di Carlo Musilli

La pièce teatrale di Karlsruhe si è arricchita di un nuovo atto. Venerdì scorso, infatti, la Corte costituzionale tedesca ha fatto sapere di aver rinviato alla Corte europea di Giustizia il verdetto sulla legittimità del piano Omt varato dalla Banca centrale europea. Una scelta a suo modo storica, dal momento che mai prima d’ora i giudici costituzionali della Germania avevano abbandonato il palcoscenico per fare spazio ai colleghi del Lussemburgo.

A questo punto il finale appare scontato: il piano della Bce dovrebbe ricevere la conferma definitiva, segnando un’importante vittoria per il numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi. I tempi, ad ogni modo, non saranno brevi: per il via libera bisognerà aspettare ancora dei mesi.

Oggetto del contendere sono le Outright Monetary Transactions (Omt) varate dalla Bce nel settembre 2012, al picco della crisi dei debiti sovrani. Il piano consente all'istituto centrale di acquistare sul mercato secondario (dove vengono scambiati i bond già in circolazione) i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, in modo da raffreddare gli spread. Chi vuole attivare la procedura deve sottoscrivere un memorandum con la Commissione Ue e la stessa Banca centrale, impegnandosi a risanare i propri conti e a varare le riforme strutturali necessarie.

Il programma Omt finora non è mai stato messo in pratica, ma il solo effetto-annuncio è bastato a spegnere l'incendio sui mercati. Gli speculatori si sono ritrovati in mano un'arma scarica: chi in passato ha scommesso contro Paesi come Italia e Spagna, puntando sui rialzi dello spread, oggi sa benissimo che il gioco non funzionerebbe, perché la potenza di fuoco della Bce è insuperabile.

Sotto il governo Monti, ad esempio, lo spread italiano ha iniziato a calare proprio per questo motivo, non certo per l'affidabilità delle leggi firmate dai professori. Insomma, la sola esistenza teorica delle Omt si è rivelata sufficiente e al momento non c'è motivo di ritenere che alcun Paese dell'Eurozona abbia interesse ad attivare la procedura.

Ora, la Corte costituzionale tedesca ritiene che il piano vada oltre "il mandato di politica monetaria della Banca centrale europea", calpestando "il potere degli Stati membri" e violando "il divieto di finanziamento monetario al budget". Gli stessi giudici avanzano però una concessione: "E' possibile - scrivono - che se le norme che regolano le Omt fossero interpretate in maniera restrittiva siano conformi alla legge".

La Germania, quindi, è manifestamente contraria alle Omt, ma sceglie di non pronunciare alcun verdetto e di rimettere tutto nelle mani dell'Europa. Una mossa tutt'altro che inattesa, ma che si carica di un preciso valore politico. I mercati vorrebbero che la Bce mettesse in campo un programma di stimoli economici sul modello del quantitative easing targato Federal Reserve, così da accendere la ripresa dell'Eurozona.

Karlsruhe ora accetta la tregua sul fronte delle Omt, ma allo stesso tempo suggerisce a Draghi di non forzare la mano nei prossimi mesi, lasciando chiaramente intendere di non essere disponibile a tollerare alcuna forma di aiuto di Stato mascherato.  

Ma come si spiega tanta ostilità da parte dei tedeschi? E' il caso di ricordare che la Germania ha fatto ottimi affari quando gli spread erano alle stelle, accumulando un tesoro che dal 2009 a oggi si aggira fra gli 80 e i 100 miliardi di euro. Quando il caos regnava sul mercato dei debiti pubblici, infatti, gli investitori puntavano sui titoli di Stato tedeschi come beni-rifugio, consentendo a Berlino di rifinanziare il proprio debito a tassi bassissimi.

In alcuni casi i rendimenti sono scesi perfino sotto lo zero e il Paese è riuscito nell'impresa fantascientifica di guadagnare denaro mentre ne chiedeva in prestito. Il meccanismo ha coinvolto anche le banche private e le aziende tedesche, che hanno raccolto denaro pagando tassi d'interesse nettamente inferiori a quelli delle loro concorrenti europee.

La debolezza dei suoi stessi partner è stata un vantaggio decisivo per la Germania negli ultimi anni. E il teatrino di Karlsruhe cerca solo di evitare che qualcosa cambi nei rapporti di forza.

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