di Carlo Musilli

Chiamateli Invulnerabili. Non c'è crisi né recessione che tenga, non contano niente gli spread, le tasse o il crollo della domanda internazionale. Quel gruppetto la spunta comunque: loro, i 100 uomini più ricchi del pianeta, continuano a macinare soldi. In anni bui (quasi) per tutti, le fortune di questo facoltoso manipolo si fanno sempre più sterminate. Con tanti saluti alla redistribuzione della ricchezza.

Secondo il Bloomberg Billionaires Index, nel corso del 2012 il patrimonio complessivo dei 100 paperoni globali è aumentato di 241 miliardi di dollari, fino a raggiungere la vetta dei 1.900 miliardi. Una somma di poco inferiore all'intero debito pubblico italiano, ma decisamente superiore al nostro prodotto interno lordo, che due anni fa non è andato oltre i 1.500 miliardi.

Diamo un'occhiata alla classifica di questi Invulnerabili, ma non iniziamo dal più ricco. Partiamo invece da chi l'anno scorso ha guadagnato di più. Ha 76 anni e viene dalla malandata Spagna: il suo nome è Amancio Ortega, patron della corazza Inditex, un gigante del commercio al dettaglio che fra i suoi gioielli annovera il celebre marchio Zara. Nell'anno che si è appena chiuso ha praticamente raddoppiato il suo patrimonio, portandolo a 57,5 miliardi (+22 miliardi).

A guardare la graduatoria assoluta dei conti in banca, però, Ortega è solo terzo. La medaglia d'oro era e resta di sua maestà Carlos Slim, il tycoon messicano al timone del gruppo di telecomunicazioni America Movil e dei conglomerati industriali e finanziari Grupo Carso e Grupo Financiero Inbursa. Grazie a queste due ultime attività, che hanno registrato un'impennata dei guadagni (+21,6%), la fortuna di Slim ha toccato la quota siderale di 75,2 miliardi di dollari.

In seconda posizione troviamo invece il nome più noto e prevedibile, quello di Bill Gates. Il papà di Microsoft ha chiuso l'anno con un portafoglio da 62,7 miliardi di dollari, sette in più del 2011. Appena fuori dal podio, scalzato da Ortega, c'è invece una leggenda della finanza mondiale, l'americano Warren Buffett. Negli scorsi 12 mesi "l'Oracolo di Omaha" si è tolto una bella soddisfazione: le azioni della sua holding, la Berkshire Hathaway, hanno battuto il mercato, registrando un guadagno del 17%, contro il +13% messo a segno dall'indice S&P 500. Una performance che ha portato a quella volpe di Buffett un guadagno di circa cinque miliardi, ingrassando il suo patrimonio fino a 47,9 miliardi.

A chiudere la top five c'è poi il "miliardario componibile", lo svedese Ingvar Kamprad, demiurgo di Ikea, che ha festeggiato l'ultimo capodanno con in tasca poco meno di 43 miliadi (+16,6% rispetto al 2011). Fra gli italiani, il primo in classifica è Michele Ferrero, al ventiquattresimo posto con 22,1 miliardi di dollari. Seguono l'imprenditore Ernesto Bertarelli (romano di nascita, svizzero di passaporto), cinquantesimo con 15,2 miliardi, e Leonardo Del Vecchio (Luxottica), cinquantaquattresimo con 14,2 miliardi di dollari.

Ma com'è possibile che, mentre il sistema economico occidentale arranca, qualcuno sia ancora in grado di gonfiare in modo simile la propria ricchezza? E' la speculazione, baby. Nella maggior parte dei casi, il club degli Invulnerabili deve la propria fortuna alla finanza, ovvero al rialzo delle azioni sui diversi mercati del mondo. Com'è ovvio, i titoli salgono solo se i risultati trimestrali delle aziende a cui si riferiscono convincono il mercato.

Eppure, ciò non toglie che se quei signori si pagassero lo stipendio soltanto con gli utili che producono nel mondo reale dovrebbero accontentarsi di cifre molto meno astronomiche. Nel magico mondo del trading, invece, si può far leva ancora su una sostanziale (e colpevole) mancanza di regole, nonché su una tassazione spesso del tutto assente.

L'importanza del know-how finanziario è testimoniata dall'orribile performance 2012 del bimbo prodigio Mark Zuckerberg. Secondo una classifica pubblicata da Bloomberg Businessweek, il fondatore di Facebook è stato il peggior manager dell'anno. A causa di una quotazione non proprio a regola d'arte della sua creatura (dal giorno dello sbarco in Borsa il titolo ha perso circa il 30%), Zuckerberg ha mandato in fumo 5,2 miliardi di dollari, riducendo la propria ricchezza del  29,9%, a 12,3 miliardi . Forse era il caso di chiedere consiglio al buon vecchio Buffett. 

 

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