di Carlo Musilli

Reddito minimo garantito e reddito di cittadinanza non sono la stessa cosa. Il tema è tornato al centro della cronaca per via del referendum in Svizzera e di un intervento del governatore di Bankitalia al festival dell’economia di Trento, ma occorre sottolineare alcune differenze. Partiamo dalla cronaca. Domenica gli elettori svizzeri si sono espressi con chiarezza bulgara: circa il 78% di loro ha bocciato la proposta di concedere a tutti i cittadini, dalla nascita alla morte, quello che loro chiamano un “reddito di base incondizionato”.

In sostanza, i minorenni avrebbero ricevuto ogni mese 625 franchi (pari a 560 euro), mentre per gli adulti l’assegno sarebbe stato di 2.500 franchi (circa 2.250 euro). I lavoratori che guadagnano cifre inferiori avrebbero incassato un’integrazione, mentre ai disoccupati sarebbe andato l’intero importo. Nulla sarebbe cambiato per chi guadagna almeno 2.500 franchi al mese. Per comprendere gli ordini di grandezza bisogna tenere presente che il salario medio in Svizzera sfiora i 6.500 franchi e che la soglia di povertà si attesta a 2.220 franchi.

L’iniziativa, lanciata dal proprietario del Caffè Basilea Daniel Haeni e promossa da un gruppo indipendente, ha destato clamore e interesse un po’ ovunque, ma i sondaggi avevano chiarito subito che il referendum sarebbe stato bocciato con ampio margine. Secondo i promotori, la misura era necessaria perché in Svizzera si perdono posti di lavoro a causa dell'automazione dei diversi settori produttivi e perché sempre più persone svolgono mansioni non riconosciute e non pagate, come la cura dei bambini o di parenti malati o anziani.

Il governo svizzero, invece, si era dichiarato contrario a questa forma di sostegno del reddito perché il costo sarebbe stato di circa 25 miliardi di franchi a livello federale. Un conto troppo salato, malgrado il progetto fosse di sostituire con il nuovo reddito tutti gli strumenti di welfare oggi attivi.

Anche Ignazio Visco si è appellato all’insostenibilità finanziaria per bocciare l’ipotesi d’introdurre in Italia un sostegno al reddito generalizzato. Secondo il numero uno della Banca d’Italia, un sussidio universale di “500 euro a ogni cittadino per 12 mesi vale il 20% del Pil: non è possibile da pensare”, perciò non è questa la risposta ai problemi del mercato del lavoro.

Ora, è bene chiarire che i numeri citati da Visco non fanno riferimento a una misura analoga a quella bocciata dagli svizzeri. Il governatore italiano, infatti, non parlava di reddito minimo garantito, ma di reddito di cittadinanza, che si distingue dal primo per la sua natura universalistica.

In altri termini, il reddito di cittadinanza non è subordinato alle condizioni economiche o patrimoniali dei singoli cittadini: viene distribuito a tutti, senza alcuna distinzione fra ricchi e poveri. Il vantaggio, in teoria, è che non disincentiva la ricerca di un lavoro, dal momento che non esistono soglie di reddito oltre le quali non si ha più diritto all’assegno. Per la stessa ragione, tuttavia, la misura risulta costosissima, oltre che socialmente iniqua.

Di conseguenza, i calcoli citati da Visco prevedono che quei famosi 500 euro mensili siano corrisposti a tutti i 50 milioni di cittadini italiani con più di 18 anni. Compresi Silvio Berlusconi e Guido Barilla, per intenderci. Solo così si arriva alla cifra astronomica di 300 miliardi di euro, appunto il 20% del nostro prodotto interno lordo.

Il reddito minimo garantito è invece uno strumento molto diverso, perché in questo caso il sussidio viene concesso soltanto dopo accertamenti sul reddito e sul patrimonio di chi ne fa richiesta. Seppure in forme molto diverse, programmi di questo tipo esistono nella grande maggioranza dei Paesi europei, inclusa la Grecia. Se lo adottassimo anche noi potremmo perfino ridurre sprechi e sovrapposizioni, perché il nuovo sussidio sostituirebbe molte prestazioni che oggi vengono corrisposte senza alcun coordinamento.

Secondo stime citate nel 2013 da Tito Boeri, oggi presidente dell’Inps, un reddito minimo garantito da 500 euro costerebbe fra gli 8 e i 10 miliardi di euro. Una cifra molto meno impossibile da pensare.

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