di Bianca Cerri

Solo la morte poteva fermare la dirompente fisicità di James Brown, che se n’è andato il giorno di Natale per i postumi di una polmonite. Il suo genio puro e il suo orgoglio nero ci mancheranno. Qualcuno ha detto che non era un’icona come Elvis Presley o Ray Charles ma la sua fine è stata una gran brutta notizia. Il regista Spike Lee ha già annunciato che farà un film sulla vita di James Brown e, del resto, lo stesso leggendario padrino del soul aveva detto che gli sarebbe piaciuto dimostrare in un film che anche un perdente come lui poteva farcela nella vita. Qualcuno magari dirà che il termine “perdente” non si addice molto ad un interprete esplosivo del suo calibro ma è proprio così che lui stesso si definiva. Il suo funerale verrà celebrato oggi ed i suoi resti, dopo la veglia di giovedì nel Teatro Apollo ad Harlem, verranno portati per una nuova veglia nella sala dei concerti che porta il suo nome ad Augusta, in Georgia, la città dove nacque. All’alba del giorno di Natale, quando Frank Cospidas, manager di James Brown, ha annunciato che il cuore del vecchio leone aveva smesso di battere, il reverendo Al Sharpton, oggi congressista e già aspirante alla Casa Bianca nel 2004, è subito accorso nell’ospedale dove era avvenuto il decesso. “Avevo in lui un maestro, è la peggior perdita della mia vita”, ha detto Sharpton tra le lacrime. Anche il reverendo Jesse Jackson ha reso omaggio al padrino del soul e George Bush ha mandato un messaggio di cordoglio. Altri messaggi sono stati inviati da Mick Jagger, Eminem, Joliet Sisters e molti altri.

James Brown era nato nel maggio del 1933 nella Carolina del Sud e a 16 anni era stato arrestato per rapina a mano armata. Dopo circa tre anni di prigione si era avventurato nella boxe senza grandi risultati per poi ripiegare sulla musica. Era riuscito subito a farsi notare amalgamando radici di musica jazz al nuovo stile funky, che senza di lui non sarebbe forse mai esistito. Già nel 1965, Brown era anni luce avanti rispetto ai musicisti di allora. Dopo “Papa’s Got a Brand New Bag” la musica non sarebbe più stata la stessa. Nel 1969, “Say it Loud” divenne un vero e proprio inno all’orgoglio nero che accompagnò le rivendicazioni anti-razziste. Registrato cinque mesi dopo la morte di Martin Luther King, fu quasi un riscatto per le comunità afro-americane ferite dalla perdita del loro leader. Nel 1989 era finito in carcere per i disordini causati l’anno precedente ad Atlanta.

Le nuove generazioni di musicisti hanno certamente un debito nei confronti di James Brown, che ispirò persino artisti magistrali come Fela Kuti. Ogni suo pezzo era di per sé una festa, da “Mother Pop Corn” a “Sex Machine”, da “The Payback” a “Talking Loud”.
Dotato di una vigoria quasi soprannaturale, una volta sul palco riusciva a trascinare i suoi musicisti portandoli nei meandri più complicati del soul. A settanta anni non aveva abbandonato gli immancabili pantaloni stretti, le scarpe di vernice e i capelli cotonati all’inverosimile. Sapeva ancora abbandonarsi selvaggiamente al ritmo sfidando gli acciacchi dell’età. Continuava a cercare nuove strade senza mai stancarsi.

Al suo ultimo concerto in Italia, allo Stadio del Tennis di Roma, il pubblico lo aveva seguito con adorazione. Perché il suo stile era unico, nessun altro sapeva fare le cose che faceva lui. Il concerto si era concluso dopo due ore grandiose di vampate a due corde e stridii orgasmici alternati a incitamenti di concreta saggezza. Ogni artista ha la sua specialità e quella di Brown era saper trasformare la musica in piacere profondo. Terminato il concerto, si era avviato stanco verso il camerino ma senza mai smettere di sorridere.

Se la morte non l’avesse fermato, James Brown sarebbe tornato sul palco il prossimo primo gennaio. Il dieci febbraio era atteso per una performance nel locale di proprietà dell’amico B.B. King, che a 81 anni è ancora in piena attività. Il pubblico potrà vederlo un’ultima volta all’Apollo Theater dove debuttò tanti anni fa e dove è stata allestita la camera ardente. Il rito funebre verrà celebrato dall’amico Al Sharpton e avverrà in forma privata. Non ci saranno santificazioni ufficiali. “Amico, una volta che entri nello show business, ci sei dentro fino al collo”, aveva detto James Brown prima di morire. Bene o male che sia, lui ci è rimasto per oltre 40 anni. Nonostante ciò, ci mancherà.....

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