A giudicare dall’attività legislativa del Congresso di Washington, lo spettro del comunismo sembra essere tornato ad aggirarsi anche negli Stati Uniti in questi ultimi tempi. La Camera dei Rappresentanti ha infatti approvato recentemente e con una larghissima maggioranza una legge che punta a inculcare agli studenti americani una serie di falsità storiche per screditare o addirittura criminalizzare l’ideologia comunista e le esperienze politiche da essa derivate. Il provvedimento è stato battezzato “Crucial Communism Teaching Act” e, se dovesse essere licenziato anche dal Senato, dove è attualmente in discussione, diventerà legge del paese, aprendo la strada con ogni probabilità a una nuova ondata di isteria e, forse, di persecuzioni maccartiste.

 

Come si legge nel testo della legge, l’obiettivo dei promotori è di insegnare agli studenti che “alcune ideologie politiche, inclusi comunismo e totalitarismo, sono in conflitto con i principi di libertà e democrazia, essenziali nella fondazione degli Stati Uniti”. In altre parole, il Congresso vuole indottrinare i giovani americani circa la validità del modello capitalista, nello specifico la sua versione ultra-liberista, come unica ideologia e sistema economico-sociale accettabile.

La decisione di discutere e approvare una legge di questo genere non è casuale né il frutto di nostalgie da Guerra Fredda. La crociata ideologica contro il comunismo si spiega in primo luogo con il crescente interesse, soprattutto tra le generazioni più giovani, per modelli alternativi a quello ultra-screditato e in rapido declino a cui le popolazioni occidentali e non solo sono costrette a uniformarsi.

Moltissimi sondaggi hanno evidenziato l’insoddisfazione diffusa per il capitalismo negli ultimi anni. In occasione delle elezioni presidenziali di novembre, rilevazioni di opinione pre-voto ed exit poll avevano evidenziato come circa il 70% degli americani aveva una visione pessimistica dello stato del paese. In modo più specifico, nel 2019 un sondaggio pubblicato dalla testata on-line Axios mostrava come il 48% degli adulti americani sotto i 35 anni sostenesse di preferire il socialismo al capitalismo. Una percentuale che saliva al 57% per le sole donne.

Anche la stessa promotrice del “Crucial Communism Teaching Act”, la deputata repubblicana della Florida Maria Elvira Salazar, nel presentare la legge mesi fa aveva avvertito che 1 su 5 “millennial” e 1 su 3 degli appartenenti alla “generazione Z” vede positivamente il comunismo. L’istituto Pew Research Center, a sua volta, nel 2022 aveva rilevato una flessione dell’8% rispetto a soli tre anni prima del gradimento del sistema capitalistico tra gli americani adulti (57%).

In questo quadro, la classe politica americana ha ritenuto di dovere agire per scoraggiare preventivamente qualsiasi interesse nel marxismo e nel socialismo. La legge propone un curriculum di studi per mettere in cattiva luce i modelli alternativi al capitalismo e lo fa basandosi su propaganda fascistoide senza nessun valore accademico. Il programma fa riferimento cioè all’attività della “Victims of Communism Memorial Foundation” (VOC), un’organizzazione creata nel 1993 per promuovere la propaganda dell’imperialismo americano. La VOC è stata fondata, tra gli altri, da feroci anti-comunisti che hanno ricoperto anche importanti incarichi governativi, come il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter, Zbigniew Brzezinski.

La legge in discussione si basa su numeri fantasiosi diffusi da questa fondazione e intende spiegare agli studenti americani che il comunismo ha causato oltre 100 milioni di vittime in tutto il mondo. Un miliardo e mezzo di persone vivrebbe invece ancora oggi in condizioni di sofferenza sotto sistemi comunisti. La prima cifra si basa sulle assurde stime riportate dal famigerato Libro Nero del Comunismo scritto dallo “storico” francese, Stéphane Courtois, con il contributo di altri accademici, molti dei quali dopo la pubblicazione avevano preso le distanze dal volume per via degli errori e delle distorsioni storiche in esso contenute.

