di Cinzia Frassi

Sono dieci le regole di cui si compone il “libretto rosa” del premier socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero. In realtà si direbbe un decalogo “pro-donne”, mentre da più parti viene definito "anti-uomo". Il libretto, titolato "ricette di donne per fare politica", è un vero e proprio manuale redatto con la segretaria dell'Uguaglianza del partito del premier, Maribel Montano che così lo definisce: "il libro indica gli strumenti che permettono alle donne, soprattutto alle più giovani, di accedere alla politica in condizioni di uguaglianza" dice la Montano. I dieci punti cardine delle "istruzioni per l'uso" di una partecipazione rosa alla politica, non hanno niente a che fare con quel clichè della donna da carta patinata di oggi: senza rughe, alla moda, bella, rampante, esente da cellulite e soprattutto che può essere definita, nella sua versione in carriera, “la signorina Rambo” parafrasando il cantautore italiano Roberto Vecchioni. La prima regola è fare squadra, lavorare insieme con altre donne, quindi rischiare, imparare ad osare di più: dissentire ed argomentare coraggiosamente quando è il caso. Insomma esporsi di più, quindi non restare nell’ombra. Altro must del manuale è coltivare la capacità di ascolto delle altre donne come degli uomini, quindi individuare e portare avanti le cause universali che le riguardano. Seguono saper cogliere le opportunità, il momento giusto e assumere ruoli ed incarichi con grande senso di responsabilità per se stesse ma anche per il ruolo di donna nelle istituzioni. Arrivano anche i punti che riguardano l'organizzazione del tempo, in modo da saper conciliare vita privata e pubblica, l'esortazione ad avere coraggio anche qualora si presenti la necessita di prendere decisioni impopolari. Il consiglio è di tenere conto anche che il dissenso è una risposta normale nelle relazioni politiche. Infine essere esperte di tecnologia dell'informazione e della comunicazione, internet diventa fondamentale. Qui il consiglio è aprire un blog. Fondamentale l'ultimo dei punti del decalogo rosa: essere donna è un valore da coltivare nei contenuti e nella capacità di visioni e soluzioni diverse più che negli abiti e nel look. Essere donna come declinazione fondamentale caratterizzante di soluzioni alle problematiche, come nella gestione della leadership, nelle istituzioni e nella politica.

Va detto che in Spagna è in vigore una legge dall'aprile scorso che prevede l’attribuzione alle quote rosa di almeno il 40 % nelle liste elettorali e in cui il governo è equamente diviso tra uomini e donne. Al di là dell’opportunità di leggi come questa e della sensazione che l’obbligatorietà delle quote sia in qualche modo un segno di sconfitta per il gentil sesso, va detto che il premier spagnolo non è uno che predica bene e razzola poi male, dato che la metà del suo gabinetto è formato da donne. Non si può dire altrettanto per il Belpaese.

Secondo una ricerca e alla classifica compilata dall'Università di Stoccolma e dall’International Idea sulle quote rosa e sulla partecipazione attiva e passiva delle donne all'attività politica, l'Italia si ferma al 48°. Il monitoraggio vede una presenza femminile tra i banchi della politica soprattutto in Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria e Germania. Primeggia il Rwanda con 39 elette su 80, grazie alla previsione obbligatoria di quote rosa. Per intenderci: in casa nostra, nelle ultime elezioni nel 2006, pur con una tendenza al miglioramento, le elette sono state 109 su 630 per la Camera dei Deputati e 44 al Senato su 322 eletti.

Recentemente, il tema delle quote rosa è tornato a far parlare di se in occasione delle primarie del Partito Democratico dove non sono mancate le polemiche circa il sistema delle quote rosa al 50%. Il deputato dell'Ulivo Franco Laratta ha affermato in proposito: "non sono affatto contro le donne in politica, ci mancherebbe altro. Sarei un imbecille a sostenere ciò. Ritengo, però, che una classe dirigente al femminile non si possa costruire per legge e che il percorso semmai è un altro”. Un'affermazione che sintetizza bene la posizione di chi considera le quote obbligatorie al femminile come un'imposizione, nella percezione che il gentil sesso diverrebbe più presente tra i banchi della politica solamente ex lege.

La Casa Internazionale delle Donne, l’Onerpo, e altre associazioni finalizzate alla parità di genere in politica e nelle istituzioni sostengono invece il contrario, nell'evidente convinzione che lasciar fare al progresso dei tempi, come predicano alcuni, non solo non sia sufficiente, ma nemmeno tollerabile. Il fatto è che lo scarto tra presenza maschile e femminile in politica, come in altri ruoli all'interno della società, è interpretato da chi si batte per le quote rosa come la prova che gli intrecci della politica a base di “cenette di partito” lascerebbero molto spesso fuori dai loro giochi, rigorosamente “inter-nos”, proprio le donne. Non si pensa quindi che manchino leve al femminile, bensì ad un esclusione miope e forse legata ad un vecchio campanilismo patriarcale.

La presidente nazionale dell’Udi, Pina Nuzzo, sostiene che “in Italia esiste in questo momento un vero e proprio deficit democratico e un netto ritardo storico nella democrazia paritaria. Con questa campagna non proponiamo solo una legge per le cariche elettive, ma ci prefiggiamo soprattutto di dar finalmente voce alle donne che in questi anni hanno lavorato per far aprire gli occhi a tutti su una realtà desolante, dove la pressoché totalità dei luoghi decisionali è presidiata da uomini”.

La necessità di cancellare la realtà desolante di una legge elettorale disastrosa quale l’attuale, deve passare anche per l’opportunità di rivedere la partecipazione al femminile alla politica italiana come elemento protagonista, non come “seconda scelta”. In caso contrario dovremo accontentarci di sfogliare il libretto rosa firmato Zapatero.

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