Shigeru Ishiba, nuovo leader del Partito Liberal Democratico (LDP), è stato eletto oggi primo ministro del Giappone, subentrando a Fumio Kishida. Ishiba, figura di lunga esperienza politica e già più volte ministro della Difesa, eredita un paese alle prese con complicate sfide economiche interne e una complessa rete di equilibri internazionali, soprattutto nella regione “Asia-Pacifico”. La sua nomina segna un mix di continuità e potenziali cambiamenti, con un particolare occhio di riguardo per la politica estera e le relazioni con gli Stati Uniti.

 

Ancora prima del voto di martedì in parlamento che ha ratificato la sua nomina a primo ministro, Ishiba aveva annunciato lo scioglimento anticipato del parlamento e indetto elezioni anticipate per il 27 ottobre prossimo. Una mossa criticata dall’opposizione sia per i tempi molto stretti di campagna elettorale, sia perché la decisione era stata appunto annunciata ancora prima di assumere la carica ufficiale di capo del governo.

La scadenza naturale della camera bassa del parlamento di Tokyo era prevista nell’ottobre del 2025, ma non è infrequente per i nuovi leader di governo giapponesi indire elezioni anticipate con l’obiettivo di consolidare la propria posizione nel partito e nel paese. Ishiba era stato eletto settimana scorsa a capo del LDP dopo una contesa particolarmente accesa. Nella prima fase del processo di selezione aveva prevalso l’ultra nazionalista Sanae Takaichi, ma nel turno decisivo, dove ad avere maggiore potere decisionale sono parlamentari del partito, ha prevalso di misura Ishiba.

Quest’ultimo sembra essere non particolarmente gradito alle varie fazioni che compongono il LDP per via delle posizioni spesso critiche assunte nei confronti dei vari leader succedutisi negli ultimi decenni. Proprio la fama di (relativo) “outsider” può avere aiutato la sua ascesa al vertice, visto che il partito che governa quasi ininterrottamente il Giappone dal secondo dopoguerra esce da una serie di scandali, legati a episodi di corruzione e traffici di influenze, che lo ha gravemente screditato agli occhi degli elettori.

Continuità e differenze in economia

Sul fronte economico, Ishiba sembra destinato a mantenere molte delle politiche messe in atto dai suoi predecessori, in particolare la strategia conosciuta come "Abenomics", avviata da Shinzo Abe e proseguita dal dimissionario Kishida. Ishiba, come i suoi predecessori, è favorevole a un'agenda economica basata su stimoli fiscali, supporto all'industria nazionale e investimenti in infrastrutture per sostenere la crescita, cercando di combattere la stagnazione economica che affligge in maniera cronica il Giappone.

Tuttavia, Ishiba si distingue per un'enfasi maggiore sulla redistribuzione della ricchezza e sul sostegno alle aree rurali del paese, un punto cruciale per la sua base elettorale. Mentre l'approccio di Kishida era incentrato su una presunta "nuova forma di capitalismo" con una maggiore attenzione ai dividendi aziendali e agli investitori, Ishiba sembra orientato a rafforzare il potere d'acquisto della classe media e a rivedere alcune delle politiche che hanno finito per aumentare le disuguaglianze. Anche la questione della sostenibilità economica a lungo termine, in un paese con una popolazione sempre più anziana, sarà centrale nel suo mandato.

Politica estera: tra continuità e nuove ambizioni

Il vero banco di prova per Ishiba potrebbe però essere la politica estera, dove le sue posizioni si distaccano in maniera più significativa da quelle dei suoi predecessori. Storicamente, il Giappone ha mantenuto un forte legame con gli Stati Uniti, in un'alleanza asimmetrica forgiata nel dopoguerra. Tuttavia, Ishiba ha più volte espresso il desiderio di riequilibrare questa relazione, cercando una maggiore autonomia per il Giappone in materia di sicurezza e politica internazionale.

Sebbene sia estremamente improbabile che Ishiba abbandoni l'orientamento filo-americano che caratterizza la politica estera giapponese, le sue dichiarazioni suggeriscono che intenda perseguire un rapporto più paritario con Washington. L'attuale trattato di sicurezza, che garantisce la protezione del Giappone sotto l'ombrello nucleare statunitense, è visto da Ishiba come un accordo che necessita di revisione, poiché riflette ancora le dinamiche post-belliche che mantengono il Giappone in una posizione di subalternità. Il premier riflette insomma l’opinione di una crescente frangia della classe dirigente giapponese che ritiene che Tokyo debba rivedere il suo ruolo regionale e ambire a diventare una potenza più indipendente.

