di Bianca Cerri

E’ ora di pranzo nella sterminata baraccopoli di Haiti e gli abitanti cercano di placare i morsi della fame con il fango raccolto nella strada. Con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari non possono più procurarsi nemmeno il pane. Di fango invece ce n’è in abbondanza e per chi non possiede nulla non esiste altra risorsa per sopravvivere. Solo i neonati non hanno problemi finché c’è il latte delle madri a nutrirli ma il latte delle donne finisce presto se anche loro non mangiano che fango. Il prezzo della farina è aumentato in tutto il mondo a causa del crescere del prezzo del petrolio, che è necessario per arare e fertilizzare i campi dove cresce il grano. Il problema riguarda gran parte dei paesi del mondo. Ma Haiti è un’isola contro cui la natura si accanisce spesso con particolare violenza e la povertà è inimmaginabile. La vita dei suoi abitanti dipende in tutto e per tutto dalle importazioni. Le merci che arrivano sono ogni volta più care, troppo per la gente di La Saline e di Sun City. Allora non resta che il fango, che costa solo 5 centesimi al chilo, l’equivalente di cento gallette. Sì perché neppure il fango è gratuito. Lo raccolgono le donne che poi si recano sul tetto di una prigione oggi chiusa per mescolarlo a rimasugli di vegetali e ricavarne delle gallette da rivendere nei mercati. Trasportano i loro prodotti in un paniere coprendosi spesso il volto perché si vergognano della loro povertà.

L’arrivo delle truppe ONU ha inflitto altre dure ferite ad Haiti. Bambini e bambine vendono i loro corpi ai caschi blu in cambio di un dollaro per sfamarsi. Il 15 dicembre scorso, l’ONU ha dovuto rimpatriare 114 cittadini dello Sri Lanka che gestivano il traffico della prostituzione minorile nei bordelli locali. Il governo dello Sri Lanka ha però già fatto sapere che non è disposto a concedere risarcimenti alle famiglie dei minori ed ha scaricato la colpa di quanto accaduto sulle autorità di Haiti che non avrebbero vigilato abbastanza. Da parte sua, l’ONU ha cercato di criminalizzare i minori invitandoli a farsi avanti per testimoniare contro i loro sfruttatori ma senza neppure accennare alla responsabilità degli adulti né ad eventuali passi da compiere per impedire che altri giovanissimi siano costretti a vendersi per guadagnarsi un po’ di cibo.

Ad Haiti, il sesso continua ad essere un tabù e non esiste alcuna forma di educazione sessuale che aiuti a contrastare il dilagare dell’AIDS tra la popolazione. Fino al colpo di Stato del 2004, la prostituzione minorile era quasi completamente sconosciuta ad Haiti. L’arrivo dei caschi blu in “missione di pace” ha distrutto in pochissimo tempo i pochi progressi fatti dalla popolazione con il governo di Aristides.

Dopo le elezioni del sette febbraio 2006, la situazione è rimasta invariata. Ogni sera, decine di ragazzine ai appostano agli angoli delle strade per chiedere l’elemosina ma più spesso per accompagnarsi ai militari in cambio di un dollaro per sfamarsi. Molte non vorrebbero essere lì e sperano di poter un giorno andarsene lontano, in un paese dove la fame non le costringa a concedersi a degli uomini sconosciuti per sopravvivere. A 15-16 anni non hanno conosciuto che privazioni e rischiano di ritrovarsi con il corpo devastato dall’AIDS in cambio dei pochi dollari che riescono a mettere insieme dopo una notte intera passata a soddisfare i desideri dei clienti.

Solo nel 2007, su ventimila minori visitati dai medici dell’unico ospedale di Port-au-Prince, il 20% è risultato positivo al test dell’HIV. Arrivano anche molti ragazzi deboli ed emaciati, qualcuno in braccio alla madre perché ormai incapace di camminare con le proprie gambe. Ogni tanto vengono abbandonati lì dai genitori che non sanno più come sfamarli. Come se non bastasse, le loro vite spezzate serviranno a legittimare la presenza di decine di organizzazioni “umanitarie” che gestiscono il capitalismo della miseria, ultimo male del nostro tempo. Soprattutto ad Haiti. Dove i poveri vivono mangiando fango.

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