di Raffaele Matteotti

Sono cominciate ieri le operazioni di voto in Uganda, dove secondo i dati forniti dalla Commissione elettorale nazionale, 10 milioni e 450.000 elettori si sono registrati per votare, rispetto a una popolazione complessiva di 26,4 milioni. Un voto dall'esito incerto in un paese in qualche modo ostaggio del suo presidente. Si vota grazie al referendum celebratosi dopo forti pressioni da parte delle Nazioni Unite, che lo scorso luglio ha reintrodotto il multipartitismo.
Per la prima volta, gli altri candidati (oltre a Besigye, Miria Obote dell'Uganda People's Congress party, John Ssebaana Kizito del Democratic Party e l'indipendente Abed Bwanika) potranno partecipare alle elezioni sotto la bandiera di partiti politici. In tutto i candidati alla Presidenza sono cinque ma il vero confronto e tra il Presidente uscente ed il suo ex sodale, Kizza Besigye, capo del Forum per il cambiamento democratico. I sondaggi effettuati nelle ultime settimane attribuiscono infatti all'attuale Capo dello Stato e leader del Movimento di Resistenza Nazionale, il 47 per cento dei voti, mentre Besigye otterrebbe 36 per cento dei voti.

di mazzetta

Forse ricorderete la foto più diffusa dei torturati di Abu Grahib, quella del poveretto con il cappuccio in testa e i fili elettrici che penzolavano dal corpo messo in posa per le foto ricordo della soldatessa England e del suo amante. Quella foto ha ora il nome di Ali Shalal el Kaissi, un docente iracheno incarcerato e torturato nella casa degli orrori iracheni. Intervistato da Sigfrido Ranucci, che pare l'unico giornalista televisivo italiano capace di fare onestamente il suo lavoro coprendo la vicenda irachena, el Kaissi chiama pesantemente in causa le nostre truppe e le loro responsabilità.
El Kaissi non ricorda solamente il traffico di reperti archeologici praticato dai nostri militari, ma rivela anche che tra i boia in servizio nelle camere di tortura americane, c'erano anche nostri connazionali, secondo lui contractor alle dipendenze di Cagi o Titan, le due società americane che gestiscono il lager, entrambe già al centro di numerose inchieste per abusi e malversazioni economiche. Le due compagnie avrebbero reclutato personale di diverse nazionalità al quale appaltare gli interrogatori e tra questi alcuni italiani.

di Carlo Benedetti

I dossier che si trovano oggi sul tavolo di Putin sono lastricati d'imprevisti. In primo luogo quelli che si riferiscono al teatro mediorientale, dove la recente vittoria di Hamas in Palestina ha sconvolto (disegnando nuovi scenari) piani e rapporti di forza. Si può notare, in questo contesto, che il Cremlino - usando una terminologia d'ordine giuridico - sarebbe interessato a derubricare l'intera vicenda del conflitto Palestina-Israele, qualificandola sì come "reato" grave, ma cercando di rinviare tempi e modi di giudizio. Ma i ritmi della geopolitica impongono scelte immediate. E così Putin - immerso nelle acque stagnanti di una diplomazia mediorientale che non da segni di gran vitalità - si trova a dover fornire, nell'immediato, autonome proposte e soluzioni. Non tanto perché la Russia è pur sempre una potenza mondiale, quanto perché la situazione interna del suo Paese richiede precisi approcci. Risposte, quindi.
I "perché" sono chiari e vanno messi nel conto prima di aprire il dossier israelo-palestinese. Ricordiamo che è stato lo stesso Putin a sorprendere, in un certo senso, le diplomazie mondiali rendendo nota la decisione di portare la Russia nella Organizzazione della Conferenza Islamica e cioè in quel forum che dal 1969 comprende 75 stati con popolazione a maggioranza islamica.

di Maurizio Musolino

Le nuove immagini provenienti da Abu Ghraib e la richiesta delle Nazioni Unite di chiudere il lager di Guantanamo, riportano prepotentemente alla ribalta il tema del diritto, o meglio la violazione sistematica dei diritti da parte del Pentagono. Il risultato della commissione indipendente dell'Onu, consente al Palazzo di vetro di ritornare protagonista della scena internazionale; un fatto non scontato anche se dovuto, specie dopo le immagini trasmesse da una televisione australiana sulle torture nel carcere di Abu Ghraib e a pochi giorni dal video che ha fatto il giro delle televisioni del mondo, che riprende soldati britannici picchiare dei ragazzini iracheni. La richiesta dell'Onu agli Stati Uniti, di scarcerare o processare tutti i prigionieri detenuti a Guantanamo, è pertanto un atto coraggioso, aiutato da queste immagini, vergognose, che hanno di nuovo scosso le coscienze, spesso smemorate o addormentate, delle società occidentali che troppo velocemente si erano dimenticate, ad esempio, che il carcere di Abu Ghraib è a tutt'oggi sotto il diretto controllo degli americani.

di mazzetta

Mentre l'Amministrazione spinge il piede sull'acceleratore della guerra all'estero, in casa si appresta a portare a termine una devastazione non meno severa. Il nuovo bilancio presentato da Bush è stato definito con termini che spaziano da "fiction" a "osceno" fino a "oltraggioso" da numerosi commentatori, anche di fede repubblicana. Prevede altri - enormi - tagli sociali, sconti fiscali per i ricchi e un ulteriore innalzamento del budget militare, al quale gli USA destinano già una cifra superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme.Le dichiarazioni di Bush nel discorso sullo stato dell'Unione sono state bollate come ipocrite, in particolare quelle che sembravano far intravedere una svolta "ecologica".
I provvedimenti immediatamente precedenti e successivi sono stati di segno esattamente contrario, visto che l'amministrazione ha demolito una legge che chiedeva la riduzione dei consumi per gli autoveicoli e si è battuta alla morte per trivellare le riserve naturali, mentre annuncia la costruzione di nuove centrali nucleari da vendere anche ai paesi "amici", per i quali non sono previste le accuse di voler concorrere alla proliferazione nucleare.


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