Una sola citazione rende l’idea della serietà del libro a cui il “Crucial Communism Teaching Act” si ispira. Per arrivare a quota 100 milioni vengono cioè conteggiati come vittime del comunismo anche i morti causati dalla guerra tra la Germania nazista e l’Armata Rossa sovietica nel secondo conflitto mondiale. Alla condanna del comunismo non si accompagna invece quella degli orrori nazisti. D’altra parte, un altro dei fondatori della “Victims of Communism Memorial Foundation”, l’ex diplomatico americano di origine ucraina Lev Dobriansky, era stato anche il fondatore dell’organizzazione anti-comunista “National Captive Nations Committee” (NCNC), strettamente legata alla Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), i cui membri collaborarono con i nazisti durante l’invasione della repubblica sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.

Un altro punto del programma promosso dalla legge prevede conferenze e interventi di personalità presumibilmente vittime dell’ideologia comunista. Il piano viene chiamato “Portraits in Patriotism” e dovrebbe servire agli studenti per ascoltare testimonianze dirette di presunti combattenti per la libertà e la democrazia, oppressi dai regimi comunisti. Gli sponsor della legge prendono evidentemente spunto da un progetto simile sempre della VOC che, com’era facile prevedere, comprende tra le “vittime del comunismo” un gran numero di uiguri, l’etnia turcofona di religione islamica che vive nella regione autonoma cinese dello Xinjiang.

La loro causa è da tempo al centro, oltre che delle manovre della CIA, della propaganda americana e occidentale in genere, la quale sostiene, nonostante prove dimostrate del contrario, che questa minoranza venga spietatamente repressa da Pechino, tanto da giustificare la definizione di genocidio. La sorte degli uiguri è esplicitamente citata come materia di insegnamento, assieme all’attitudine aggressiva della Repubblica Popolare Cinese nei confronti di Taiwan, “alleato democratico degli Stati Uniti”.

Il riferimento alla Cina conduce al secondo dei principali obiettivi della legge, dopo quello di arginare il crescente interesse per socialismo e comunismo tra i giovani americani. Questo paese deve essere cioè messo in pessima luce non tanto perché guidato da un “regime comunista”, ma per la minaccia che esso rappresenta alla declinante egemonia degli Stati Uniti nel pianeta. È chiaro che la formazione di un’immagine simile della Cina serve nel medio o lungo periodo a preparare le nuove generazioni a una guerra catastrofica con Pechino.

La sostanziale criminalizzazione del comunismo si ricollega anche alla campagna di pressioni sui paesi latinoamericani non allineati agli interessi americani. Venezuela, Cuba e Nicaragua vengono ad esempio bollati molto spesso dal governo USA come dittature comuniste. La deputata Salazar, promotrice del “Crucial Communism Teaching Act”, aveva già presentato a questo proposito un altro provvedimento (“FORCE Act”) nel 2023 che proibiva la rimozione di Cuba dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo fino a che non avesse soddisfatto una serie di condizioni, ovviamente dettate dagli Stati Uniti.

La legge approvata dalla Camera un paio di settimane fa si inserisce così in un clima di crescente maccartismo che minaccia di peggiorare con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. La scorsa estate in campagna elettorale, l’allora candidato repubblicano aveva minacciato di vietare l’ingresso negli Stati Uniti “a tutti i marxisti e comunisti”, a suo dire intenzionati a “distruggere l’America”. Ancora peggio, Trump aveva poi sollevato la questione relativa ai “comunisti” che già risiedono in territorio americano, ipotizzando una legge per autorizzarne la deportazione.

Il sostegno a queste politiche è comunque sostanzialmente bipartisan. Il via libera alla camera bassa del Congresso USA è arrivato con 327 voti a favore e appena 62 contrari. Ai 171 repubblicani favorevoli si sono aggiunti ben 156 democratici. Tra questi ultimi è inclusa anche la maggioranza del gruppo democratico “progressista”, nonché il leader di minoranza, Hakeem Jeffries, e l’ex “speaker”, Nancy Pelosi.

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