In questo contesto, il progetto di Ishiba di promuovere una "NATO asiatica" potrebbe creare attriti con gli Stati Uniti. Washington ha da tempo consolidato la sua presenza nell’Asia-Pacifico con l'intento di contenere l'influenza crescente della Cina, e un'alleanza regionale più equilibrata potrebbe essere percepita come una minaccia alla supremazia americana nell'area. Il desiderio di Ishiba di rafforzare la cooperazione con altri paesi asiatici, tra cui l'Australia, l'India e i membri dell'ASEAN, è in linea con una visione più assertiva del ruolo giapponese, ma contrasta con la strategia statunitense, che mira a mantenere uno stretto controllo sui suoi alleati per bilanciare la “minaccia” cinese.

La sfida della Cina e l'ambizione giapponese

La crescita della Cina come potenza regionale è una delle preoccupazioni principali per il Giappone, e sotto la guida di Ishiba è probabile che Tokyo adotterà una linea sempre più aggressiva in risposta all'espansione economica e militare di Pechino. Tuttavia, la strategia di Ishiba non si limiterà a un confronto diretto, ma cercherà piuttosto di rafforzare il ruolo del Giappone come leader regionale in modo da offrire una valida alternativa all'influenza cinese.

Le ambizioni del nuovo primo ministro riflettono una visione della classe dirigente giapponese che desidera trasformare il paese in una potenza regionale a pieno titolo. Questo significa espandere la propria influenza diplomatica e militare nell'area Asia-Pacifico, spingendo per un ruolo più attivo nel mantenimento della stabilità regionale. Un obiettivo che include, almeno in teoria, la possibilità di istituire basi militari giapponesi sul territorio dell’alleato americano, proprio Washington fa con il Giappone. In questo caso, il pensiero di Ishiba è all’isola di Guam nel Pacifico, evidentemente funzionale alle aspirazioni da grande potenza regionale di Tokyo.

Nonostante le aspirazioni di una maggiore indipendenza, è probabile comunque che il Giappone continuerà a cooperare strettamente con gli Stati Uniti nel contenimento della Cina, anche se con una maggiore enfasi su un partenariato alla pari. I richiami alle posizioni del defunto premier Shinzo Abe, peraltro sempre avversato a livello pubblico da Ishiba, evidenziano anche un potenziale pragmatismo, dettato dalle inclinazioni marcatamente nazionaliste, nelle relazioni ad esempio con la Russia.

In conclusione, la leadership di Ishiba potrebbe inaugurare una nuova fase per il Giappone, caratterizzata da una crescente assertività economica e politica a livello internazionale. Sebbene la continuità con le politiche del passato rimanga evidente, soprattutto in campo economico, è nella sfera della politica estera che si potrebbero vedere le trasformazioni più significative, con il Giappone deciso a rivendicare un ruolo di primo piano nello scacchiere dell'Asia-Pacifico.

Ciò che si intravede nel primo giorno del mandato alla guida del governo giapponese di Shigeru Ishiba sarà in ogni caso difficilmente implementabile, tanto più in uno scenario domestico e internazionale di profonda crisi. È probabile, in altre parole, che gli Stati Uniti e il tradizionale apparato di potere non eletto che esercita storicamente un forte influenza sulla politica del Giappone, ovvero una sorta di “deep state” nipponico, finiscano per limitare la libertà di manovra del neo-premier.

Un’analisi pubblicata dal sito Responsible Statecraft ha ricordato a questo proposito la sorte dell’ultimo capo del governo giapponese che era arrivato al potere con ambizioni legate alla formulazione di una politica estera più indipendente. Si tratta dell’ex leader del principale partito di opposizione – Partito Democratico del Giappone; oggi diventato Partito Costituzionale Democratico – Yukio Hatoyama. Il suo programma prevedeva una distensione dei rapporti con i paesi vicini, inclusa la Cina, e la messa in discussione delle basi militari americane in Giappone. Dopo nemmeno nove mesi, Hatoyama fu costretto alle dimissioni a causa di una crescente crisi politica, per essere poi sostituito in successione da due compagni di partito su posizioni di politica estera decisamente più convenzionali.

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