Mentre il G7 ha deciso di continuare ad oltranza il loro sostegno militare al moribondo regime di Zhelensky, sta per cominciare l’inutile e farsesca “Conferenza di pace” in Svizzera e il governo italiano precipita definitivamente in confusione, con Crosetto che smentisce la mattina dopo quello che Tajani ha dichiarato la sera prima e viceversa. Una speranza arriva dalla Cina popolare, che ha rilanciato le sue proposte di pace auspicando che le parti belligeranti si incontrino “a metà strada”.

 

In tal modo Pechino riafferma la sua funzione di guida e riferimento per l’umanità che vorrebbe sopravvivere ai nefasti attuali leader dell’Occidente. Paradossale che il G7 si sia occupato della Cina solo per minacciare sanzioni per il fatto che mantenga un rapporto positivo con la Russia. Le urla scomposte sulle sanzioni si mescolano alle velleità di rivalsa protezionistica di industrie che subiscono la competizione con quella cinese che si avvale di un appoggio strategico dello Stato, così contravvenendo si fallimentari dogmi del neoliberismo. Intanto la Meloni, in attesa del suo prossimo viaggio a Pechino, si barcamena tra omaggio servile alla scuderia atlantica e oggettive esigenze del mondo economico italiano.

Quello che colpisce dei governanti occidentali in trasferta salentina, tutti in scadenza peraltro, è la vanagloria e presunzione estrema, chiaramente impari rispetto alle loro effettive capacità su tutti i piani. L’immagine corporea che meglio corrisponde a tale stato d’animo è quella di Biden che vaga per le campagne del Brindisino con sguardo vitreo, mormorando parole incomprensibili; o quella di Macron che cerca inutilmente di suscitare nei francesi la memoria di Napoleone evocando improbabili interventi militari in Ucraina.

Ovviamente il fatto che costoro siano personaggi grotteschi non ne diminuisce l’estrema pericolosità e dalla tragicomicità della situazione potrebbe in ogni momento emergere catastroficamente l’aspetto prettamente tragico.

In quest’ottica il ritorno della Cina sulla scena delle iniziative diplomatiche per porre fine all’insensato bagno di sangue ucraino assume fondamentale importanza.

In termini di metodo appare molto opportuno il riferimento alla “metà strada” che rievoca del resto la profonda identità della Cina stessa che si autodefinisce da tempo immemorabile come “Paese di mezzo” (Zhong Guo). Nel merito questo benemerito sforzo di mediazione può declinarsi in varie proposte, specie con riguardo all’identità e all’estensione dei territori contesi, mentre resta centrale la rinuncia dell’Ucraina a entrare a far parte dell’Alleanza occidentale, provvedendo invece a garantirne internazionalmente in altro modo ben più efficace e meno deleterio la sovranità.

Questa guerra maledetta, iniziata dalla NATO nel 2014 fomentando il golpe di Maidan contro il legittimo governo Yanukovich, ha determinato finora enormi lutti all’Ucraina e alla Russia e portato altrettanto enormi benefici al complesso militare industriale occidentale saldamente imperniato sugli Stati Uniti, come pure alle lobby petrolifere ed energetiche di tale Paese e alle élite statunitensi che hanno sempre aborrito la necessaria saldatura e cooperazione tra Russia ed Europa.

Ogni giorno di guerra in più, ogni sciagurata dichiarazione del Segretario generale della NATO Stoltenberg e di personaggi analoghi portano nuovi lutti, più ingenti danni economici e aumentano il rischio della guerra nucleare senza ritorno.

Nel frattempo è miseramente fallita anche la Conferenza “di pace” in Svizzera, dove l’unico elemento positivo emerso è costituito dalla netta volontà di molti Paesi di associare la Russia ai negoziati. Ben venga quindi l’iniziativa cinese per la pace, raccordandosi con quella di altri attori internazionali di primaria importanza, prima fra tutte la Santa Sede, e attorno ad essa si mobilitino con forza tutte le persone amanti della pace del pianeta.

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