di Carlo Musilli

Fra le grandi banche d'affari americane era l'unica ad essersi salvata, ma ora anche per lei è arrivato il conto da pagare. Lo Stato di New York ha fatto causa a JP Morgan, chiedendole di restituire i soldi rubati con la truffa del secolo, quella dei mutui subprime. La stessa che prima ha fatto esplodere la finanza americana, poi ha contagiato l'intera Europa, trasformandosi a poco a poco in crisi dei debiti sovrani.

In realtà, sulla Banca ricadono i peccati di quella che oggi è una sua controllata. Le vere responsabilità sono di un istituto assai meno prestigioso, Bear Sterns, sotto accusa per aver venduto a peso d'oro (e in mala fede) titoli derivati che sapeva essere carta straccia. A garantirli erano infatti i malefici subprime.

Lunedì il procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, ha chiesto la restituzione di tutte le commissioni e dei guadagni ottenuti dalla vendita di quegli oscuri prodotti finanziari, oltre agli interessi e a una compensazione. JP Morgan non ci sta e ha annunciato di voler "contestare le accuse".

All'orizzonte però si profila un patteggiamento da almeno tre miliardi di dollari. Una cifra significativa, visto che la Banca sta già accumulando autonomamente perdite che potrebbero raggiungere i sette miliardi. A scavare il buco nei conti sono state altre scommesse sui derivati effettuate tra il 2011 e i primi mesi del 2012.

Le operazioni nel mirino della giustizia Usa risalgono invece al 2006-2007 e si stima abbiano causato perdite agli investitori per 22,5 miliardi di dollari. Nel marzo 2008 il governo statunitense ha praticamente costretto JP Morgan ad acquistare Bear Sterns perché non fallisse. Bisognava evitare di ripetere l'errore commesso con Lehman Brothers, che dichiarando bancarotta aveva innescato il crollo globale.

In quel caso, Washington non aveva mosso un dito per ragioni essenzialmente politiche: in piena campagna elettorale l'opinione pubblica non avrebbe gradito l'ennesimo salvataggio bancario a spese dei contribuenti, né si poteva lasciar intendere agli altri istituti che lo Stato fosse sempre e comunque la loro rete di sicurezza. Purtroppo nessuno aveva previsto quello che sarebbe successo: il sistema di interconnessioni che imbriglia come una rete la finanza contemporanea ha scatenato l'effetto domino di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.

E tutto questo è iniziato dai subprime, che funzionavano con un meccanismo semplice e allo stesso tempo suicida. In sintesi, quando un americano non riusciva più a pagare il mutuo ne accendeva un altro di importo superiore, perché il valore della sua casa nel frattempo era salito. A quel punto estingueva ciò che restava del mutuo precedente e si intascava la differenza.

Ma appena i prezzi delle case hanno smesso di salire, com'era ovvio, il giochino ha smesso di funzionare: la gente comune non è più stata in grado di ripagare i debiti e ha perso tutto. Nel frattempo le banche - inclusa Bear Sterns - avevano emesso titoli garantiti proprio dai subprime. E lo avevano fatto ingannando gli investitori sulla reale affidabilità di quei mutui. Il tutto con la decisiva complicità delle agenzie di rating (pagate dalle stesse banche), che assegnavano a quei prodotti la tanto sospirata tripla A, il voto massimo.

Quella contro JP Morgan è la prima causa aperta dopo la nascita di una nuova task force tra organismi federali e locali, creata nel gennaio scorso dall'amministrazione di Barack Obama per perseguire vecchie e nuove truffe finanziarie. Secondo il Wall Street Journal, l'obiettivo sarebbe di coordinare una fitta serie di ricorsi legati alla passata crisi.

Schneiderman, che è anche co-presidente della task force, ha assicurato che intende prendere provvedimenti anche nei confronti di altri istituti, così da recuperare "decine di miliardi di dollari". Questa prima operazione, ha aggiunto, "sarà un modello per azioni future contro chi ha emesso questo tipo di titoli truffando gli investitori e sottraendo la casa a milioni di americani. Dobbiamo punire la condotta illecita e ingannevole che ha creato la bolla immobiliare. Dobbiamo dare giustizia agli americani".

Un obiettivo senz'altro lodevole, ma la tempistica è quantomeno sospetta. "Non è molto chiaro perché l’accusa sia stata lanciata solo adesso - si chiede il Financial Times -, molti anni dopo che sono state avviate altre cause minori". Ben 10 mesi dopo la nascita della task force. E soprattutto a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali.

 

 

 

 

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