di Michele Paris

All’indomani dell’esplosione della crisi finanziaria, nell’autunno del 2008, la banca d’affari Goldman Sachs diventò immediatamente - e a ragione - il simbolo delle pratiche speculative e dell’avidità di Wall Street che stavano per condurre l’economia americana sull’orlo del baratro. A macchiare ulteriormente l’immagine del colosso, fondato nel 1869 dall’immigrato tedesco Marcus Goldman, e a provocare una nuova ondata di rabbia tra i cittadini comuni colpiti dalla crisi, è giunto qualche giorno fa l’annuncio di una causa civile per “condotta fraudolenta” avviata dalla Commissione per i Titoli e gli Scambi (Securities and Exchange Commission, S.E.C.), l’ente governativo incaricato di vigilare sulle attività della borsa statunitense.

Secondo la S.E.C., nell’aprile del 2007 Goldman Sachs avrebbe ricevuto un input da parte del banchiere d’affari John Paulson per predisporre un pacchetto di CDO (collateralized debt obligation), obbligazioni ad alto rischio che hanno un debito come garanzia, costituito da mutui sub-prime. Il prodotto finanziario in questione, chiamato ABACUS 2007-AC1, era stato venduto ai clienti di Goldman nonostante fosse ben noto ai suoi dirigenti che fosse destinato a crollare di lì a poco. Scommettendo sulla caduta dello stesso titolo, Goldman Sachs e Paulson riuscirono ad incassare profitti enormi al momento dell’esplosione della bolla finanziaria.

A confondere gli investitori ci si sarebbero messe anche le ben note agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor, le quali (verosimilmente dietro pressioni di Goldman Sachs) avrebbero attribuito al titolo la tripla A, stimandolo così come un investimento con rischio praticamente pari a zero. Le perdite per gli investitori sono alla fine ammontate complessivamente a un miliardo di dollari, anche se la transazione relativa ai titoli ABACUS faceva parte di una serie di titoli dello stesso genere - almeno 25 a detta della S.E.C. - del valore di quasi 11 miliardi.

Come se non bastasse, il gigante delle assicurazioni A.I.G., salvato dal collasso grazie a qualcosa come 180 miliardi di dollari provenienti dalle casse pubbliche, aveva garantito i titoli ABACUS emessi da Goldman Sachs per 6 miliardi. Una polizza molto gravosa per A.I.G che dichiarò per questa operazione una perdita di 2 miliardi al momento dell’intervento di salvataggio del governo federale. Un coinvolgimento di denaro pubblico che ha spinto due deputati democratici a chiedere un’indagine più approfondita sulle pratiche di Goldman Sachs.

Per quanto questa condotta possa risultare a dir poco riprovevole, essa risulta in gran parte legale. L’indagine federale, infatti, non verte sulla vendita in sé dei titoli sul cui tracollo la banca aveva scommesso per ottenere profitti, bensì sulla creazione deliberata di un prodotto finanziario destinato a crollare per poter appunto raccogliere i conseguenti profitti. Come hanno rivelato svariate indagini dei media d’oltreoceano, d’altra parte, Goldman Sachs non appare l’unica istituzione finanziaria distintasi per tali manovre. Molte altre banche d’investimenti di Wall Street nel corso del boom immobiliare avevano predisposto titoli-spazzatura che, una volta, precipitati hanno consentito ad hedge funds (fondi speculativi) ad esse collegati di portare a casa miliardi di dollari.

La vicenda in corso negli Stati Uniti permette in ogni caso di gettare uno sguardo piuttosto approfondito su di un sistema finanziario distorto, fondato su pratiche speculative al limite della criminalità che hanno causato la più grave crisi economica mondiale dal secondo dopoguerra. La gigantesca truffa legalizzata, permessa dal progressivo allentamento dei vincoli normativi istituiti con il New Deal, che avevano garantito uno sviluppo economico relativamente stabile fino agli anni Ottanta, ha prodotto devastanti conseguenze sociali per le quali hanno sofferto e continuano a soffrire decine di milioni di cittadini americani che hanno perso casa, lavoro, risparmi o copertura sanitaria.

Se pure, come appare evidente, i vertici di Goldman Sachs e degli hedge funds coinvolti nella truffa erano a conoscenza dei sistemi adottati per ingannare gli investitori, l’indagine federale per ora non ha toccato nessun top manager. Nemmeno nominati nei documenti dell’inchiesta sono, ad esempio, l’amministratore delegato di Goldman, Lloyd Blankfein - beneficiario di un compenso di circa 100 milioni di dollari nel 2007 - o lo stesso architetto dell’operazione ABACUS, John Paulson, la cui compagnia ha riscosso quasi 3 miliardi di dollari nel 2007 e 2 miliardi nell’anno successivo, quando la crisi sarebbe scoppiata in tutta la sua gravità.

Immediatamente dopo l’apertura della causa ai danni di Goldman Sachs negli USA, i governi di Gran Bretagna e Germania hanno fatto sapere di volere a loro volta intraprendere azioni legali. The Royal Bank of Scotland e IKB Industriebank, entrambe salvate dal fallimento dai rispettivi governi, avevano infatti anch’esse subito pesanti perdite - circa un miliardo di dollari - in seguito all’acquisto dei titoli ABACUS originati dalla banca d’affari di Wall Street.

Le polemiche che imperversano negli Stati Uniti in questi giorni attorno a Goldman Sachs, intanto, stanno già per essere sfruttate negli ambienti politici, soprattutto democratici, in vista della stretta finale al Senato sulla riforma del sistema finanziario. Alla legge che la Camera dei Rappresentanti aveva approvato lo scorso anno si oppone in maniera pressoché totale l’opposizione repubblicana, per scalfire la quale viene allora strumentalizzata l’irritazione diffusa tra i cittadini americani nei confronti degli ambienti bancari. Per Obama e la sua amministrazione, l’intera vicenda appare insomma come una ghiotta occasione per incassare un secondo successo legislativo, dopo la recente approvazione della riforma sanitaria, nonostante la legge in discussione risulti ben lontana dal creare una regolamentazione efficace del sistema finanziario.

Per quanto riguarda il procedimento avviato dalla S.E.C., invece, molto difficilmente ci saranno conseguenze significative. Come già anticipato, i piani alti di Goldman Sachs non verranno sfiorati dall’inchiesta, la quale si risolverà, nella migliore delle ipotesi, in una multa di qualche milione di dollari, un importo irrisorio per una compagnia che ha fatto segnare utili per oltre 13 miliardi nel solo 2009. I legami di Goldman Sachs con la politica di Washington, e con la stessa Casa Bianca, sono d’altronde ben documentati. Un legame talmente saldo, al di là di qualche polemica pubblica, che garantirà a Wall Street di continuare a fare affari con ben pochi vincoli o regolamentazioni e senza dover rendere conto dei propri eccessi.

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