di Giuseppe Zaccagni

Da Accra, capitale del Ghana, l’Onu si sveglia - sotto l’incubo di uno tsunami silenzioso - e scopre la fame nel mondo (per 100 milioni di persone) provocata anche da quei continui rincari dei prezzi agricoli, imposti dalle economie “forti”, che seminano il panico provocando le attuali catastrofi umanitarie. L’allarme è lanciato dallo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite, ??n Ki-moon, impegnato ad aprire l? dodicesima conferenza mondiale sul commercio ? sullo sviluppo. Ed è lui che si rivolge ai “potenti della terra” annunciando la pericolosità di una “crisi a cascata” in tutto il mondo, se l? questione dei prezzi elevati dei prodotti alimentari non sarà gestita correttamente. Il Segretario generale delle Nazioni Unite spiega poi che tutto questo si ripercuoterà “sulla crescita ???nomica, il progresso sociale ? l? stessa sicurezza politica mondiale”. “Non si può più aspettare - dice ancora - e di conseguenza la comunità internazionale deve avviare azioni urgenti per evitare conseguenze ?n??r? più gravi”. L’Onu, in tal senso, è chiamata a fare la sua parte coordinando quelle che il Segretario generale definisce come “risposte globali”. E’ anche vero però che sia all’interno delle Nazioni Unite che negli ambienti prettamente “scientifici” esistono e si sviluppano varie scuole di pensiero e che molti sono gli organismi internazionali che si confrontano sulla tragica questione della fame nel mondo.

Difficile, in questo contesto, trovare una strada comune per affrontare le nuove sfide. Proprio perché il problema della fame è parte di una problematica più ampia: quella della povertà. E così il problema è anche quello di riportare la questione della denutrizione all’attenzione di un’opinione pubblica mondiale distratta e di governanti che non ne fanno una priorità. Questi, in sintesi, alcuni dei punti di rilievo avanzati nella sede dell’Onu.

L’attenzione DI ??n Ki-moon si è poi concentrata sull’altra questione planetaria: quella dell’acqua. Pane e acqua, quindi, da riportare nella loro essenzialità in cima all’agenda dei governi e della comunità internazionale nel suo complesso, anche allo scopo di accrescere le risorse disponibili per investimenti nel lungo periodo così come per le azioni umanitarie di breve termine. Il problema attuale, è stato detto all’Onu, consiste anche nel “ripensare l? strategie fin qui adottate, altrimenti si rischia di tornare definitivamente ?l punto di partenza”. E in tal senso va ricordato che già nelle settimane scorse l? portavoce dell’Onu, Michelle Montas, aveva annunciato la possibile convocazione di un vertice dei capi di Stato ? di Governo dei paesi membri dell’Onu per ??n??rd?r? nuove politiche mondiali in grado di fronteggiare l? gravissime conseguenze provocate dai rincari dei g?neri alimentari giudicati dalle agenzie dell'Onu frutto di processi speculativi.

La situazione del pianeta - per usare un eufemismo - non è promettente. Dati recenti parlano di 826 milioni di persone denutrite, di cui 791 nei paesi in via di sviluppo e 34 nei paesi industrializzati. Per quanto riguarda la gravità della denutrizione (sono sempre dati Onu) la metà dei paesi dell’Africa subsahariana presenta un deficit energetico medio superiore alle 300 kilocalorie. Ben sedici paesi dell’Africa subsahariana soffrono un’emergenza alimentare. A loro vanno aggiunti l’Afghanistan, la Corea del Nord e la Mongolia. Intanto un’istituzione statunitense - l’Ifpri (International Food Policy Research Institute) - stima che la malnutrizione infantile (che non riguarda solo un deficit di calorie ma anche di proteine) diminuirà soltanto del 20% nei prossimi 20 anni, stanti le condizioni attuali. Ciò vorrà dire che nel 2020 i bambini malnutriti saranno ancora 132 milioni (erano 166 milioni nel 1997). In particolare nell’Africa subsahariana, il loro numero aumenterà del 18% (6 milioni in più), qualora non vengano prese misure correttive.

Sempre nel quadro di tale situazione arriva ora - sempre da Accra - un ????ll? ad agire in f?v?r? dei Paesi più poveri. Lo lancia il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula Da Silva. “L’economia internazionale - dice - si trova di fronte ? una crisi causata dall? governance finanziaria delle ???n?mie più forti del mondo. ?? i Paesi poveri non ne devono pagare il ??nto”. Il presidente brasilian? denuncia: “La globalizzazione non ?uò trasformarsi in un mezzo ??r trasferire l? perdite ai Paesi in via di sviluppo, mentre s?n? esattamente questi che hanno più contribuito ? mantenere il livello di crescita mondiale”. In parti??l?r?, Lula chiede agli Stati Uniti ? all’Unione ?ur???? di eliminare l? sovvenzioni agricole ?ll'esportazione ? ai l?r? produttori ? di aprire i l?r? mercati in un momento in cui i Paesi in via di sviluppo sono colpiti dall'im??nn?t? dei prezzi dei prodotti alimen¬tari ? dell'energia.

Situazione, comunque, sempre più a rischio, dal momento che l’obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015 è sottoposto a tensioni e sfide vecchie e nuove. La sicurezza alimentare, infatti, è un concetto multiforme, il cui raggiungimento interagisce con la riduzione della povertà, la pace, l’uso sostenibile delle risorse naturali, i disastri naturali, il commercio. Ci sono in merito documenti della Fao che individuano le principali sfide e opportunità che si presentano anche in questo nuovo secolo: i conflitti, i disastri naturali, le malattie e i flagelli transfrontalieri, l’Aids, il problema dell’acqua pulita, lo sviluppo delle nuove tecnologie, la globalizzazione e il commercio, la produzione di cibi sani e il controllo di qualità, la necessità di una regolamentazione giuridica internazionale per quanto concerne quello che è definito come “diritto al cibo”.

E per tornare ai temi sollevati ad Accra c’è forte più che mai la domanda relativa a quanto costerà nutrire in modo sufficiente gli abitanti del pianeta. Gli esperti dell’Ifpri (International Food Policy Research Institute) presentano scenari alternativi. Quello “mediano” parla di 578 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi vent’anni. Una cifra ingente, ma non impossibile. Si tratta, in media, del 3,6% delle spese governative, da suddividersi in spese per l’irrigazione, le strade rurali, l’istruzione, l’acqua, la ricerca agricola. Molto dipenderà anche da come saranno spesi questi soldi. Le scelte effettuate nel campo dell’agricoltura, le politiche dello sviluppo, la direzione che è impressa agli investimenti, possono avere conseguenze decisive sul numero dei poveri e dei denutriti nel mondo.

Parimenti, la lotta alla povertà, la vittoria sulle malattie trasmissibili, la distribuzione equa dei benefici dello sviluppo e della globalizzazione, potranno offrire un apporto decisivo per cancellare la vergogna della fame dalla faccia della Terra. In sintesi: sfamare il mondo che soffre è possibile. Ma i programmi di intervento - con una tendenza sedimentata negli anni e sempre sotto l’egida di un capitalismo reale - funzionano solo sulla carta e vanno sempre più a segnare nuove pagine di una cronologia di sconfitte.

Intanto si annuncia una tappa ulteriore in questa lotta alle emergenze globali. Perché per la prima volta dal 1981 il vertice del G-8 previsto per il luglio prossimo in Giappone discuterà il problema dei prezzi e della sicurezza alimentare. E’ la dimostrazione della gravità della situazione, che va però sempre inquadrata nel contesto di quei problemi globali che si chiamano esplosione dei prezzi energetici e crisi finanziarie. Il problema è se basterà un G-8…

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