.

Per rispondere alle esigenze dell'Agenzia spaziale europea (Esa) l'amministratore delegato di “Arianespace”, Jean-Yves Le Gall, ha spiegato che oltre al razzo Ariane 5 sarà usato anche il lanciatore della Soyuz. I due vettori sono in grado di portare in orbita, rispettivamente quattro e due satelliti alla volta. C’è, quindi, una Russia sempre più all’attacco su tutti i fronti. E per ora vincono quanti al Cremlino sostengono che è sempre più necessaria l’unione tra l’impegno dei militari e quello dei boss dell’economia. L’aria non è buona.

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