di Luca Mazzucato


Bande di uomini incappucciati che si sparano ad ogni angolo di strada e mercenari che lanciano razzi Qassam verso Israele. Gaza city è una città fantasma di un milione di abitanti, nessuno si arrischia ad uscire di casa per paura dei proiettili vaganti, mentre oltre il muro gli israeliani in fuga da Sderot si rifugiano in una tendopoli. Dieci giorni fa, Israele lancia una massiccia offensiva contro Hamas e il premier palestinese Haniyeh, nel mirino dell'esercito, entra in clandestinità. Missili israeliani radono al suolo interi palazzi e i carriarmati degli occupanti invadono nuovamente la Striscia: la guerra civile si prende una pausa di qualche giorno e le milizie mascherate spariscono, bersaglio troppo facile per l'artiglieria israeliana. Le scuole e i negozi riaprono a Gaza e Olmert sblocca l'embargo all'ANP per aiutare l'alleato Abu Mazen a contro il nemico comune Hamas. In questa situazione paradossale, nel quarantesimo anniversario dell'occupazione, l'unica speranza rimasta è la proposta di una forza multinazionale araba a Gaza, sulla scia della missione UNIFIL in Libano. Sempre che qualche paese accetti di mandare i propri soldati.
Gaza durante la guerra civile è un posto agghiacciante. Per le strade di Gaza City e in tutta la Striscia, per quasi tutto il mese di maggio, è ripresa la guerra tra le milizie rivali di Hamas e Fatah, e di entrambe contro le bande armate delle potenti famiglie mafiose che controllano il territorio della Striscia. L'accordo della Mecca, che aveva portato in Febbraio all'attuale governo di unità nazionale tra Haniyeh e Abu Mazen, era riuscito a fermare per breve tempo gli scontri armati. Ormai invece è guerra aperta, i morti si contano a dozzine, da quando il ministro dell'interno palestinese si è dimesso, precipitando la situazione nel caos. Sono ricomparsi uomini armati e mascherati che improvvisano check-points e fermano le sporadiche automobili, alla ricerca di militanti della fazione rivale, che vengono poi arrestati o giustiziati. Dato che i seimila militanti di Hamas sono confluiti nelle forze di sicurezza governative, insieme ai circa settantamila di Fatah, tutti portano la stessa uniforme e non è nemmeno possibile distinguere l'appartenenza dei miliziani.

Esacerbando la ferocia e la stupidità degli attacchi, come quando un commando di Hamas ha assassinato per sbaglio cinque dei propri uomini, appena arrestati dalle forze di Fatah. Spesso proiettili volanti colpiscono i passanti alla ricerca di cibo. Per il resto, vige un ferreo coprifuoco, le scuole e i negozi sono chiusi. Agli scontri tra Fatah e Hamas si aggiungono le lotte tra le potenti famiglie mafiose. Poche famiglie posseggono infatti veri e propri eserciti privati e controllano intere città all'interno della Striscia, tanto che in certi villaggi nemmeno le forze di sicurezza, siano esse di Hamas o di Fatah, osano avvicinarsi. Alcune voci sostengono che il giornalista inglese della BBC Alan Johnston, rapito due mesi fa a Gaza, sia nelle mani di una di queste potenti famiglie, che controlla il sud della Striscia. Nemmeno durante l'occupazione israeliana la situazione era così drammatica. Una dimostrazione pacifica di cittadini, che chiedeva una tregua, è stata dispersa a colpi di fucile, mentre le radio, le tv e persino le università sono sotto il fuoco incrociato delle milizie. Vari cessate-il-fuoco negoziati tra Abu Mazen e Haniyeh sono durati solo poche ore, lasciando il posto a combattimenti sempre più violenti.

I razzi Qassam vengono lanciati senza sosta dal nord della Striscia, duecentocinquanta solo nelle ultime due settimane. A Beit Hanoun, a un chilometro dal muro, tutti ancora ricordano l'invasione dell'estate scorsa, quando il governo israeliano decise di radere al suolo il villaggio, facendo strage di civili, come rappresaglia per il rapimento del soldato dell'IDF Shalit da parte di Hamas. Ogni giorno, gruppi di militanti sparano numerosi Qassam al di là del confine, in direzione di Sderot, una cittadina israeliana di ventimila abitanti a ridosso della Striscia. I lanci si sono fatti più precisi, causando due vittime israeliane negli ultimi giorni. Le scuole sono chiuse da tempo in città, riaprono sporadicamente, ma quasi nessuno si fa vedere in aula. Data la palese assenza del governo, circa diecimila abitanti sono scappati da Sderot, chiedendo aiuto al magnate israeliano Arkady Gaydamak, che ha sborsato milioni di shekel per creare una tendopoli per gli sfollati.


A questo punto, Olmert ha deciso di agire, sotto la pressione dell'opinione pubblica e dei media, nonostante sia evidente l'impossibilità di fermare il lancio dei razzi manu militari, come più volte ribadito dagli stessi vertici dell'IDF dello Shin Bet. Il governo ha dato il via libera all'ingresso dei carriarmati nella Striscia, lanciando contemporaneamente un'offensiva aerea contro uomini e strutture di Hamas a Gaza e arrestando sindaci e parlamentari di Hamas in West Bank. Contemporaneamente, sono ripresi gli assassini mirati dei dirigenti di Hamas, minacciando lo stesso premier Haniyeh, che è entrato in clandestinità insieme ai membri del governo. Due settimane di attacchi aerei e artiglieria pesante hanno provocato la morte di oltre settanta palestinesi. Tuttavia, l'offensiva israeliana non ha fermato il lancio dei razzi, tanto che nel governo si comincia a discutere di strategie alternative. Alcuni ministri, seguendo Netanyahu, hanno proposto di tagliare acqua e luce in tutta la Striscia, visto che i palestinesi dipendono totalmente da Israele per gli approvvigionamenti. Il ministro Lieberman ha proposto di dichiarare Gaza un'entità ostile e in sostanza di bombardare a tappeto finché non si fermino i razzi, anche se questa strategia è già stata tentata in Libano l'estate scorsa senza alcun risultato.

