di Mario Braconi

Al manifestarsi delle crisi sistemiche, peraltro sempre più frequenti, è naturale domandarsi quanto le classi dirigenti globali comprendano i meccanismi dell’economia per poterli manovrare in modo efficiente a beneficio del massimo numero possibile di soggetti. A giudicare da come i politici europei stanno affrontando la grave crisi dell’Area Euro, si direbbe che la loro incompetenza sia notevole e che le aspettative (negative) degli operatori finanziari su una classe politica incompetente non facciano che aggravare la situazione.

In questo contesto appare appropriata la scelta dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, che ha dato al mondo un importante segnale, conferendo il Nobel per l’economia a due economisti americani Thomas Sargent e Christopher Sims per il loro lavoro sull’importanza delle aspettative nel comportamento economico e sul ruolo che esse hanno nel decision making.

Come spiega su Bloomberg Edward Glaser, economista di Harvard, Sargent è stato tra i fondatori della corrente di pensiero cosiddetta delle “aspettative razionali”: l’Accademia Reale Svedese ha citato in particolare due suoi scritti del 1971 e del 1973, con i quali l’economista smontava alcuni dei “dogmi” fino ad allora accettati, ovvero la correlazione diretta tra incrementi salariali ed aspettative inflattive, e la “tenuta” della curva di Philips nel lungo periodo (ovvero la relazione inversa tra disoccupazione ed inflazione).

Glaser spiega inoltre che, sebbene a Stoccolma ci sia soffermati sulle capacità teoriche di Sargent, non sono stati trascurati i suoi contributi alla politica economica: in un paper del 1975 Sargent (assieme al collega Neil Wallace) concluse che “nella versione del modello basata sulle aspettative razionali, un’offerta monetaria deterministica vale quanto qualsiasi altra, se si osserva la distribuzione di probabilità del reddito reale”. Tradotto: finché la crescita monetaria è facilmente prevedibile dagli operatori economici, l’economia non prenderà una direzione certa, indipendentemente dalla quantità di moneta in circolazione.

Secondo Glaser, la conclusione più interessante degli studi di Sargent sull’iperinflazione sperimentata negli anni Venti in alcuni paesi europei (Germania, Austria, Polonia ed Ungheria) è che le aspettative sull’inflazione futura non sono determinate meccanicamente dal suo livello corrente; i fenomeni iperinflattivi analizzati, infatti, si sono spenti in modo relativamente brusco, suggerendo che sia stato il proprio il salto quantico nelle aspettative degli operatori a troncare il circolo vizioso. Secondo Sargent, il successo della riforma tedesca del 1923 non è riconducibile esclusivamente alla creazione di una nuova moneta, il rentemark, convertibile in oro.

E’ vero che, come sostiene Michael K. Salemi dell’Università della North Carolina, la convertibilità viene normalmente interpretata dagli operatori come netto segnale di controllo della crescita della massa monetaria. Ma secondo Sargent l’intervento monetario non è sufficiente se non coadiuvato da interventi di politica fiscale (più tasse e meno spesa).

Insomma, secondo Sargent la riforma tedesca ebbe successo perché “diede vita ad una banca centrale indipendente che si rifiutò di finanziare incondizionatamente il deficit pubblico, ma anche perché impose disposizioni di rigore fiscale”. Considerazioni simili valgono anche per gli altri tre Paesi. In sostanza, come sintentizza il “libertarian atipico” Tyler Cowen, sul suo blog “Marginal Revolution”, secondo Sargent “una buona politica monetaria ha bisogno di una buona politica fiscale”.

Se Sargent è il teorico, Sims è l’uomo dei numeri. Uno dei suoi contributi più importanti al pensiero economico è il suo lavoro “Macroeconomia e realtà”, con cui critica i metodi quantitativi normalmente utilizzati dagli economisti, proponendo nuove tecniche, come la “vector autoregression”, un metodo statistico relativamente semplice che si è rivelato piuttosto efficace per prevedere gli effetti di politiche economiche e finanziarie. Del resto, come ha detto scherzosamente Sargent alla Reuters, “cerchiamo di fare esperimenti prima di far saltare in aria il mondo intero [con politiche economiche errate]”.

Per inciso, un suggerimento che sarebbe bello anche i banchieri prendessero sul serio. Sims, inoltre, ha effettuato studi sulla casualità di Granger (dall’economista inglese Granger che espresse l’idea per la prima volta nel 1969). Nota Cowen come le tecniche empiriche messe a punto da Sims portarono alla conclusione che spesso era la crescita economica a produrre moneta anziché il contrario; sembra una banalità, ma negli anni Ottanta questo assunto sembrò una specie di rivelazione!

Benché alcuni commentatori americani tendano a vedere nel riconoscimento a Sargent e Sims la vittoria definitiva sull’economia keynesiana, il messaggio dell’Accademia Svedese al mondo potrebbe essere tutt’altro: non è possibile creare un’unione monetaria di successo in assenza di un’unione fiscale. Precisamente il problema che impedisce al Vecchio Continente di risolvere in modo veloce la crisi che lo sta attanagliando.

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