di Luca Mazzucato

Qualcosa sta cambiando in Israele. Lo scorso mercoledì 1 Febbraio, l'insediamento illegale di Amona nella West Bank, è stato evacuato dopo una battaglia che ha visto schierati cinquemila soldati e poliziotti israeliani contro due migliaia di coloni. Si è trattato di una battaglia vera e propria: quattro ore di scontri e centinaia di feriti da entrambe le parti. Niente a che vedere rispetto al copione dell'evacuazione pacifica delle colonie a Gaza l'estate scorsa. Questa volta i coloni, per lo più ragazzi giovani e giovanissimi, si sono barricati attorno ai nove edifici da abbattere e hanno accolto le forze di polizia israeliane con lanci di pietre e incendiando cataste di copertoni. La polizia e l'esercito avevano ricevuto precisi ordini dal governo di procedere allo sgombero senza esitazioni, dopo che nella notte l'ennesimo ricorso del consiglio dei coloni era stato bocciato dalla Corte Suprema. A prima vista, la violenta reazione dei coloni nei confronti dell'esercito può sembrare paradossale. L'esistenza stessa delle colonie nella West Bank, infatti, non sarebbe nemmeno concepibile senza la presenza capillare dell'esercito di occupazione, che presidia tutti gli insediamenti e che, grazie ai check point e al coprifuoco, garantisce ai piccoli gruppi di coloni sparsi tra i villaggi palestinesi il totale controllo del territorio. Quando i coloni si rivoltano contro l'esercito di occupazione, sembrano dunque mettere in discussione la presenza stessa delle colonie nella West Bank. Tuttavia, con il ritiro da Gaza, Ariel Sharon, il più strenuo sostenitore degli insediamenti, ha in realtà infranto un tabù, dimostrando che è possibile smantellare le colonie. In seguito alle immagini dei soldati israeliani che evacuavano i loro fratelli dalla terra promessa, il movimento dei coloni ha subìto un fortissimo shock e ha deciso di passare al contrattacco mediatico, prima che l'impensabile diventasse praticabile: il successivo passaggio allo smantellamento delle colonie in West Bank.
Gli ultimi mesi hanno visto una martellante campagna contro Sharon e la sua svolta centrista che hanno radicalizzato le posizioni e ricompattato le fila dei coloni. Fino ad arrivare alle due sentenze della Corte Suprema che ordinavano lo sgombero dei negozi palestinesi occupati dai coloni nel mercato di Hebron e infine dell'avamposto illegale di Amona. E se mentre fino ad un mese fa sui giornali si leggevano le imprese dei coloni dediti al vandalismo degli ulivi palestinesi, negli ultimi giorni non passa notte senza che gruppi di giovani coloni non taglino le gomme delle jeep dell'esercito, sabotino postazioni militari o lancino pietre ai soldati di guardia ai check point.
Ovviamente si tratta della campagna elettorale per le elezioni del 28 Marzo. Da una parte, il consiglio dei coloni non si fa scrupoli a mandare allo sbaraglio centinaia di ragazzini a farsi massacrare dall'esercito. Dall'altra, il primo ministro ad interim, Ehud Olmert, deve dimostrare all'elettorato moderato di saper imporre la legalità, nuova parola d'ordine, nei territori occupati.
Il governo ha quindi deciso lo scontro frontale con i gruppi di coloni che "si comportano da fuorilegge", dichiarando che tutti gli avamposti illegali ed isolati nella West Bank verranno evacuati al più presto e che non verrà più tollerata la violenza dei coloni nei confronti dell'esercito. La strategia del pugno di ferro contro i coloni sembra essere premiata dai sondaggi e riflette il mutamento nell'opinione pubblica israeliana, che, per la prima volta, comincia a discutere se valga la pena mantenere l'occupazione della West Bank per proteggere dei teppisti e dei "fuorilegge". Tuttavia, il piano di ritiro dagli avamposti più estremi rientra nella strategia di disimpegno unilaterale impostata da Sharon e che, dopo la vittoria di Hamas, sembra per il momento l'unica opzione per l'establishment israeliano.

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