di Sara Michelucci

La vita è un punto di vista e, di conseguenza, la realtà delle cose dipende dallo sguardo di chi la osserva, anche se si decide di scrutarla analiticamente, appuntando su un diario tutti gli avvenimenti che accadono. E da questo concetto che parte Reality, spettacolo teatrale ideato da Daria Deflorian e Antonio Tagliarini a partire dal reportage del giornalista polacco, Mariusz Szczygiel.

Reality ha chiuso, venerdì scorso, il ciclo di kermesse di teatro contemporaneo al Secci di Terni, all’interno della Stagione di Prosa 2012/2013. I due attori (Deflorian e Tagliarini) mettono in scena la storia di Janina Turek, donna polacca che per oltre cinquant’anni ha annotato minuziosamente i dati della sua vita. Dal bere un caffè nero, alle domeniche passate a casa a guardare la televisione, dalla rottura del telecomando alla descrizione dei pasti.

È un elenco di cose, numeri e azioni che la donna ha voluto mettere nero su bianco per catalogare la realtà, la sua esistenza, quasi a volersi spiare. Ogni cosa, però, appartiene sempre ad un punto di vista che rende la realtà qualcosa di soggettivo. Il reality che va in scena al Secci è lontano da quei programmi televisivi a cui, ormai, siamo fin troppo assuefatti.

È uno spettacolo, quello di Janina, senza pubblico, solitario, dove la quotidianità della propria esistenza la fa da padrona, dove qualsiasi cosa può essere speciale o banale allo stesso tempo.

Una casalinga di Cracovia che dai 20 agli 80 anni ha deciso di mettere la sua vita in un diario, ma senza scrivere le emozioni, ma solo elencando i fatti, applicandosi così a registrare la realtà senza interruzioni.

Una vita dove le domeniche sembrano tutte uguali, dove si sogna anche un noioso pranzo di famiglia, pur di non restare soli. E dove c’è sempre quel nodo alla gola che certe mattine non le permette nemmeno di mandare giù un caffè.

Mariusz Szczygiel scrive nel reportage: «Nella routine quotidiana succede sempre qualcosa. Sbrighiamo un’infinità di piccole incombenze senza aspettarci che lascino traccia nella nostra memoria, e ancor meno in quella degli altri. Le nostre azioni non vengono infatti svolte per restare nel ricordo, ma per necessità.

Col tempo ogni fatica intrapresa in questo nostro quotidiano affaccendarsi viene consegnata all’oblio. Janina Turek aveva scelto come oggetto delle sue osservazioni proprio ciò che è quotidiano, e che pertanto passa inosservato».

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