di Mariavittoria Orsolato

Dopo poche settimane dalla vittoria elettorale e a due mesi dal suo insediamento, il vescovo presidente Fernando Lugo si trova già ad affrontare i primi problemi politici del nuovo Paraguay. Se la sua è stata una vittoria schiacciante non si può dire altrettanto di quella più risicata ottenuta, nella corsa ai posti in Parlamento, dai suoi sostenitori della “Alianza Patriotica para el Cambio”. I risultati di Camera e Senato non sono stati infatti così netti ed ora le radicali riforme che erano state ventilate in campagna, sulla carta appaiono sbiadite dall’incertezza dei numeri: per eliminare povertà, corruzione e mala sanità, per attuare un’equa ripartizione delle proprietà agricole e per trattare con i vicini Brasile e Argentina sulla stringente questione energetica, il “vescovo rebelde” dovrebbe avere una maggioranza compatta in grado di garantire le riforme senza troppi disguidi in sede di voto. La più grande scommessa del monsignore per i prossimi 5 anni sarà infatti, secondo gli osservatori internazionali, quella di governare un Paese già troppo segnato dalla mancanza di concretezza. Per cercare di diminuire il rischio tipico di queste scommesse il team di Lugo ha cominciato le consultazioni iniziando a guardarsi attorno e creando inevitabili polemiche, sia interne alla coalizione che esterne, con la proposta - ritenuta da molti inopportuna - fatta al leader dell’U.N.A.C.E. (Union National Ciudadanos Eticos) Lino Oviedo. E’ notizia di pochi giorni fa che l’ex colonnello golpista, accusato dell’omicidio dell’ex vicepresidente Luis Maria Argana, ha rifiutato la poltrona di presidente del Congresso motivando la sua decisione con le affermazioni fatte a caldo dopo il voto, ovvero che sosterrà il Governo solo nel caso in cui lo ritenga “opportuno per il bene del Paese”. Affermazioni che possono facilmente far prevedere quello che sarà il peso politico dell’ex colonnello nelle prossime e decisive battute legislative.

Ma le polemiche sono nate anche all'interno dell’Alianza Patriotica, la coalizione multipartitica che sostiene Lugo e che è composta da una miscellanea di 20 partiti delle sponde liberali, socialiste e cattoliche. I liberali per bocca del loro leader e vicepresidente Federico Franco Gomez, hanno più volte dichiarato che “l'azione di governo non assomiglierà alla rivoluzione socialista voluta da Chavez ma piuttosto sarà una modernizzazione progressista sul modello del Cile”. Dal primo partito della coalizione arriva quindi il primo biasimo a soluzioni drastiche; le riforme non sono in discussione, ma avverranno con modalità e tempi molto differenti da quelli che hanno caratterizzato l’America Latina degli ultimi anni.

Sul fronte Vaticano invece la linea dura adottata fino al 20 di aprile sembra essersi ammorbidita con l’effettiva vittoria dell’ex-vescovo. Le dichiarazioni del presidente all’indomani del voto sono state in parte dedicate a Santa Madre Chiesa, chiamata a “perdonare il dolore che ho causato con la mia disobbedienza”. Lugo è stato infatti sospeso a divinis dal cardinale Giovanni Battista Re il 20 gennaio 2007, dopo la sua formale richiesta di rinunciare al ministero dell’episcopato siglata nel dicembre 2006. Secondo il diritto canonico infatti, chi viene meno alla promessa “liberamente accettata per sempre” al momento della nomina a Vescovo, a diacono o a presbitero, non potrà più amministrare ufficialmente i sacramenti ma dovrà comunque considerarsi Vescovo.

A testimoniare che le acque a Roma si sono calmate e che la sospensione potrebbe essere revocata al termine del suo mandato, la preziosa penna portamine che papa Benedetto XVI° ha inviato a Fernando Lugo per congratularsi della vittoria. Il 24 aprile il Nunzio apostolico per il Paraguay, Orlando Antonimi, si è recato in visita alla sede della “Alianza Patriotica” per portare al nuovo presidente - oltre alla penna - i saluti personali del Papa e per cominciare a discutere i rapporti che da ora in poi si dovranno tenere tra la Santa Sede e Asunciòn.


Nel frattempo il neopresidente si prepara al primo viaggio istituzionale. Il 13 maggio si riuniranno infatti a Lima i capi di Stato del Sudamerica e del Caribe assieme ai rappresentati dell’Unione Europea, per discutere delle nuove misure nel commercio internazionale e per confrontarsi sui nuovi mutamenti politici che hanno portato la regione alla ribalta delle cronache. Con il suo status di vescovo-presidente, Fernando Lugo sarà senza dubbio il protagonista di questo incontro, con buona pace di Chavez e del suo istrionismo. Il monsignore ha però sottolineato che la sua presenza è da vedersi soprattutto come inizio del dialogo con i grandi vicini, Brasile e Argentina, sulla questione energetica delle dighe di Itaipù e Yaciretà, i colossi idroelettrici costruiti sul Rio Paranà. Le amministrazioni Lula e Kirchner non hanno ancora fatto dichiarazioni ufficiali su uno dei punti di forza della campagna dell’ex monsignore, ovvero la rinegoziazione dei trattati sulle due imprese energetiche binazionali che portano le firme degli allora tiranni di Stato, i generali Stroessner, Figueiredo e Videla, e che confinano il Paraguay in una paradossale situazione di sudditanza pur essendo il primo esportatore in termini di eccedenze.

A quanto dicono gli accordi del 1979 infatti, il Paraguay è costretto a vendere le sue eccedenze energetiche solo ai Paesi interni all’accordo, ma soprattutto le deve vendere a prezzo di costo, un prezzo infinitamente inferiore a quello di mercato e che si stima faccia perdere al Paraguay circa un miliardo di dollari l’anno. L’invito per il meeting di Lima, formalmente formulato all’ex presidente Nicanor Duarte Frutos, è stato esteso proprio dal presidente uscente durante l’incontro ufficiale avvenuto tra i due lo scorso 27 aprile a Palacio Lòpez. Lugo sarà perciò accompagnato nella sua prima apparizione internazionale proprio dalla sua nemesi politica, fatto quantomeno insolito senonchè interpretato, da entrambi i diretti interessati, secondo la logica del “bene del Paese”. La transizione sembra infatti proseguire nel modo più costruttivo possibile: come in una favola a lieto fine i “colorados” hanno accettato sportivamente la sconfitta e hanno azzerato l’opposizione mediatica scatenata contro Lugo fino a pochi giorni prima del voto. Ma conoscendo i soggetti non si potrà dire l’ultima parola fino al 15 di agosto, quando il nuovo presidente si insedierà ufficialmente alla reggenza della nazione.

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