di Carlo Benedetti

Le armate ucraine ribelli, fedeli al Presidente Yushenko (filoccidentale), sono in marcia verso Kiev. L’obiettivo è quello di intimorire la maggioranza governativa del filorusso Yanukovic. Si assiste ad una sorta di armiamoci e partite, con il grande capo ribelle che sta in finestra a guardare dopo aver sollecitato una guerra civile che è già all’orizzonte. E così l’Ucraina vive ore difficili. Divisa tra un ovest contadino, filoamericano, cattolico e occidentale e un est industriale, ortodosso e filorusso. Ma questa volta si sta superando la soglia dell’allarme. Perché a muoversi sono i militari che, sollecitati dal presidente Yushenko (appunto: l’uomo dell’ovest), convergono sulla capitale Kiev attaccando l’uomo di Mosca, Yanukovic. E questo vuol dire che si è ad un’insurrezione. La rivolta, manovrata dal presidente, trova adesioni nel campo dell’Armata Ucraina e, comunque, del suo Stato maggiore. Ci sono già migliaia di soldati delle “forze speciali” (una sorta di carabinieri) mobilitati e pronti a seguire gli ordini del loro comandante Alexandr Kikhtenko che respinge gli ordini del ministro degli Interni Vassili Tzushko. Si va verso un conflitto che potrebbe portare a veri e propri scontri armati. La strategia passa dalla politica alle soluzioni armate. Intanto il contenzioso che sconvolge il vertice del Paese è quello noto già da tempo. Perché l'Ucraina sconta una forte disparità territoriale fra l’Est più industrializzato e l'Ovest nazionalista ancora rurale. La stessa disparità si nota nella componente etnica, linguistica e religiosa. Territorialmente, l'assetto postsovietico è stato definito dagli accordi del 1991 che posero fine all'Urss: ma una questione resta risolta solo sulla carta, quella della Repubblica autonoma di Crimea - unica entità a fregiarsi di questo titolo, accanto a 24 regioni - che fu «regalata» nel 1954 a Kiev dall'allora Segretario generale del partito comunista sovietico, Nikita Kruscev. Mosca ha accettato di non mettere in discussione l'appartenenza della penisola al vicino solo dopo duri negoziati e uno scambio con la base navale di Sebastopoli e la divisione della Flotta ex sovietica del Mar Nero. Ma l’Ucraina resta pur sempre a rischio. E la sua posizione nel cuore dell’Europa diviene sempre più una mina vagante. Intanto la scena politico-istituzionale è occupata da tre personaggi - Yushenko, Yanukovic e Timoscenko – dai quali dipendono i prossimi avvenimenti. Tutti a cavallo tra scelte democratiche o soluzioni autoritarie. Ecco gli attori di questa vicenda ucraina.

VIKTOR ANDRIJOVIC YUSHENKO nato il 23 febbraio 1954 è l'attuale presidente della Repubblica ucraina. Guida il partito "Jaklupova Garadinikov" dal 1978; nel periodo sovietico finisce in carcere per attività antisovietiche. Dal 1990 riprende la guida del partito che ha come simbolo la bandiera ucraina con una spiga di grano rossa e un sole. Nel dicembre 1999 è nominato Primo ministro dal presidente Leonid Kucma. Nel 2002 diviene presidente della coalizione politica “Nasa Ukrajina” (Nostra Ucraina). Risulta sconfitto nelle contestate elezioni presidenziali del 2004. A seguito di una manifestazione di piazza, voluta dalla coalizione Arancione, le autorità ucraine decidono di scongiurare rischi di una possibile guerra civile rifacendo le elezioni. Il 26 dicembre 2004 le consultazioni sono ripetute e Yushenko è eletto presidente. Si insedia il 23 gennaio 2005. Dal 2004 soffre di una grave patologia che ha visibilmente deformato il suo viso; diverse sono state le speculazioni sull'origine del male a partire da un supposto avvelenamento da diossina. Nel luglio del 2006 un professore di medicina, il russo Igor Gundarov avanza invece l'ipotesi che il presidente sia affetto da una forma contagiosa di lebbra. Intanto numerose sono le accuse contro Yushenko. E’ considerato un filoamericano ed antirusso. E sono in molti a far rilevare che sua moglie è nata negli Usa da una famiglia di ucraini emigrati.

