di Carlo Benedetti

MOSCA. Dalla Russia sono "usciti", nel corso del 2005, oltre 74 miliardi di dollari. La "fuga" è costante e si accompagna alla crisi economica interna. I dati sono impressionanti. Risulta (lo riferisce la stampa più qualificata) che a partire dai primi anni del crollo dell'Urss il capitale esportato all'estero raggiungeva circa 300 miliardi di dollari. E se si aggiungono le cifre degli anni successivi si arriva a ad altri 143 miliardi di dollari. Il totale è a livelli astronomici. Perchè nel peridodo post sovietico - quello caratterizzato dalle "riforme sociali" - il paese ha perso (ufficialmente) circa 500 miliardi di dollari. Ma gli esperti del mondo finanziario presentano già nuovi conteggi. Dicono che si è passati da 800 miliardi ad un trilione di dollari. Quella che un tempo era la cortina di ferro è divenuta un vero e proprio colabrodo, dove i dollari fuggono tranquillamente all'estero. E Michail Deliaghin - che dirige l'Istituto della globalizzazione - sostiene che si è di fronte ad un "fenomeno" che, per ora, non conosce confini perché trova sempre forme più raffinate capaci di superare barriere e controlli. La situazione è allarmante e il livello di guardia è stato ampiamente superato.
Intanto il flusso di capitali che vanno all'estero si caratterizza con una serie di ciclopiche transazioni. Che, tra l'altro, riguardano anche l'Italia. Qui si registra una delle maggiori operazioni finanziarie realizzate dal gruppo russo "Eurazholding" che per entrare nel mercato mondiale dell'acciaio ha acquistato - per 50milioni di dollari - il 76% delle azioni dell'italiana "Palini e Bertoli Spa", una azienda che produce lamiere ed è la più grande realtà produttiva del centro-nord Italia. Stessa operazione per 240milioni di euro con l'acquisizione del 99% della compagnia "Viktovice Steel" della Repubblica Ceca.

Sempre la "Eurazholding" si è aggiudicata il 73% dell'americana "Strategic Mineral Corporation" che opera nel campo della produzione del titanio. Operazioni analoghe per la "Lukojl" - la grande compagnia petrolifera russa - che è entrata nel mercato finlandese aggiudicandosi, per 160milioni di dollari, circa 300 stazioni di servizio. Segue la "Renova" che nei mesi scorsi ha ottenuto - dalla canadese "Eurasia gold"- il 25% delle azioni nel settore dell'estrazione dell'oro. In particolare quelle delle aziende impegnate nel Kasachstan.
Nella lista c'è poi la "Rusal", gigante nel settore dell'alluminio, che ha deciso di compiere un grande balzo in direzione della Cina comperando azioni di alcune aziende del settore. Non è noto il livello dell'intera operazione, ma già si parla di milioni di dollari. E sempre per quanto riguarda l'Italia c'è la russa "Severstal" che per 430milioni di euro ottiene il 62% delle azioni della "Lucchini". Sempre la russa "Alfa-Telecom", ha acquistato con 1,6 miliardi di dollari le azioni della compagnia turca "Turkcell". La societa "Amtel", dal canto suo, ha preso il 100 per cento dell'olandese "Vredestein Banden" con 196 milioni di euro. E la compagnia di cosmetici "Kalina" ha rilevato il 60 per cento delle azioni della tedesca "Sheller" per 15 milioni di euro, mentre la "Mts" ha preso, con 150 milioni di dollari, il pacchetto della compagnia telefonica "Bitel" della Kirghisia...

A questi "dati" - messi in circolazione dall'Istituto russo che studia la globalizzazione - l'economista Deljaghin aggiunge quelli che si riferiscono alle operazioni "off-shore". E così annuncia che nel mondo ci sono attualmente 60mila compagnie ed holding che hanno rapporti d'affari con dirigenti di società della Russia. I luoghi prescelti per la stipula delle operazioni finanziarie più spregiudicate sono le Bermude, il Liechtenstein e Cipro dove sono già attive 2000 società russe. E sullo sfondo di questo mondo che sfugge ad ogni controllo prende sempre più potere la "grande famiglia" dei nuovi ricchi russi. All'Istituto della globalizzazione si parla già di "aristocrazia dell'off shore". Si fanno nomi e cognomi. E il paese ora sotto inchiesta è l'Inghilterra dove - secondo le ultime stime - si sono "rifugiati" 23.000 "nuovi russi" con un pacchetto comune di 60 miliardi di dollari. Nell'elenco delle prossime indagini dell'Istituto, ovviamente, ci sarà anche l'Italia.

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