di mazzetta

Continua senza ritegno la farsa sul nucleare iraniano. Seguendo un’escalation costante nei toni come nelle intenzioni, l’Occidente mette sul banco degli accusati l’Iran e il suo programma nucleare.
Le pretese dell’Occidente non si fondano su alcuna norma del diritto internazionale, ma esclusivamente su un processo alle intenzioni iraniane e sul desiderio di impedire ai persiani di possedere armamenti nucleari. Il pessimo servizio che i fautori del Nuovo Ordine Mondiale stanno facendo alle istituzioni e al diritto internazionale, sempre più delegittimate da un impiego strumentale che fa gridare allo scandalo e al doppiopesismo, è un prezzo che viene pagato nell’indifferenza delle diplomazie e dei commentatori. Se qualcuno pensa veramente che gli USA e i paesi europei siano preoccupati della possibilità che l’Iran acceda alle armi atomiche si sbaglia senza ombra di dubbio. Prima di tutto perché l’Iran già possiede sicuramente ordigni atomici e anche i missili per lanciarli. Secondariamente per una serie di motivi logici e politici che rendono l’ipotesi assolutamente inverosimile.
Se la paura è quella di un’atomica islamica, i fatti che ci dicono che l’atomica questa esiste già, ufficialmente, in Pakistan e la cui nascita fu salutata anche da un discorso di Osama Bin Laden. A ciò si aggiunga la considerazione che Iran ed Arabia Saudita sono stati i maggiori finanziatori del programma pachistano, oltre all’evidenza della collaborazione nucleare tra Iran e Pakistan negli ultimi due decenni, ufficialmente nota alla stessa AIEA.

Tra i fatti c’è anche da segnalare che la stessa Arabia Saudita, che nei programmi pachistani ha riversato miliardi di dollari, si è già dotata di missili utili solo al trasporto di testate atomiche, che ha probabilmente ricevuto dagli stessi pachistani senza imbarcarsi nella costruzione di impianti nucleari.
Un altro fatto è che l’Arabia Saudita abbia firmato, pur contro la volontà dell’Occidente, lo Small Quantities Protocol (Protocollo per le Piccole Quantità), all’interno dello stesso TNP che viene contestato all’Iran (l’adesione al TNP è volontaria). Lo SQP è una dichiarazione attraverso la quale un paese dichiara che non importerà e tratterà più di una certa quantità di sostanze fissili: firmandola, si entra nel novero dei paesi che non subiscono i controlli dell’AIEA.
Un altro fatto è che, allo stato dell’arte e della tecnica, costruire una bomba atomica è alla portata di una quantità infinita di soggetti, come dimostrato da una commissione del Senato americano, che è riuscita a produrre una bomba atomica, posta infine sui banchi della commissione, raccattandone pezzi e conoscenze su internet.

Una della poche certezze che possono guidare chi cerchi di leggere questa crisi, è che le armi atomiche non siano assolutamente il punto, se non a livello di costruzione di un meme con il quale fecondare l’immaginario dei politici e delle società occidentali con una nuova commedia sulle armi di distruzione di massa.

E’ abbastanza comprensibile che in Iran si sentano tesi: sono riusciti a risolvere la grana dell’elezione di Ahmadinejad, grazie al leader spirituale Khamenei che, con mossa abile, ha cambiato il profilo istituzionale della Repubblica Islamica e dato il potere vero agli sconfitti Khatami e Rasfanjani. Questo è successo a ottobre, ma le diplomazie occidentali hanno fatto finta di non vedere e i media, pronti al combattimento, hanno preferito riportare le sparate del Bossi iraniano ferito nel potere, che arringava le sue plebi. I precedenti storici, inoltre, autorizzano negli iraniani un certo timore, visto che la Casa Bianca sta recitando un copione già visto. L’analisi della copertura offerta dal mainstream basta ad autorizzare definitivamente il sospetto. L’analisi è monocorde, l’approfondimento minimo e la prova del nove è rappresentata dalla sparizione di intere porzioni della realtà dello stato di proliferazione.

Si va dai giornali che tra i paesi “nucleari” fanno fatica a riconoscere Israele, a quelli che non si sono accorti dell’accordo (peraltro più che storico, visto che ha coinvolto nella svolta delle relazioni anche la stessa Arabia Sauditia) tra USA e India, per il quale l’India potrà produrre testate e comprare tecnologia nucleare americana. A molti è sfuggito che il Pakistan abbia “ufficialmente” venduto tecnologia e hardware nucleari a Libia, Iran, Arabia Saudita, Corea del Nord e chissà a chi altri. La “proliferazione” che preoccupa è solo quella dell’Iran, ma i paesi che potenzialmente potrebbero “proliferare” dalla sera alla mattina sono almeno una decina. L’Iran può continuare a perdere tempo o può decidere di “tagliare la testa al toro” e fare un test nucleare ufficializzando il possesso dell’atomica e svuotando di senso il dibattito.

Domenica 5 febbraio 2006, per stare agli esempi italiani, il Corriere della Sera riportava una intervista a un G-man dell’intelligence americana che non si diceva preoccupato dell’Iran, quanto dal fatto che, se il Pakistan cambierà regime, ci sarebbe da temere una collaborazione tra Pakistan ed Iran.
Ovviamente non è possibile che al Corriere, e nemmeno al G-man, sia sfuggito che più di un anno fa è scoppiato uno scandalo proprio perché dalla collaborazione dei due paesi erano spuntate atomiche dappertutto.
Dello stesso tenore sono analoghi “timori” che l’Iran acquisisca tecnologie dal mercato “clandestino”; mille volte abbiamo letto della pista che porta alle ex-repubbliche sovietiche…
Lo stupore per la pubblicazione e diffusione di queste ricostruzioni di fantasia e di comodo, è temperata dall’esperienza, anche recente. Sappiamo che l’Arabia Saudita non è criticabile sui media occidentali; allo stesso modo, sappiamo che il Pakistan non è criticabile in quanto “alleato” nella Global War on Terror. Eppure tutti sanno come sia da sempre doppiogiochista sopraffino: una dittatura militare che tiene il paese in pugno e gioca con tutti e contro tutti, unico paese dell’area, insieme all’Arabia Saudita, non preoccupato dalla corsa al nucleare di Teheran.

Acclarato che l’unica spiegazione razionale di questa crisi internazionale poggia sull’artificiosa costruzione di un nemico, in questo caso addirittura “nucleare” (peggio delle “armi di distruzione di massa” di Saddam), resta da vedere cosa sperino gli americani da questa pantomima, e se, in particolare, intendano attaccare militarmente l’Iran.

La strada della “guerra preventiva” sembra chiusa per sempre, un attacco militare all’Iran è da mettere nel novero delle ipotesi escludibili. Esiste la possibilità di una risposta nucleare di Teheran, esiste la possibilità di un attacco inefficace e, comunque, non esiste la possibilità di un attacco su larga scala per ammissione degli stessi americani.
L’Iran può anche uscire dal TNP senza che legalmente si possano prendere sanzioni - comunque improbabili ed inefficaci sulle forniture nucleari - e che non troverebbero il via libera di Cina e Russia. Le sanzioni peraltro danneggerebbero un primis i clienti del petrolio iraniano, al quale cinesi e giapponesi non possono semplicemente rinunciare.
E una crisi internazionale che certifichi l’isolamento degli Stati Uniti, è l’ultima partita che la Casa Bianca vorrebbe giocare. E non la giocherà.

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