Il decesso del presidente iraniano, Ebrahim Raisi, in seguito allo schianto del suo elicottero nella giornata di domenica in un’area remota al confine con l’Azerbaigian è il secondo gravissimo incidente in pochi giorni a coinvolgere un leader di governo al centro del dibattito politico internazionale. Settimana scorsa, il primo ministro slovacco, Robert Fico, era sopravvissuto ad alcuni colpi di arma da fuoco sparati da un sostenitore dell’opposizione e della guerra contro la Russia in Ucraina. Quasi tutti gli elementi emersi finora in relazione alla morte di Raisi, nonché del ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian e altre due importanti personalità politico-religiose, fanno pensare a un incidente dovuto al maltempo e, forse, alle non perfette condizioni del mezzo su cui viaggiavano.

 

Le altre due vittime, oltre all’equipaggio, sono il governatore della provincia iraniana dell’Azerbaigian orientale, Malek Rahmati, e il leader religioso della città di Tabriz, dove l’elicottero era diretto, ayatollah Mohammad Ali Ale-Hashem. La versione ufficiale delle autorità iraniane appare al momento la più credibile. La delegazione guidata da Raisi aveva partecipato all’inaugurazione di una diga alla presenza del presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e durante il volo verso Tabriz l’elicottero che trasportava il presidente ha avuto difficoltà a causa della scarsa visibilità.

Inizialmente si era parlato di un “atterraggio duro” e sembravano esserci esili speranze che qualcuno dei passeggeri fosse ancora in vita. Col passare delle ore, invece, e dopo l’arrivo dei soccorritori sul luogo dell’incidente, è apparso chiaro che quanto accaduto era uno schianto e non potevano esserci superstiti. La decisione inammissibile di far viaggiare sullo stesso mezzo due esponenti di primissimo piano del governo, come il presidente e il ministro degli Esteri, ha poi aggravato pesantemente il bilancio del disastro.

È possibile che il mezzo in questione fosse sprovvisto degli strumenti necessari al volo in assenza di visibilità e viaggiasse quindi a vista. L’elicottero era un Bell 2012 di fabbricazione americana, acquistato prima della rivoluzione del 1979. Sembra perciò plausibile che ci possano essere stati problemi di manutenzione, viste le difficoltà a reperire materiale di ricambio, soprattutto nel settore aeronautico, a causa di decenni di sanzioni USA.

A queste circostanze va aggiunto il fatto che spesso i leader di governo e i loro staff insistono per viaggiare anche con pessime condizioni atmosferiche per via di un’agenda fitta di impegni. Ciò aumenta sensibilmente i rischi dei voli. L’esempio più grave prima della morte di Raisi era stato quello del 2010, quando l’aereo su cui viaggiava una delegazione polacca guidata dall’allora presidente, Lech Kaczynski, si schiantò nella regione russa di Smolensk causando la morte di tutti i passeggeri.

Ci sono tuttavia alcuni elementi che sollevano qualche sospetto e che in rete stanno fornendo l’appiglio per il diffondersi di teorie alternative. Raisi e Abdollahian, ad esempio, come già ricordato avevano preso parte a un evento con una delegazione azera che includeva il presidente del paese caucasico. L’Azerbaigian è un alleato molto stretto di Israele e la partnership tra i due paesi è consolidata dallo scambio di armi (da Tel Aviv) e gas (da Baku). In questo paese operano quindi verosimilmente agenti del Mossad che, almeno in teoria, potrebbero avere avuto un qualche ruolo nell’incidente, come lo hanno avuto in molti omicidi di cittadini iraniani in questi anni.

Va ricordato inoltre che il convoglio iraniano era composto da tre elicotteri e gli altri due, quelli con i passeggeri meno influenti, sono riusciti ad atterrare in modo sicuro. Per alcuni, ancora, risulta difficile accettare che due episodi accaduti nell’arco di pochi giorni come quelli che hanno riguardato il presidente iraniano e il premier slovacco Fico rappresentino una semplice casualità, soprattutto se si pensa che i governi di entrambi i paesi sono fortemente critici del sistema di “regole” imperniato sul dominio degli interessi strategici americani.

