di Alessandro Iacuelli


E' partita una campagna internazionale di protesta di Greenpeace contro la decisione dell'Enel di investire 1,8 miliardi di euro per il completamento di due reattori nucleari a Mochovce, in Slovacchia. Altrenotizie.org aveva già seguito la questione, nel marzo scorso: Enel ha acquisito nell’aprile 2006 il 66% Slovenske Elektrarne, la principale azienda elettrica slovacca, ed ha firmato un accordo con il governo di Bratislava circa la costruzione del terzo e quarto gruppo dell’impianto nucleare di Mochovce, da 440 MW ciascuno.
Gli attivisti italiani di Greenpeace hanno distribuito, a partire dal 17 aprile, di fronte alle sedi delle banche nelle principali città italiane degli ironici fac-simile della pubblicità dell'Enel, in cui mostrano che il colosso energetico italiano, anziché investire sull'innovazione, investe in una centrale di tecnologia sovietica addirittura precedente al disastro di Cernobyl. "La vera rivoluzione è tornare al nucleare. Sovietico", si legge nel depliant distribuito oggi. Ironia, d’accordo, ma con un’importante verità: si è scelta la tecnologia obsoleta, e meno sicura, perché è quella meno costosa, lasciando però invariati i profitti. Anche nel resto d'Europa Greenpeace ha protestato, spesso di fronte a banche italiane o a sedi locali dell’Enel, in particolare in Slovacchia ed in Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Bulgaria. A Budapest (l'Ungheria è confinante con la Slovacchia e sarebbe tra i primi Paesi ad essere investiti da una nube radioattiva in caso di incidente) gli attivisti di Greenpeace vestiti da centurioni romani hanno dimostrato davanti all'ambasciata italiana.

Nella lettera inviata dall’associazione ambientalista al governo italiano si sottolinea come l'Italia, che ha chiuso le proprie centrali con un referendum, non possa esportare all'estero il rischio atomico. Il governo è infatti l'azionista di riferimento di Enel, con una quota di circa il 30 per cento.
Le critiche principali al progetto riguardano la scarsa sicurezza ma anche la discutibilità economica. A Mochovce verrebbero realizzati due reattori obsoleti di tipo VVER-440/213, la cui progettazione risale alla fine degli anni Settanta. I reattori sono ben al di sotto degli attuali standard di sicurezza e difficilmente verrebbero autorizzati in gran parte degli stati europei. Per esempio non dispongono di un doppio guscio protettivo in caso di impatto con un aereo. Non solo: per Greenpeace c'è anche un problema di legittimità, perché il progetto era stato autorizzato nel 1986 dall'allora governo slovacco, precedente alla caduta del muro, ma anche precedente a tante tecnologie elettronucleari più sicure, senza nessuna valutazione d'impatto ambientale, né il coinvolgimento dell'opinione pubblica. Ancora oggi il ministero dell'ambiente slovacco si rifiuta di avviare una valutazione d'impatto ambientale.

Il prossimo mese l'Enel dovrebbe prendere la decisione finale su Mochovce e Greenpeace ha lanciato una petizione via web per chiedere a Prodi di abbandonare subito questo progetto. "E' inaccettabile che il nostro Paese pratichi il doppio standard, esportando il rischio nucleare che noi italiani non ci siamo voluti giustamente assumere", dichiara Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

La centrale di Mochovce, come tutte le centrali slovacche, è di costruzione russa e per ottenere il futuro accesso nell’Unione Europea la Slovacchia ha aderito al piano che prevede la dismissione dei reattori non ammodernabili. Quindi i due nuovi reattori di Mochovce andranno praticamente a sostituire due reattori di più o meno pari potenza.
Questa “corsa” all’accesso all’Unione Europea, sta spingendo governi come quello di Bratislava a tagliare sui costi, sulla sicurezza, a eludere le valutazioni di impatto ambientale: il “treno” europeo non va perso, a qualunque costo. L’investimento totale previsto da parte di Enel è di 2,23 miliardi di dollari. Oltre questo, il suo amministratore delegato, Fulvio Conti, ha ricordato che l’Enel si è impegnata a investire 4,2 miliardi di dollari in Slovacchia entro il 2013, corrispondenti a circa 3,2 miliardi di euro.

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