Il tira e molla di Erdogan sulla ratifica dell’adesione della Svezia alla NATO potrebbe essere arrivato al capolinea con il voto, previsto probabilmente per la giornata di giovedì, della commissione Esteri del parlamento di Ankara sulla candidatura di Stoccolma. L’iter legislativo per l’approvazione era stato avviato il mese scorso dal presidente turco, ma i dubbi erano tornati a emergere in seguito al complicarsi del quadro internazionale. Anche se Erdogan ha assunto una posizione ufficialmente molto netta contro Israele, e di conseguenza gli Stati Uniti, in merito alla strage in corso a Gaza, gli interessi strategici e militari della Turchia dovrebbero come previsto prevalere. Resta da verificare quale contropartita riceverà Erdogan dal definitivo via libera all’ingresso della Svezia nel Patto Atlantico.

 

La Reuters ha citato per prima il calendario ufficiale della commissione aggiornato a martedì, i cui lavori prevedono appunto nella data del 16 novembre il voto sulla Svezia. Una volta licenziata dalla commissione, la ratifica passera all’esame dell’aula, dove il partito di Erdogan (AKP) e i suoi alleati detengono la maggioranza assoluta. L’approvazione definitiva arriverà infine con la firma del presidente.

Dell’argomento Svezia-NATO si è discusso certamente durante la recente visita in Turchia del segretario di Stato americano, Antony Blinken, nonostante quest’ultimo non fosse stato ricevuto da Erdogan. Il presidente turco settimana scorsa si era comunque detto fiducioso circa un prossimo invito alla Casa Bianca da parte di Biden. In molti credono che Washington e Ankara abbiano raggiunto un qualche accordo per concludere la saga della candidatura svedese, probabilmente con al centro la fornitura alla Turchia dei caccia americani F-16.

Proprio per le resistenze di Erdogan all’adesione alla NATO della Svezia, il Congresso USA continua a bloccare la vendita dei velivoli da guerra costruiti da Lockheed Martin, nonché di 80 “kit” per l’ammodernamento di quelli già in dotazione dell’aviazione turca, per un totale di 20 miliardi di dollari. Ankara ne aveva fatto richiesta un paio di anni fa, dopo che nel 2019 la Turchia era stata esclusa dal costosissimo programma di costruzione degli F-35 come ritorsione per l’acquisto del sistema di difesa missilistico russo S-400.

La questione si era trasformata in un braccio di ferro tra i due alleati NATO, con Erdogan che in svariate occasioni aveva più o meno apertamente avvertito la Casa Bianca che il via libera alla candidatura della Svezia sarebbe arrivato solo dopo l’approvazione della vendita degli F-16. Gli USA e la NATO chiedono anche uno sforzo per allentare le tensioni tra Turchia e Grecia, mentre l’elemento di pressione principale, almeno fino a qualche tempo fa, era la denuncia dell’invasione russa dell’Ucraina e l’imposizione anche da parte turca delle sanzioni occidentali contro Mosca.

La vicenda si intreccia inoltre con la questione curda. Dopo che Svezia e Finlandia nella primavera del 2022 avevano presentato la loro richiesta per entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica, Erdogan aveva chiesto, in cambio dell’approvazione turca, che entrambi i paesi del nord Europa interrompessero i loro rapporti con quelli che Ankara ritiene terroristi del PKK. Secondo la Turchia, Helsinki aveva alla fine preso i provvedimenti necessari, così che Ankara ha approvato l’adesione finlandese a fine marzo. Le misure decise invece da Stoccolma non erano state ritenute sufficienti e la candidatura svedese resta perciò ancora in sospeso.

Un altro aspetto della questione curda che si sovrappone alla ratifica dei nuovi membri della NATO riguarda inoltre i rapporti tra gli Stati Uniti e le milizie di questa etnia (SDF) su cui si appoggia l’occupazione illegale americana del nord-est della Siria, oggetto di frequenti operazioni militari da parte turca. Erdogan ha naturalmente sfruttato tutte le dinamiche descritte per ricavare i maggiori vantaggi possibili dalle candidature di Finlandia e Svezia, visto che l’ingresso di nuovi membri del Patto Atlantico richiede l’approvazione da parte di tutti i paesi che ne fanno parte.

Già nel vertice NATO a Vilnius lo scorso luglio, Erdogan aveva annunciato che la ratifica dell’adesione della Svezia sarebbe stata imminente, ma i tempi si sono poi allungati fino alla riapertura del parlamento di Ankara a ottobre. I rapporti con Washington si erano però complicati in seguito all’abbattimento a inizio dello scorso mese di un drone-spia turco da parte americana in Siria, per non parlare delle operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza, denunciate apertamente da Erdogan come “genocidio”.

Dietro la retorica spesso infuocata, tuttavia, il presidente turco continua a tenere un atteggiamento pragmatico. Così come non ha bloccato il transito di petrolio dal suo paese verso Israele, Erdogan ha tenuto in piedi le trattative con l’amministrazione Biden sulla Svezia. Lo sblocco della ratifica, se dovesse effettivamente avere luogo in tempi brevi, potrebbe essere perciò la conferma che il leader turco ha alla fine ottenuto quanto si aspettava dagli Stati Uniti.

Vari commentatori giudicano di volta in volta le prese di posizione pro- o anti-NATO di Erdogan come la prova rispettivamente di un ritorno definitivo all’atlantismo o della scelta di abbracciare le dinamiche multipolari globali o l’alleanza con la Russia di Putin. In realtà, come già accennato, il presidente turco non si fa scrupoli nel giocare su tutti i tavoli internazionali, così da ricavare il massimo sia dalla partnership con Mosca, di cui non ci sono segnali di incrinature, sia dallo status di membro NATO.

Se il “calvario” svedese dovesse essere arrivato realmente al termine, per lo meno per quanto riguarda l’approvazione della Turchia, è dunque altamente probabile che Erdogan si sia assicurato un qualche riconoscimento, che il pubblico vedrà forse a breve, con una visita a Washington oppure con lo sblocco degli F-16 o, anche se più difficilmente, lo sganciamento americano dalle milizie curde siriane.

Per la Svezia, in ogni caso, il cammino verso l’adesione NATO non sarà terminato nemmeno dopo l’eventuale ratifica turca. La candidatura di Stoccolma è infatti tenuta in sospeso anche da un altro membro dell’Alleanza, l’Ungheria di Orban, in attesa anch’egli – per ora senza troppa fretta – di risolvere una serie di dispute politiche con il governo svedese.

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