Abu Mazen, che chiama i Qassam “futility rockets”, continua inutilmente a chiedere lo stop dei lanci, che giustificano agli occhi degli occidentali le micidiali rappresaglie israeliane. Ma la totale anarchia nella Striscia ha la meglio anche in questo caso. Persino Haniyeh ha cercato di fermare i Qassam, ma i lanci continuano senza sosta per contrasti interni dell'ala militare di Hamas. Una recente inchiesta di Ha'aretz, infatti, ha rivelato che per il lancio di ogni razzo vengono offerti ai giovani della Striscia cinquemila dollari. Nonostante sia estremamente rischioso (gli israeliani sparano a vista sui sospetti), non mancano certo i volontari, data l'entità della somma e l'altissima disoccupazione nella Striscia. La strategia del lancio di Qassam da Gaza, se strategia si può chiamare, è stata spiegata da Khaled Meshal, leader di Hamas in esilio a Damasco. In un'intervista a The Guardian, Meshal ha dichiarato che “sotto occupazione la gente non si chiede se i propri mezzi siano efficaci per colpire il nemico: gli occupanti hanno tutti i mezzi per far soffrire la popolazione che controllano, mentre i palestinesi hanno solo mezzi modesti, quindi devono utilizzare tutto quello che possono.” Anche se le rappresaglie israeliane causano decine e decine di morti.

La situazione è disperata e la frustrazione è arrivata a tal punto che la gente comune, nelle case, sussurra di rimpiangere l'occupazione israeliana. Gli scontri tra fazioni palestinesi si sono fermati improvvisamente solamente quando l'esercito israeliano ha invaso il nord della Striscia, prendendo posizione a ridosso di Beit Hanoun. Quando gli israeliani bombardano Gaza in questi giorni, gli uomini mascherati si nascondono: le scuole riaprono e la gente può correre a fare la spesa, per poi tornare a chiudersi in casa, possibilmente in stanze senza finestre, al sicuro dalle pallottole vaganti. L'opinione corrente tra i palestinesi però è che questa sia soltanto una breve pausa negli scontri e, appena gli occupanti sospenderanno gli attacchi, riprenderà la guerra fratricida più feroce di prima. Olmert ha fatto una mossa a sorpresa in questo senso: il governo ha deciso di levare l'embargo all'ANP, in vigore dalla vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi del Gennaio dell'anno scorso.

In questo modo, Israele trasferirà direttamente ad Abu Mazen settecento milioni di dollari, per rafforzare la sua leadership vacillante. L'ingente somma verrà trasferita probabilmente attraverso il Temporary International Mechanism, ovvero il canale di finanziamento ideato dall'UE, che permette di pagare direttamente i salari dei dipendenti dell'ANP bypassando il governo di unità nazionale in cui partecipa Hamas. Questa mossa a sorpresa è stata imposta a Israele dal recente cambiamento di rotta dell'amministrazione americana, che sta facendo pressioni su Israele nella ricerca di un negoziato con i Paesi Arabi da una parte, mentre dall'altra fa di tutto per rafforzare le forze di sicurezza di Fatah a Gaza negli scontri contro Hamas.

È ormai chiaro che in questa situazione di totale anarchia, l'unica speranza per Gaza sia un massiccio intervento internazionale. Persino il governo Olmert e l'IDF sono coscienti del fatto che solo una capillare occupazione della Striscia potrebbe fermare i Qassam. Ma in questo modo l'esercito sarebbe impantanato negli scontri tra Hamas e Fatah, con la probabile prospettiva di coalizzare le tutte le fazioni palestinesi contro gli occupanti, come si è visto in queste due settimane di “prove generali” dell'occupazione. Sta finalmente prendendo piede anche in Israele l'idea di una forza di pace sul modello UNIFIL, che si schieri sui confini di Gaza. Questo toglierebbe d'impiccio la leadership israeliana, che al momento brancola nel buio, priva di qualsiasi strategia.

Timide aperture in questo senso sono venute dal ministro degli esteri Livni, che ha posto però come precondizione la richiesta che le truppe internazionali fermino il lancio dei Qassam, blocchino il traffico di armi nei tunnel sotto il valico di Rafah e infine disarmino le milizie palestinesi. Altri ministri hanno espresso opinioni favorevoli al riguardo, precisando che l'Egitto dovrà farsi carico del comando della missione. Tuttavia, Hamas ha rigettato con sdegno la proposta, evidentemente per timore di vedere intaccata la propria posizione di superiorità militare nella Striscia, mentre fonti egiziane hanno espresso forti perplessità. Sembra tuttavia sempre più evidente che, senza l'intervento esterno, la polveriera di Gaza si sta trasformando in un teatro di guerriglia permanente, come già fu il Libano, un'enorme prigione a cielo aperto in cui l'IDF fa il tiro a segno e in cui le milizie rivali e le famiglie mafiose accumulano armi senza sosta.

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