VIKTOR FEDOROVYC YANUKOVYC nato nella regione del Donetsk il 9 luglio 1950, è il primo ministro dell'Ucraina. È inoltre il leader del partito che rappresenta le regioni. Ingegnere. E’ stato governatore della città di Donetsk.

JULIA VOLODYMYRIVNA TIMOSHENKO è nata il 27 novembre 1960. In Ucraina la chiamano “Lady di ferro”, ma anche “Pasionaria di Kiev”. E viene spesso paragonata a Giovanna d’Arco, a Lady Macbeth, a Margaret Thatcher e a Imelda Marcos. Imprenditrice nel settore energetico con una parentesi in carcere per corruzione. E’ stata una delle protagoniste della protesta "arancione" contro Yanukovic. E’ considerata come la paladina di una "rivoluzione", che vorrebbe esportare anche nelle altre ex-repubbliche sovietiche. Da sempre accanita critica della Russia, è, per Mosca, il simbolo del tradimento ucraino. E’ stata vice premier nel primo governo di Yushenko (1999-2000). Ma il premier l’ha anche criticata aspramente accusandola di aver approfittato del ruolo favorendo gli interessi di lobby industriali invece che pensare al bene del Paese. Secondo la rivista Forbes (edizione del 28 luglio 2005) è la terza più potente donna del mondo, dopo il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice e la ministra cinese Wu Yi. In Ucraina è anche nota per aver ispirato un film porno e su Internet, nel motore di ricerca russo “Jandex”, si trova un fotomontaggio che spopola tra i suoi fan. Lei è nuda e sorridente. Ora è anche al centro di un romanzo giallo che si intitola “Juliana Vikos” e che ha già venduto un milione e settecentomila copie.

Personaggi a parte la scena ucraina è dominata dai suoi problemi, dalle sue cifre, dai suoi dati. Con Yanukovic che respinge le mosse dei suoi avversari scaricando tutte le colpe per i mancati successi economici sulla congiuntura negativa e sulla recente “guerra del gas”. Con la Russia che ha evidenziato tut¬te le debolezze di un Paese che si vuole aprire all'Occidente e affrancare dall'ombra di Mosca, ma ne dipende quasi totalmente in un settore chiave come quello dell'energia. L'Ucraina – è noto - possiede il 40% delle riserve mondiale di manganese, il 12% di quelle di ferro, l’8% di quelle di mercurio, ha ricche miniere di uranio e di carbone, nonché vaste estensioni di campi fertilizzanti chiamate "terre nere”, ma resta un Paese fondamentalmente povero, in parte a causa delle obsolete industrie e infrastrutture rimaste dai tempi sovietici, in parte per una cattiva gestione dell'economia. Con i suoi 603.700 chilometri quadrati di territorio e oltre 50 milioni di abitanti, potrebbe ambire ad un posto di rilievo fra i grandi Paesi europei: è questa la scommessa della leadership nata dalla "rivoluzione arancione” e che ora prova nuovamente a portare in prima linea il Paese sfuggendo così al potere del gigante russo.

Intanto la marcia su Kiev continua. La capitale vive ore d’allarme con tutte le finestre del parlamento e del governo che di notte illuminano una città che assume un tono spettrale perchè pattugliata da mezzi blindati. Ma anche a Mosca il Cremlino veglia. La situazione potrebbe precipitare e l’Ucraina di Yanukovic, per respingere le mosse del presidente ribelle e del suo popolo arancione, potrebbe appellarsi alla Csi, la Confederazione di Stati Indipendenti, che si troverebbe coinvolta, per la prima volta, in un’operazione di sicurezza all’interno di un paese dell’ex Unione Sovietica. L’Ucraina, appunto, catapultata sulla scena internazionale con il dramma di un golpe e di una rivolta militare. Un’Ucraina da guerra civile dove l’America di Bush e la Polonia hanno già le loro quinte colonne. Alla parte filorussa del Paese – quella delle industrie e della classe operaia – non resterà che fare appello alla tradizionale amicizia slava. E la Russia è un paese slavo.

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