Le immagini e le statistiche ufficiali della strage in corso a Gaza consegnano alla comunità internazionale un quadro devastante della realtà che stanno vivendo da nove mesi i palestinesi nella striscia. La situazione effettiva potrebbe essere tuttavia, anzi è senza dubbio, infinitamente più grave e drammatica, come ha messo in luce un recente studio pubblicato dall’autorevole rivista scientifica medica The Lancet. È il numero complessivo dei morti causati direttamente e indirettamente dall’aggressione israeliana a essere sbalorditivo, soprattutto se si considera che il calcolo proposto dalla pubblicazione inglese appare esso stesso sottostimato.

 

Mentre gli ambienti di potere e quasi tutti i mezzi di informazione ufficiali in Occidente insistono nel riportare una versione degli eventi che in larga misura giustifica la condotta del regime genocida di Netanyahu, la distruzione sistematica della società palestinese a Gaza prosegue senza sosta, causando perdite indicibili di vite umane e danni materiali che, nella più ottimistica delle ipotesi, richiederanno decenni per essere rimediati.

Per ricostruire uno scenario che si avvicini il più possibile alla realtà, utile anche per delineare un futuro procedimento penale contro gli ideatori, gli autori materiali del genocidio e i loro complici, è necessario andare oltre i dati ufficiali, raccolti in maniera difficoltosa e incompleta in questi mesi dalle autorità palestinesi. Lo studio di The Lancet è in quest’ottica un primo e molto parziale tentativo, che offre un campione di una realtà difficilmente comprensibile al di fuori della striscia nonostante l’ampia disponibilità di testimonianze, immagini e filmati.

Ufficialmente, sarebbero finora circa 38 mila le vittime causate dalla follia sionista a partire dal 7 ottobre scorso. Anche le fonti a Gaza avvertono però da tempo che questi dati sono solo parziali, visto che ad esempio non tengono conto di un numero imprecisato di vittime tuttora sepolte sotto le macerie. The Lancet applica un metodo di conteggio basato sull’esperienza di precedenti conflitti e a quest’ultima categoria di vittime non conteggiate aggiunge anche quelle provocate dalla distruzione deliberata da parte di Israele delle infrastrutture sanitarie, fognarie e per la distribuzione di cibo e aiuti umanitari.

Per consuetudine, il numero di vittime “indirette” di una guerra può essere approssimativamente stabilito moltiplicando per un fattore compreso tra 3 e 15 la cifra di quelle provocate dalle operazioni belliche in maniera “diretta”. Lo studio britannico applica quindi una stima molto cauta, considerando quattro decessi “indiretti” per ogni decesso “diretto”. Da questo calcolo si ottiene la cifra già di per sé astronomica di circa 186 mila decessi. Se si tiene presente che gli abitanti della striscia di Gaza nel 2022 erano poco più di 2.375.000, in nove mesi di guerra Israele ha liquidato quasi l’8% della popolazione.

Per dare un’idea delle dimensioni della strage, un livello simile si tradurrebbe in oltre 4,5 milioni di morti per un paese come l’Italia o 26 milioni per gli Stati Uniti. L’incidenza a Gaza di fattori come denutrizione, malattie trasmissibili, carenza di assistenza sanitaria e altre cause determinate dallo stato di guerra è tuttavia più alta di quella stimata da The Lancet. Ciò è dimostrabile in particolare da due elementi oggettivi. Il primo è appunto la cifra ufficiale di partenza di circa 38 mila vittime, come già spiegato ampiamente sottostimata.

L’altro è da collegare al fatto che, in questa guerra, la distruzione di infrastrutture e servizi pubblici non è un semplice danno collaterale di combattimenti e bombardamenti, ma una strategia deliberata delle forze sioniste per liquidare la popolazione palestinese nella striscia. Ciò rende più pesante il bilancio complessivo e le intenzioni di infliggere i maggiori danni possibili sono oltretutto confermate da numerose dichiarazioni pubbliche rilasciate nei mesi scorsi da esponenti di primissimo piano del governo e dei vertici militari di Israele.

Lo studio di The Lancet ha il merito di avvicinarsi, anche se in maniera conservativa, alle vere proporzioni dell’orrore che sta accadendo a Gaza sotto gli occhi del mondo e con la complicità dei governi di Europa e Stati Uniti. È singolare e raccapricciante allo stesso tempo che per trovare esempi di stragi di massa di questo livello in conflitti armati è necessario risalire ai crimini del regime nazista nella Seconda Guerra Mondiale.

Anche se il genocidio palestinese in corso è il culmine del progetto sionista e la logica conseguenza della composizione del governo ultra-radicale del primo ministro Netanyahu, le capacità distruttive di Israele dipendono dalla garanzia delle forniture di armi occidentali. Stati Uniti e Germania in particolare, anche se non solo, continuano a fare in modo che la macchina da guerra dello stato ebraico abbia tutte le dotazioni necessarie per massacrare donne e bambini, distruggere scuole, ospedali e centri di distribuzione di aiuti umanitari, nonché centrali elettriche e sistemi di trattamento dell’acqua. In una parola, per annientare la società nella striscia e i suoi abitanti.

Il ruolo dell’Occidente non è solo quello di appoggiare il presunto diritto alla difesa di Israele, ma di avallare e anzi rendere possibile l’esecuzione di un vero e proprio genocidio. Diritto alla difesa che, oltre a non essere applicabile a un’entità occupante, sarebbe superato da tempo, vista la macroscopica differenza tra le vittime causate dall’operazione di Hamas del 7 ottobre scorso, in parte oltretutto per mano delle stesse forze israeliane, e quelle risultanti dall’aggressione messa subito in atto da Tel Aviv contro tutto il popolo palestinese.

Tornando ai criteri utilizzati dagli autori dello studio di The Lancet, se si applica un fattore di moltiplicazione maggiore di quello ultra-cauto proposto dalla rivista britannica, il numero di vittime risulta ancora più mostruoso, anche se con ogni probabilità più vicino alla realtà. Alla luce delle circostanze che caratterizzano questo conflitto, alcune delle quali esposte in precedenza, è del tutto plausibile che per avere un’idea del totale dei morti, il numero dei decessi “diretti” debba essere moltiplicato per un numero vicino a quello massimo previsto dai parametri stabiliti dalla rivista (15).

Anche solo applicando però un fattore di moltiplicazione pari a 10 o 11 e partendo da un dato ufficiale sottostimato (circa 38 mila), i morti a Gaza causati da Israele potrebbero – già ad oggi – corrispondere a numero addirittura superiore a 400 mila, pari a circa il 17% della popolazione della striscia.

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