di Ilvio Pannullo

Il decreto legge da 24,9 miliardi di Euro, successivamente convertito in legge il 29 luglio dal Parlamento, è stato blindato dal governo con il doppio voto di fiducia nei due rami del Parlamento. I capisaldi del testo non sono stati toccati: rimane infatti il taglio netto ai trasferimenti per enti locali e regioni e il blocco del turn over per gli statali, nonostante le fortissime proteste dei rappresentanti di province, regioni e comuni che hanno addirittura minacciato - con il governatore della Puglia Vendola in testa - di rimettere allo Stato centrale le competenze attribuite loro dalla Costituzione, perché impossibilitati a farvi fronte. Ma i soldi servono e le casse dello Stato languono.

E’ per questo motivo, per fare cassa, che oltre al taglio ai trasferimenti sono state previste, nella legge voluta e blindata dal governo, nuove norme in materia di previdenza. Ecco infatti come attraverso modifiche tecniche alle "finestre" di pensionamento e al sistema di calcolo dei coefficienti, si consuma il furto ai danni dei futuri pensionati.

Per un governo che, per bocca del suo ministro del Tesoro, aveva affermato solo qualche mese fa che mai avrebbe messo mano alle pensioni, la legge rappresenta una solenne smentita. L’ennesima prova dell’inaffidabilità dei politici quando si parla di soldi. Gli interventi sul sistema pensionistico sono infatti pesanti e alcuni hanno il carattere di un vero e proprio furto a danno dei lavoratori. L’intervento iniziale del governo si limitava ad una modifica delle cosiddette finestre di uscita, ossia del periodo intercorrente tra la maturazione del diritto alla pensione e la decorrenza, cioè l’effettivo pagamento della pensione stessa.

Ma quali sono concretamente gli interventi e le conseguenze giuridiche prodotte dalla nuova manovra? Le finestre di cui sopra sono state introdotte, per la prima volta, con la legge 335/95 e hanno rappresentato un espediente per risparmiare sulla spesa pensionistica: il diritto si matura ad una certa età, ma la pensione si percepisce alcuni mesi dopo con un risparmio per lo Stato. Inizialmente erano previste solo per le pensioni di anzianità ed erano 4 all’anno con un intervallo massimo, quindi, di 3 mesi tra acquisizione del diritto e decorrenza della pensione. Le finestre sono state poi ridotte a 2 ed estese alla vecchiaia e alla pensione con 40 anni di contribuzione (legge 247/2007). Si è esteso quindi l’intervallo tra diritto e decorrenza a 3/6 mesi per la pensione di vecchiaia e per quella maturata dopo 40 anni di contributi previdenziali e a 6/9 mesi per quella, invece, di anzianità.

Con il decreto il governo porta tutte le finestre ad una misura unica di 12 mesi. Dopo il raggiungimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia, di anzianità o dei 40 anni, la decorrenza della pensione avverrà dopo 12 mesi. In pratica la pensione di vecchiaia non sarà più a 65/60 anni, ma a 66/61, i 40 anni di contribuzione diventano 41 e i requisiti di età/contribuzione e le quote per le pensioni di anzianità si innalzano di 12 mesi. Certo, l’aumento rispetto ad oggi non è di 12 mesi, dato che le finestre erano già presenti, ma l’innalzamento dell’età effettiva di pensionamento è di circa 6 mesi e produce un sensibile risparmio che la Relazione Tecnica quantifica in 0, 36 miliardi di euro nel 2011, 2,6 miliardi nel 2012 e 3,5 miliardi nel 2013.

Per l’ennesima volte l’intervento sulle pensioni serve a fare cassa con buona pace di tutti coloro che hanno sempre giustificato o richiesto un intervento sulle pensioni al fine di riequilibrare la spesa sociale. In sostanza chi va in pensione con questi sistemi a 65 anni si vede applicato un coefficiente di trasformazione calcolato in base alla speranza di vita a 65 anni. La sua pensione però inizierà a decorrere 12 mesi dopo a 66 anni. Subisce quindi una decurtazione del montante pensionistico pari ad un anno rispetto a quello a cui avrebbe diritto.

Questa “sottrazione” di monte pensionistico è poi accentuata dall’emendamento approvato in commissione bilancio del Senato. L’emendamento traduce in norma operativa, con qualche cambiamento, quanto già deciso lo scorso anno con la legge 102/2009 in merito all’adeguamento dell’età di pensionamento in base alla speranza di vita. La cadenza di modifica dell’età di pensionamento non è più quinquennale ma triennale e si specifica, fatto positivo, che la speranza di vita da prendere in considerazione è quella a 65 anni. Dal 2015 l’età di pensionamento di vecchiaia e di anzianità sarà elevata in base alla speranza di vita a 65 anni rilevata dall’Istat nel triennio precedente.

L’emendamento affronta il problema dei coefficienti nel calcolo contributivo. Aumentando l’età di pensionamento sopra i 65 anni, infatti, si pone il problema dei coefficienti per età superiori ai 65, oggi non calcolati. L’emendamento prevede che quando gli incrementi dell’età pensionabile di vecchiaia superano di almeno un’unità (12 mesi) i 65 anni debba essere calcolato il coefficiente corrispondente ai 66 anni e così via. Tenendo conto delle finestre e del ritardo nel calcolo del nuovo coefficiente il risultato sarà quello di lavoratori che percepiranno la pensione con più di 66 anni di età (fino a 66 anni e 11 mesi) con un coefficiente di trasformazione calcolato con la speranza di vita a 65 anni. Viene dunque meno per questi lavoratori la corrispondenza tra montante contributivo e montante pensionistico con la sottrazione di più di 1 anno di ratei pensionistici. Indubbiamente una bella mazzata sui denti.

Riassumendo si può dunque dire che l’intervento voluto dal governo è di certo fraudolento e questo appare palese dalla discrasia che si coglie tra ciò che si dichiara ufficialmente e ciò che poi si legge negli atti normativi blindati con il voto di fiducia; tuttavia la necessità di ripensare il modello del welfare state appare tanto storicamente necessaria da non consentire nessuna liquidazione superficiale degli interventi realizzati. Di certo quello che non può essere taciuto è la mancanza di equità nella sopportazione, tra le diverse classi sociali che compongono il paese, dei grandi mutamenti che stanno e continueranno ad interessare la vecchia Europa.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy