Il voto in Argentina sconcerta e preoccupa. Non tanto e non solo per il destino che attende il paese gaucho finito nelle mani di un personaggio che non passerebbe nessuna selezione improntata sul Q.I., quanto per la capacità di attrazione delle sue follie su un Paese che, benché preso nella rete del peronismo agonizzante, seppur orfano della memoria dei suoi anni peggiori, quelli vissuti col terrore nelle vene ed il sangue nelle strade, è dotato di sufficiente cultura e storia politica da saper distinguere un originale da un pazzo, un social-confuso da un fascista, per giunta immerso in un delirio mistico che in Europa sarebbe affrontato con un TSO.

L’Argentina conferma che quando il sistema imperiale a trazione anglosassone avverte rischi di smottamento, è pronto ad ogni risorsa pur di mantenere il comando. Ovviamente, Massa non avrebbe rappresentato un problema per l’establishment finanziario e militare del Paese, ma per gli Stati Uniti ciò non era sufficiente, perché la vittoria del peronista avrebbe confermato l’adesione ai BRICS, autentico incubo per gli USA. La candidatura di Milei è stata allora costruita e sostenuta dal sistema di potere argentino e statunitense. Dopo il Brasile, il prossimo ingresso della Bolivia, del Venezuela e del Nicaragua, i segnali di agitazione che arrivano dalla Colombia, la conferma dell’Argentina nel blocco alternativo all’impero unipolare avrebbe determinato una definitiva inclinazione per la Regione e per il Centroamerica, dove sempre più paesi svolgono consultazioni formali e informali allo scopo di verificare le condizioni di accesso ai BRICS. Facile immaginare le conseguenze, con l'ovvia riduzione progressiva dell’ingerenza USA sul resto del continente. Scansato il rischio in Ecuador, la partita decisiva era a Buenos Aires e gli addetti alla reazione non si sono fatti trovare impreparati.

 

Il peronismo, che ha smesso da anni di promuovere un progetto politico per dedicarsi a promuovere uomini compatibili da presentare a Washington, ci ha messo del suo nel determinare la vittoria di Milei. Grazie alla candidatura di Massa, preparato tecnicamente ma privo di idee e carisma, incapace di proporre qualcosa oltre il galleggiamento e comunque erede del peggior funzionario possibile della storia peronista, Alberto Fernandez. Ovvero colui che, eletto per azzerare la tragedia di Macrì, ha finito di piegare l’Argentina ai voleri del FMI. Fernandez è il maggior colpevole dell’abbandono degli elettori dei ceti popolari e della scelta di indirizzare il loro voto pensando di non aver più nulla da perdere. L’ex presidente si era rimangiato ogni promessa elettorale, ogni impegno preso e dal suo arrivo alla Casa Rosada si era preoccupato soprattutto di consegnare le leve decisionali del Paese al FMI ed agli USA che lo dirigono e di contrastare la sinistra interna che lo aveva eletto e quella internazionale che lo aveva sostenuto.

Milei è venuto alla ribalta perché persino la destra non aveva un personaggio presentabile tra le sue fila. Impossibilitata a ripresentare un Macrì qualunque, la destra argentina ha dato ascolto ai teorici della costruzione del personaggio esterno, che irrompe, spariglia e vince in un contesto di sistema bloccato. Serviva un outsider, da utilizzare per scalzare la prosecuzione del peronismo, non per rimettere in sesto l’Argentina, che anzi, vista da Washington, peggio sta e più redditizia è. Stabilito che Milei poteva essere il personaggio giusto al momento giusto, gli è stata costruita intorno una campagna mediatica di legittimazione ed è stato presentato non come un pazzo furioso da tenere lontano anche dal governo di un condominio ma come uomo non contaminato dalla politica, geniale e fuori dagli schemi, ultima risorsa per un Paese disastrato da governi disastrosi.

E’ stata la vittoria del sistema mediatico, che ha dimostrato il controllo sul mercato della circolazione delle idee, sulla capacità di orientare le scelte politiche attraverso la manipolazione della realtà, sostituita dall’affermarsi del surreale, stravolgendo non solo il pensiero, i fatti e le opinioni, ma addirittura il senso comune.