Non esistono comunque indizi che dietro ai tragici fatti di domenica ci possano essere situazioni sospette. Le teorie alternative che stanno inevitabilmente circolando sono però alimentate dal clima di estrema tensione che pervade il Medio Oriente. È chiaro in altre parole che la guerra indiretta tra Iran e Israele sta facendo salire il rischio di un’escalation difficile da controllare e in questo scenario non possono essere del tutto escluse, oppure risultano verosimili anche senza prove concrete, operazioni ultra-provocatorie o veri e propri atti di terrorismo.

Di certo, la morte di Raisi e il periodo di possibile instabilità istituzionale e politica che attraverserà ora l’Iran potrebbero essere nuovamente sfruttate da Israele e Stati Uniti per destabilizzare questo paese, intrecciandosi al conflitto in corso tra i due alleati e l’asse della resistenza, guidato appunto dalla Repubblica Islamica.

Sulle tensioni politiche e sociali che minaccerebbero l’Iran in seguito ai fatti di domenica e in preparazione della competizione interna al regime per arrivare all’elezione del successore di Raisi stanno già insistendo i media “mainstream” occidentali. Questi ultimi agiscono in parallelo ai loro governi, macinando una propaganda a senso unico per esasperare divisioni e conflitti con l’obiettivo di indebolire un rivale strategico dell’Occidente nel quadro delle dinamiche multipolari in atto a livello globale.

Ad esempio, subito dopo che erano circolate le voci del possibile decesso del presidente iraniano, si era diffusa la notizia che a Teheran era stato ordinato un massiccio dispiegamento di forze di sicurezza, forse in preparazione di disordini o manifestazioni anti-governative nella capitale. Al di là della reazione degli iraniani alla notizia proveniente dalla provincia dell’Azerbaigian orientale, non sembrano però esserci stati finora episodi di questo genere e, anzi, alcuni testimoni indipendenti hanno affermato di non avere osservato nessuna mobilitazione di polizia o militari.

È evidente che l’Iran si appresta a entrare in una fase molto delicata, sia per il contesto regionale in cui si colloca la morte di Raisi sia anche solo per il fatto che, dalla creazione della Repubblica Islamica, nessun mandato presidenziale era mai terminato prematuramente. L’impressione è che, fatti salvi eventuali interventi esterni, il sistema sarà in grado di assorbire la transizione senza troppe scosse e ciò in larga misura grazie al quadro geo-strategico in cui si muove oggi l’Iran, in seguito anche al lavoro di Raisi e Abdollahian.

Nonostante le manovre destabilizzanti di Washington e Tel Aviv, la leadership iraniana ha ancorato in maniera sempre più salda il proprio paese nell’orbita russo-cinese, diventando – oggi e in prospettiva – uno snodo determinante delle rotte oggetto dei piani di sviluppo che vedono al centro il cosiddetto “Sud Globale”.

D’altro canto, la morte improvvisa del presidente accenderà inevitabilmente la corsa alla successione, ma quella più importante non sarà per l’incarico ricoperto da Raisi, bensì della guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, vertice di fatto del sistema di potere iraniano. Lo stesso Raisi era infatti uno dei principali favoriti a succedere all’anziano leader e la sua uscita di scena potrebbe aprire nuovi scenari in questo senso. In ogni caso, dopo le elezioni del 2021, che avevano portato appunto Raisi alla presidenza, e il ritorno alla linea dura da parte degli Stati Uniti, promossa dall’amministrazione Trump, il controllo dei “conservatori” sul sistema di potere della Repubblica Islamica si è consolidato e tutto fa pensare che le cose non cambieranno nemmeno nel prossimo futuro.

Nel frattempo, come previsto dalla Costituzione iraniana del 1979 ed emendata dieci anni più tardi, la carica di presidente sarà assunta ad interim dal primo vice di Raisi, Mohammad Mokhber. Nuove elezioni presidenziali dovranno poi essere organizzate entro 50 giorni. Il processo di selezione dei candidati è sottoposto ad un certo controllo che ne restringe solitamente il numero ed esclude quelli considerati estranei o come una minaccia al sistema.

In uno scenario come quello attuale, con la guerra che infuria a Gaza e le fiamme che minacciano di allargarsi a tutto il Medio Oriente, è estremamente probabile che il passaggio di poteri avverrà all’insegna della continuità. La propaganda e le azioni clandestine dei nemici dell’Iran entreranno invece subito in azione per cercare di infilarsi nelle pieghe della delicata transizione e sfruttare al massimo i possibili contraccolpi dei tragici eventi del fine settimana.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy