di Liliana Adamo

In "The Revenge of Gaia", l'ultimo libro dello scienziato inglese, James Lovelock, c'è un vademecum che potrà tornare utile ai superstiti dei cambiamenti climatici, quei pochi che rimarranno immuni al crollo definitivo dell'umana civiltà. Per restituirlo in modo plausibile ed efficace, lo scritto non è in forma elettronica bensì in cartaceo con inchiostro durevole. In esso sono contenute le più ardue cognizioni scientifiche accumulate in migliaia d'anni, ad esempio nozioni di fisica come la posizione della Terra nel sistema solare; biologiche come l'enumerazione delle forme più cruente, microbiche e virali, che causano malattie epidemiche. Insomma, il retaggio del nostro vissuto (per il quale abbiamo lottato e sofferto) e le tracce di un mondo che conoscevamo, un mondo che abbiamo amato ed annientato, riassunto in poche righe per rinnovare l'umana specie. Lovelock, col suo aplomb scomodamente disincantato, dichiara di non credere neppure che l'ampio assetto d'iter tecnologici darebbe vita all'ancora di salvezza e ridurre così i potenziali, nefasti impatti del surriscaldamento globale sul ciclo naturale del nostro pianeta e, se appena un anno fa, annunciasse provocatoriamente la sua flessibilità all'uso d'impianti ad energia nucleare per sopperire al consumo di petrolio e carbone, oggi, senza scomporsi più di tanto, assicura che nulla più è fattibile: prima della fine di questo secolo, i sopravvissuti si troveranno nell'Artico, l'unico posto dove il clima sarà più sopportabile.
Il test di Gaia, vale a dire il sistema d'autoregolamentazione con cui la Terra provvede alle condizioni ottimali per ogni forma di vita, è dunque fallito, lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta artica, n'è prova tangibile.

L'approccio scientifico del vecchio leader può essere facilmente tacciato come espressione di puro catastrofismo, ma sarà bene capire l'esclusiva di questo criterio che, per così dire, s'evidenzia in modo"polittico" e del tutto originale. Lovelock, non si sofferma ai singoli fattori indicatori del global warming, distaccati gli uni dagli altri, ma studia le trasformazioni nell'intero sistema di controllo, quest'ultimo sottoposto ad una notevole pressione. Certo, esistono illimitati dispositivi di reazione e contro-reazione che il nostro pianeta mette in atto per rendere le temperature globali più o meno in equilibrio tra loro, ciò nondimeno, negli ultimi decenni, in una successione di rapporti preoccupanti, l'equilibrio di Gaia appare del tutto soverchiato, impazzito, tanto che, quegli stessi meccanismi non più "governabili" da un sistema in buona salute, contribuiranno a rendere la Terra esageratamente calda da non permettere, in linea generale, gli attuali schemi di vita.

Secondo l'ultimo studio avviato dal governo britannico (condiviso da James Lovelock e dal suo staff), il continente australiano diverrà ancora più caldo ed asciutto e le produzioni agricole subiranno un netto calo, provocando carestie in meno di un centennio. Sparirà la corrente del golfo, che mitiga i mari nel nord Europa (osservazioni satellitari provano che essa è già notevolmente rallentata); nel continente indiano le perturbazioni monsoniche sussisteranno più violente e catastrofiche che mai, mentre i corsi d'acqua in Africa saranno prosciugati. Si prevede la fine dei ghiacciai artici (con grave crisi per gli approvvigionamenti idrici) e degli orsi polari entro il 2040 e gli scienziati urlano al mondo intero e ai governi che la colpa di tutto ciò sta nelle emissioni di gas serra nell'atmosfera.

Lo scorso anno, Lovelock lanciò un allarme attraverso l'Independent, per indicare due fattori d'estrema importanza: in primis, come abbiamo detto, i ghiacciai dei Poli che, fino a questo momento sono stati "utilizzati" dal sistema d'auto-regolamentazione per riflettere i raggi solari e, nel contempo, deflettere anche il calore. Con la loro disgregazione, la scura superficie del mare, inverosimilmente ingrossata e carica di calore ed energia, modificherà l'ordine morfologico terrestre, per non parlare della totale distruzione d'organismi viventi (i grandi reef oceanici), che avverrà con l'innalzamento delle temperature. Altrettanto drammatico è il secondo fattore: le cosiddette "polveri sottili", prodotte dalle industrie, che rivestono l'intero emisfero settentrionale come in uno strato di garza, causano un fenomeno chiamato oscuramento globale.
Paradossalmente è l"oscuramento globale" a contenere il picco del calore, un meccanismo artificioso che trattiene in sé i raggi solari, impedendo che essi raggiungono direttamente la superficie terrestre. Cosa avverrebbe in un futuro dai tratti così apocalittici se non una riduzione delle attività industriali e della produzione di gas inquinanti? Questo strato aeriforme e il fenomeno dell'oscuramento globale sparirebbero velocemente, causando un ulteriore, improvviso aumento delle temperature.

E allora? Rintanato negli studi della verde Cornovaglia, il vecchio leader dell'ambientalismo sostiene che è meglio prepararsi al peggio; nondimeno, una parte dell'umanità non vuole "consegnarsi al nemico", senza prima aver collaudato un nuovo sistema di vita sul nostro pianeta. A questa parte d'umanità spetta un compito arduo e appassionato, perché il caos prodotto e governato dai signori delle guerre energetiche non si profili all'orizzonte, cupo come il cielo grigio carico di calore di quest'inverno impazzito.

Ultima annotazione: proprio ieri è comparso sui muri della mia città, un manifesto sottoscritto dai delegati AN, che convocano la cittadinanza ad una sorta di meeting sull'ambiente, con l'intento di smascherare "le bugie allarmistiche propinate dagli ecologisti". A gennaio il caldo si prolunga sempre di più, ed ecco l'imbonimento intorno ai cambiamenti climatici inaugurato dal team mediatico, designato dai soliti quattro politici da strapazzo: pronto un secondo vademecum a rassicurare il popolo, placare gli animi, oliare a dovere l'ingranaggio. Il global warming non è incombente, forse non riguarderà che l'immediato domani, non per te e me che nel 2070 non saremo qui a costatare cosa n'è stato di un pianeta che ha avuto soltanto la sciagurata iella d'offrirci ospitalità.

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