Nessuna persona dotata di raziocinio, di senso logico e di decenza, quale che sia il luogo del mondo in cui vive, potrebbe mai pensare di trasformare un pazzo in un Presidente, di accettare alcune tesi che meriterebbero uno psichiatra all’ascolto come programma di governo per una nazione. Almeno questo si sarebbe portati a credere: la capacità di discernimento e la competenza pur minima del gioco politico immaginiamo siano gli elementi principali che spingono gli elettori in una direzione o in un’altra. E invece, forse non è più così.

Da anni a questa parte, succede che interi paesi si affidano a personaggi che starebbero bene in un circo. Gli affidano il loro personale futuro e quello del loro paese. Ma perché succede tutto questo? Quando è cominciata la fine degli scontri ideologici e politici e la disfatta degli argomenti, per lasciare spazio a quella tra ragionevolezza e follia?

E’ cominciata quando la Sinistra, che potremmo chiamare la ragionevolezza dell’utopia, ha deciso di abdicare al suo ruolo in favore delle compatibilità con i potenti. Così la rappresentanza dei diritti degli ultimi è divenuta adulazione dei primi: quando si è deciso che l’economia non è uno strumento della politica ma viceversa e che non sono le scelte economiche a dover servire il Paese ma è questo ad essere al servizio dell’economia concepita per gli interessi dei potenti. Che si presentano al riparo di teorie economiche ridicole, mai dimostrate e figlie dell’unico obiettivo riconosciuto: trasferire la ricchezza di tutti nelle mani di pochi e rendere vincente un modello perdente.

Il discorso pubblico è stato violentemente amputato di ogni concetto relativo all’uguaglianza tra le persone, all’ampliamento dei diritti universali e alla parità tra i generi, alla difesa dell’ascensore sociale ed alla solidarietà con chi fa più fatica. Questi erano i vessilli al vento della Sinistra, intesa come sistema valoriale ed impianto organizzativo della rappresentazione degli umili, luogo del loro riscatto e della speranza di ridurre le distanze tra il sopravvivere e il vivere, riequilibrio dell’ingiusto e dell’intollerabile, dell’abusivo e della prepotenza, della distanza tra chi ha tutto e chi non ha nulla.

La follia non fa parte delle categorie politiche usualmente dibattute, così come l’autolesionismo dei popoli, che a volte li spinge a passi veloci verso l’abisso, non ha necessariamente una bandiera ideologica. Si esercita attraverso l’odio e il rancore, è figlio di una rabbia accumulata che segue la delusione dopo l’illusione.

Una miscela di sentimenti, più che un prodotto di analisi politica, che si manifesta a seguito di una frustrazione di massa, di una attesa tradita, di promesse non mantenute. In un tourbillon di fanatismo e irragionevolezza, figli della disperazione, dà voce agli istinti di sopravvivenza e quindi più bestiali, di chi avverte ogni tornata elettorale l’occasione per la sua vendetta e non per la speranza. Da qui l’identificazione persino fisiognomica con un uomo come Milei, i cui tratti estetici riconducono alla licantropia e che ama farsi ritrarre con l’espressione di un animale aggressivo che fa dell’odio dichiarato e dell’insulto la sua cifra verbale.

Come prima con Trump e Bolsonaro, ora con Milei l’odio e il fanatismo sono diventati merce preziosa, elettoralmente spendibile perchè profittevole. Sono i caratteri peculiari delle nuove destre ovunque, in America Latina come negli USA come in Europa. Ovunque. La destra di natura repubblicana, che riteneva il liberalismo una dottrina dello sviluppo economico agganciato alle libertà individuali, è morta da decenni. Del tutto superata l’era della presentabilità e degli argomenti da esporre, merce ormai scaduta e orfana del discorso pubblico. Prevale invece l’irrazionale sul razionale, l’odio sulla ragionevolezza, la menzogna sulla verità, l’aggressività sul dialogo.

Non è un caso che siano stati Bolsonaro e Trump i primi a complimentarsi: potrà contare sulle simpatie della destra internazionale, che supererà ogni vergogna per proteggerlo dai suoi errori e dalla sua follia. Era dalla fine della dittatura militare che l’Argentina, pur tra mille difficoltà e mille errori, non si trovava di nuovo di fronte alla notte oscura. Saranno anni durissimi dove si dovrà resistere e sopravvivere all’orda fascista e folle di questo personaggio.

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