di Carlo Benedetti

La spy-story sull'omicidio di Litvinenko si arricchisce di un nuovo capitolo. La Procura della Corona ha infatti deciso di incrimare l'uomo d'affari e ex agente segreto Andrei Lugovoi per l'uccisione dell'ex spia del Kgb morta il 23 novembre scorso a Londra avvelenata dal polonio. La magistratura britannica ha spiegato che ci sono "prove sufficienti" per l'atto di accusa nei confronti dell'uomo che, insieme ad altre due persone, aveva incontrato Litvinenko all'albergo Millenium di Londra. La vedova dell'ex agente russo, Marina Litvinenko, si è detta soddisfatta della decisione della procura di Londra e ha auspicato che i colpevoli vengano assicurati alla giustizia. "Non vedo l'ora di vedere che giustizia sia fatta e che il signor Lugovoi sia estradato e portato in tribunale". Dalla Russia però non arrivano segnali confortanti. Secondo l'agenzia Ria Novosti, che cita una fonte della procura generale di Mosca, Lugovoi non sarà estradato. "In base alla Costituzione della Federazione di Russia, i suoi cittadini non possono essere estradati per essere processati in altri Paesi e Lugovoi è un cittadino della Federazione russa". Nel frattempo, oltre che materia per gli investigatori, la vicenda di Litvinenko sembra diventare anche materia per i cineasti. Gli “ingredienti” ci sono tutti: ex spie del Kgb e morti misteriose causate dal polonio radioattivo, agenti della Cia e dell’israeliano Mossad che si aggirano tra Londra e Roma, guerriglieri ceceni finanziati da un miliardario fuggito dalla Russia e riparato in Inghilterra, delitti su commissione con giornalisti che scompaiono freddati a colpi di Mauser, pub ed hotel di lusso, un Cremlino misterioso assediato da oligarchi che manovrano i media... Eppure per lui - John Le Carrè, l’incontrastato Amleto delle spy story - è tutto inutile perché l’avventura dell’accoppiata Litvinenko-Scaramella, per ora, “ha solo grossi risvolti tragicomici” e, quindi, pensare ad un thriller-istant-book - dove contrapporre interpretazione a spiegazione, verità a comprensione - è praticamente inutile. E così tutto il reticolo di uomini messi in piedi da Kgb, Cia, Intelligence Service e Mossad dovrebbe restare oggetto di sole ricerche politiche e poliziesche. Invece avviene proprio il contrario.

Perchè Aleksander Valterovich Litvinenko (ex colonnello dell’intelligence russa, fatto fuori a Londra il 23 novembre dello scorso con una contaminazione radioattiva da polonio 210) e il napoletano Mario Scaramella, coinvolti in tutta questa spy-story, stanno per entrare nel mondo dei pirotecnici film e bestseller basati sugli 007.

E su questa scena si presenta subito la vedova di Litvinenko, Marina. Donna intraprendente che cerca di fare della sorte toccata al marito un “affare”. Si affida così alle mezze verità lasciando intendere di essere in grado di gettare luce su zone sommerse. Ed eccola entrare in rapporto diretto con Aleksandr Goldfarb, l’uomo che è stato accanto a Litvinenko sino al momento della morte. In pratica la sua voce e il suo rappresentante.

Goldfarb è un personaggio per certi versi misterioso, implicato in avventure più grandi di lui. E’ presidente di una "Foundation for Civil Liberties", che si presenta come un ente che svolge attività di beneficienza. Ma che, nello stesso tempo, riceve grossi finanziamenti dall’oligarca-miliardario Boris Berezovsky, esponente di quella mafia russo-ebraica che si è formata sulle privatizzazioni dell’era Eltsin. (Anche lui, come Litvinenko, ha poi trovato asilo d’oro a Londra, ma ha cambiato nome. Ora si chiama: Platon Elenin).

Ed ecco che Marina e Goldfarb si accingono a scrivere un libro sulla sorte di Litvinenko. E già hanno venduto i diritti alla Columbia Pictures che si è impegnata a trarne un film. Tutto con la benedizione dell’oligarca Berezovsky-Elenin.
Altro libro che finirà sul grande schermo è quello che Jurij Georgievich Felshtinsky ha scritto, a suo tempo, con Litvinenko. Ma l’autore reale è lui, Felshtinsky uno storico di origini russe che vive a Boston.

L’opera è intitolata "Blowing up Russia: terror from Within". Duecento pagine, una piccola casa editrice di Spring Street, SohoManhattan - Spi books. Ma il testo non è mai arrivato in Russia. Circola solo in un samizdat post-sovietico perchè la “lettura” è stata proibita dal Cremlino dal momento che Felshtinsky sostiene che gli attentati a Mosca e a Volgodonzk degli anni scorsi furono organizzati dai servizi russi e, quindi, non dai ceceni. Ed ecco che torna la pista filo-cecena sponsorizzata dal magnate Berezovsky-Elenin...

Sullo sfondo di tutte le avventure, intanto, si agita la figura dello Scaramella napoletano, con i suoi rapporti con il mondo politico italiano e russo. Tutto nel clima di una serata vissuta in un ristorante nella zona di Piccadilly...
Andiamo avanti in questa bibliografia dello 007 russo. C’è ora la compagnia Braun Entertreinement che propone un grosso onorario per un nuovo libro dal quale trarre un nuovo film e l’attore che dovrebbe fare la parte di Litvinenko dovrebbe essere, Daniel Craig (quello di Casino Royale) l’ultimo James Bond.

Anche la Warner Brothers si mette in corsa per comperare i diritti di un thriller scritto dal giornalista inglese Alan Kowel, responsabile dell’ufficio di corrispondenza da Londra del New Jork Times. L’opera - La storia di Sascia: vita e morte di una spia russa - dovrebbe essere portata sullo schermo dal produttore Johny Deep, che sarà anche l’attore principale. E sempre dall’Inghilterra arriva la notizia che la tv - il Canale 4 - vuole produrre un serial sulla vita e sulla morte di Litvinenko: il regista sarà Peter Kosminskij.

C’è quindi posto per tutti. L’ex agente del Kgb verrà immortalato nonostante il parere negativo di Le Carrè. Ed anche il “nostro” Scaramella si conquisterà alcune pagine ed inquadrature. E si ricorderà - come già fanno alcuni media inglesi - che nella vicenda di Londra, il polonio non è stato l’unico ingrediente “giallo”. Perchè dal suo letto di morte Litvinenko prima di esalare l’ultimo respiro è stato addirittura in grado di scrivere una lettera con una impressionante accusa a Vladimir Putin. Di averlo ammazzato. Ci sono così tutti gli “ingredienti”. Tanto più se si ricorda che anni fa a Mosca viveva un certo Paul Klebnikov, giornalista americano di origini russe fondatore dell'edizione russa di Forbes Magazine; colpevole di aver scritto un libro - Godfather of the Kremlin (Il Padrino del Cremlino) - in cui descriveva i boss mafiosi della Russia abituati a commissionare la morte dei propri rivali. Fu ucciso nel 2004.


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